Andrea Pubusa
La settimana scorsa, da mercoledì a sabato, sono stato a Narcao, a sentire la XXIV edizione del blues, organizzata dall’Associazione Culturale Progetto Evoluzione. Per me non solo è un’occasione per sentire ottima musica, è anche il tempo per tornare nel cuore del mio Sulcis, un Sulcis, come ha ricordato Gianni Melis all’apertura del festival, stremato dalla crisi e dalla disoccupazione. Ecco, secondo me questa iniziativa musicale lancia un segnale generale: nonostante il disastro dell’economia e della politica, la musica e la cultura mantengono aperta la speranza. Una via aperta rappresentata dalla voglia di andare avanti e dal dialogo. L’altro giorno ha creato questa speranza contagiosa in particolare il gruppo Playing For Change nato nel 2004 con lo scopo dichiarato «di ispirare e mettere in collegamento musicisti per portare un messaggio di pace nel mondo attraverso la musica». Non a caso i fondatori si sono recati in diversi Paesi molto distanti fra loro, dagli Stati Uniti alla Spagna e al Sudafrica, dall’India al Nepal e al Medioriente, dall’Irlanda all”Italia e hanno coinvolto musicisti di tutto il globo con guest star come Vusi Mahlasela, i Tinariwen, Louis Mhlanga, Clarence Bekker, David Guido Pietroni, Tal Ben Ari (Tula), Bono, Keb’ Mo’, David Broza, Stephen Robert Nesta Marl. Bene, l’altra sera, nella piazza di Narcao, questo gruppo ha creato e trasmesso un clima di speranza e impegno che oggi nessun partito o leader politico riesce a suscitare. Riflettendo, durante il concerto e dopo, sono giunto alla conclusione che i neri (c’era solo una bianca fra loro sul palco), nonostante la violenza subita dal capitalismo bianco, sono quelli che meglio riescono a trasmettere un messaggio di pace e di solidarietà fra i popoli.
Ha così ragione Gianni Melis, che dirige l’associazione organizzatrice, a dire nelle conclusioni che il Narcaoblues non solo, per l’assoluta qualità degli artisti, ha rilievo internazionale, ma è un’occasione di svago e di riflessione insieme. Narcaoblues è una bandiera di coraggio tenuta alta, ostinatamente e nonostante tutto, in un luogo che sempre più somiglia ad un deserto. E lo si capisce quando Melis con fermezza ha messo in luce le difficoltà crescenti di organizzazione di questo evento culturale per via dei ritardi della Regione nei versamenti dei sostegni finanziari dovuti ex lege e a causa delle restrizioni crescenti. Quest’anno l’organizzazione si è basata sulla fiducia degli operatori: verranno pagati se e quando arriveranno i fondi dovuti, peraltro sempre più striminziti. Il riflusso finanziario prosciuga le iniziative e crea una drammatica desertificazione culturale, che rende più dolorosa e bruciante la crisi economica. E’ anche un settore, quello culturale, che nutre non solo l’anima di noi tutti, ma anche il corpo di chi ci lavora con fantasia, entusiasmo e generosità. Capiamo le difficoltà. Ma è possibile che una giunta di centrosinistra non si ponga il problema in modo adeguato? E non lo risolva in modo chiaro? La cultura richiede programmazione. Un festival come Narcaoblues necessita di certezze ex ante forti perché bisogna lavorare un anno intero per richiamare artisti di grande livello da tutto il mondo. Per le stesse ragioni ho saputo che è in sofferenza quest’anno anche la settimana del jazz di S. Anna Arresi. Non ho incontrato Basilio per chiedergli notizie. Ma non si hanno anticipazioni sul programma. L’altro giorno ho scritto in questo blog, che nel Sulcis hanno ucciso anche i santi. Ora vogliono uccidere anche i profeti di oggi, i Basilio Sulis o i Gianni Melis e tanti altri che pioneristicamente hanno inventato eventi culturali internazionali in biddas fino a non molto tempo fà terra di impavidi caprari e bovari e minatori. Come i nostri padri da terre pietrose e da salti e miniere ingenerosi hanno strappato quel poco che basta per vivere così questi visionari nel territorio tengono accesa la fiamma illuminante della cultura, che è speranza di ritrovare insieme il bandolo della matassa.
Compagni ed amici, dobbiamo avere tutti una consapevolezza: qui si gioca una partita altrettanto decisiva di quella più direttamente economica e industriale. Nessuno pensi che, in tempi di crisi, la cultura è un orpello inutile, di cui si può fare a meno. E’ esattamente il contrario, si può fare a meno d’altro, ma non di questo alimento. Difendiamo con le unghie ed i denti questi presidi d’incontro e di civiltà.
1 commento
1 efisio
30 Luglio 2014 - 16:20
Se si vogliono difendere “con le unghie ed i denti questi presidi d’incontro e di civiltà” sarà bene cominciare ad allargarli a platee di pubblico ben più ampie.
A Torino il festival Mozart in piazza San Carlo ha riscosso un gran successo di spettatori, a testimonianza che la selezione del pubblico non la fa la complessità delle cose, ma il prezzo del biglietto.
Se i ‘figli del proletariato’ ricominciassero a chiamarsi, come un tempo, Otello, Carmen o Tosca e non più “Maicol”, Kevin o Sharon, i ‘tagliatori di bilanci pubblici’ difficilmente punterebbero le loro cesoie verso la cultura, anzi (sempre che Renzi e Berlusconi non aboliscano in toto il diritto di voto) avrebbero proprio difficoltà ad arrivarci agli scranni governativi….
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