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Nessuno si illuda: lo stop alle ruspe a Tuvixeddu, disposto dal Consiglio di Stato, era previsto e, in certo senso, necessitato, anche se è bene che ci sia stato.
Alcuni chiarimenti per i non addetti ai lavori. La Giunta Regionale, dopo la debacle nella precedente vicenda giudiziaria, ha sospeso per tre mesi i lavori sul Colle in attesa di ulteriori provvedimenti. Ha spento i motori delle ruspe provvisoriamente per avere il tempo di studiare e adottare tutele definitive. E’, insomma, una misura cautelare in vista di decisioni più stabili. Ora, la scadenza dei tre mesi è vicina; dunque, non c’è un pregiudizio grave e irreparabile per la società che fa capo all’ing, Cualbu. Infatti, i lavori, in mancanza di ulteriori atti della Giunta, potranno riprendere alla scadenza, e poi Cualbu, se alla fine del giudizio dovesse risultare vincitore, potrà chiedere e ottenere un risarcimento. Di qui il rigetto dell’istanza di Compresa da parte del Consiglio di Stato. Ma, attenzione!, la ragione dell’impugnazione dei provvedimenti di sospensione dei lavori, che sono, per loro natura e per legge temporanei, non sta tanto nella speranza di ottenere il via libera all’immediata riapertura del cantiere, quanto nell’intendimento di ottenere il risarcimento per il ritardo nell’esecuzione delle opere. In mancanza di questa pretesa, l’impugnazione diventa inutile perché la decisione finale del Giudice amministrativo sarà sempre successiva alla scadenza del breve periodo di sospensione dei lavori.
D’altronde, Coimpresa ha sempre dichiarato di essere fermamente decisa ad ottenere il risarcimento senza sconti, fino all’ultimo centesimo. Pare che dietro la vicenda ci siano ruggini non di carattere istituzionale, ma di natura imprenditoriale (l’anomalia Soru rispunta sempre). E, a quel che se ne sa, anche la trattativa un po’ enfatizzata dal Presidente per lo scambio di Tuvixeddu con immobili militari dismessi si è arenata proprio sulla partita del risarcimento preteso, che è considerevole. Qui poi la questione si complica perché la vicenda travalica l’Amministrazione e investe le persone: un risarcimento a Cualbu potrebbe avere strascichi giudiziari davanti alla Corte dei conti. I responsabili degli atti illegittimi potrebbero essere chiamati a rifondere queste somme alle casse regionali. Come si vede, la vicenda è complessa anche per le eventuali responsabilità personali del Presidente, degli assessori e di quanti hanno concorso a confezionare gli atti illegittimi e dunque a causare il danno. Quindi la trattativa è anche attraversata da queste preoccupazioni. Quando gli si tocca il portafoglio – come si sa – i pubblici amministratori diventano d’incanto prudenti e parsimoniosi!
Ed allora? Non ci rimane che sperare nelle future mosse della Giunta regionale; è auspicabile ch’esse non facciano a pugni - come in passato - con la legge. Occorre poi gridar forte che il Ministro competente non può chiamarsi fuori da questa vicenda. Bene fanno a pretenderlo le Associazioni ambientaliste e le petizioni dal basso. Lo Stato non può omettere di tutelare e preservare un bene di inestimabile valore qual’è la necropoli punica cagliaritana. In questo senso il Ministero potrebbe o favorire una conclusione accettabile della trattativa o attivare altri strumenti, compreso quello legislativo. Certo è che Tuvixeddu dev’essere salvato. Ma per farlo e per non sbagliare ancora, occorre tener ben presente che gli interessi dell’attuale proprietario – ci piaccia o no – sono tutelati dalla legge (perfino dalla Carta costituzionale) e dunque non possono essere legittimamente pretermessi. Insomma, il Presidente non può pensare a soluzioni punitive. Speriamo bene.
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