Manifesto per controllare il capitalismo globalizzato

28 Luglio 2014
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Gianfranco Sabattini

Thomas Piketty, sull’onda del successo riscosso con la pubblicazione della sua monumentale opera “Le capital au XXIe siècle”, ha “lanciato” un manifesto sottoscritto anche da numerose autorevoli personalità della cultura francese a sostegno di un’Europa unita, al cui interno democrazia e autorità pubbliche possano controllare il capitalismo finanziario globalizzato.
Il manifesto, intitolato “Riprendiamoci la terra di nessuno della moneta unica”, del quale “la Repubblica” ha pubblicato un estratto del testo apparso per intero sul “Guardian”, avanza alcune proposte, in parte da tempo formulate e sostenute da convinti sostenitori del “progetto europeo” ed in parte del tutto nuove e innovative, ricche di implicazioni sul piano dell’iniziativa di cui potrebbero essere protagonisti, se non tutti, almeno un numero rilevante fra i più autorevoli Paesi componenti dell’attuale eurozona.
Il manifesto, dopo aver premesso che i Paesi, soprattutto quelli che fanno parte dell’eurozona, sono “impantanati in un clima di sfiducia e di crisi del debito che è lungi dall’essere conclusa”, persistendo una ripresa debole, una diffusa disoccupazione ed il reale pericolo di una deflazione generalizzata, sottolinea l’importanza che essi rafforzino l’unione politica e fiscale; ciò perché, da soli, sono destinanti a non avere grande peso nell’economia mondiale, per cui, se non si riuniranno in tempo, non avranno grandi possibilità di conservare il “modello di società realizzato” all’interno dell’economia-mondo globalizzata. A fronte di tale pericolo, il manifesto sottolinea che la tentazione di ubbidire alle sirene di chi va sostenendo l’idea che i singoli membri dell’eurozona possano trovare conveniente ritirarsi all’interno dei loro confini nazionali, potrebbe sfociare in tensioni sociali che farebbero impallidire, al confronto, le difficoltà contingenti dell’Unione.
Per fugare questo pericolo, per rilanciare la crescita e l’occupazione e per sventare il pericolo della deflazione, i firmatari del manifesto sottolineano che è giunto il momento di riconoscere l’urgenza che le istituzioni europee siano rifondate, perché si realizzi un impianto istituzionale complessivo da permettere che la democrazia e le autorità pubbliche possano acquisire il controllo del capitalismo finanziario, al fine di regolamentarlo in maniera efficace.
In tal modo, affermano i firmatari, diverrebbe possibile porre rimedio a tutte le disfunzioni connesse all’esistenza di un’unica valuta in presenza di “18 debiti pubblici diversi sui quali i mercati possono speculare liberamente, e 18 sistemi fiscali e benefit in competizione incontrollata tra di loro”. I Paesi dell’eurozona hanno scelto originariamente di condividere la loro sovranità monetaria per rimuovere definitivamente l’uso dell’arma della svalutazione unilaterale a sostegno delle loro esportazioni, ma senza l’adozione di strumenti istituzionali, fiscali, di budget comuni; in conseguenza di ciò, l’eurozona è stata ridotta in terra di nessuno, dove i Paesi economicamente “più forti” la fanno da padroni.
Come rimediare ai deficit istituzionali e di governo dell’area-euro? I firmatari del manifesto avanzano alcune proposte tra loro interconnesse. Innanzitutto, i Paesi dell’eurozona dovrebbero fissare una base fiscale comune quanto più ampia possibile e quanto più strettamente regolata, al fine di condividere e di introdurre una Corporate Income Tax (CIT, imposta sul reddito d’impresa). In secondo luogo, per fissare la base fiscale comune e rendere operativa la CIT, i Paesi dell’eurozona dovrebbero creare una Camera parlamentare per la zona euro, formata da membri del Parlamento europeo dei Paesi interessati, oppure da membri dei Parlamenti nazionali, espressi in base alla popolazione di ciascun Paese, con lo scopo aggiuntivo di governare il processo di unificazione politica; in tal modo, l’Unione Europea disporrebbe di due Camere: il Parlamento europeo eletto dai cittadini dei 28 Paesi che compongono l’Unione e la Camera europea. La nuova architettura istituzionale consentirebbe, secondo gli estensori del manifesto, di superare il deficit di democrazia intrinseco alla presunzione che un organismo, qual è il Consiglio dei capi di Stato, possa fungere da seconda Camera in rappresentanza degli Stati. Infine, gli stessi Paesi dell’eurozona, per risolvere il problema del debito dovrebbero mettere in comune i loro debiti sovrani, per consentire alla Banca Centrale Europea di attuare una politica monetaria efficace e reattiva, come fa la Federal Reserve Bank degli Stati Uniti; ciò consentirebbe ai Paesi dell’area-euro di evitare le speculazioni sui tassi d’interesse, fonte di instabilità politica all’interno di ognuno di essi, ma anche fonte di disaffezione dal progetto europei dei molti cittadini che subiscono gli effetti negativi delle speculazioni.
Qual è la valutazione che può essere espressa sulla validità delle proposte del manifesto? La nuova “impalcatura istituzionale” è complessa e la sua realizzazione non è esente dalla necessità di tempi lunghi, mentre lo status attuale dei Paesi, che maggiormente hanno subito, o stanno ancora subendo gli effetti della crisi come l’Italia, hanno bisogno che le riforme istituzionali europee siano immediate e, in particolare, che sia compiuto un nuovo e decisivo passo in avanti sulla via dell’integrazione politica.
Inoltre, si può anche condividere la critica di chi osserva che la crisi politica dell’eurozona, dovuta all’adozione di una moneta unica senza un governo democraticamente responsabile davanti a un Parlamento, non può essere superata con la creazione di una seconda Camera composta da parlamentari nazionali; questo è uno strumento sbagliato, che risente della cultura politica tendenzialmente nazionalistica degli estensori del manifesto. In essi è probabile sia radicato il convincimento che la democrazia debba avere solo una dimensione nazionale; la proposta perciò presenta il limite che il nuovo organismo composto da parlamentari nazionali debba riflettere gli interessi e le divisioni nazionali, a scapito della considerazione prevalente dell’interesse generale europeo.
In ultima istanza, perciò, il mezzo che i cittadini europei hanno a disposizione per indicare un’alternativa concreta al modo d’essere dell’organizzazione istituzionale dell’Unione Europea è la capacità che essi hanno di “premere”, con l’uso del loro voto, sulle loro classi politiche, perché profondano un maggiore impegno nella realizzazione della tanto agognata unificazione politica di tutti i Paesi dell’eurozona, ma anche di quelli che ancora non ne fanno parte.

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