Andrea Pubusa
La disciplina più strombazzata dell’ultimo decreto Gelmini sull’Università è quella sui concorsi. Si prevedono nuove modalità di formazione delle Commissioni esaminatrici per i concorsi a cattedra. Saranno costituite d’ora in poi da un membro interno, come in passato, ma – ecco la novità – si eleggeranno il triplo dei restanti membri della commissione, a cui seguirà il sorteggio. Si pensa così di garantire che i concorsi avvengano nella maniera “più trasparente possibile”. In sostanza, all’attuale elezione dei 4 membri che si aggiungono a quello interno, nominato dalla facoltà che bandisce il posto, si sostituisce l’elezione di 12 docenti esterni, entro cui verranno sorteggiati i 4 da affiancare al commissario interno. Rimane però la concorsualità locale, a differenza di quanto avveniva prima della catastrofica riforma Berlinguer, quando i concorsi si svolgevano al livello nazionale.
Dove sta la rivoluzione gelminiana? Nel sorteggio. Il sistema attuale fa sì che una volta conosciuto l’esito delle votazioni e dunque la composizione delle commissioni si sappia anche in linea di massima quali sono i vincitori: gli allievi di chi ha la maggioranza nella commissione. Domani ci sarà una variante: dopo l’elezione ci sarà il sorteggio fra i 12 eletti. Ne verranno estratti quattro. A quel punto, conosciuto l’esito del sorteggio, si conosceranno in linea di massima anche i nomi dei vincitori: gli allievi dei membri che risulteranno avere la maggioranza nella commissione. Ed allora in cosa consiste la mirabolante riforma? E’ la dea bendata anziché il solo voto dei docenti a determinare quali saranno i vincitori. Non mancheranno le cordate e gli accordi. Anzi si moltiplicheranno.
Si legge nei commenti di taluni giornali che questo nuovo sistema favorirà i meritevoli, premierà la qualità. Ma è proprio così? In realtà, le cose non cambieranno in meglio. Ci sarà una maggiore conflittualità, giacché anche i gruppi con minor forza potranno sperare con pochi voti di eleggere qualcuno dei 12 e, favoriti dalla sorte, concorrere a formare la maggioranza nella commissione esaminatrice e dunque di piazzare i propri allievi. Ma non sempre chi ha minor forza sostiene gli studiosi migliori. Spesso accade il contrario. La minor forza elettorale fra i docenti è determinata dal fatto che si portano allievi con minori titoli. Come si vede, più che di una riforma si tratta di una mossa ad effetto che mantiene immutata la situazione, spostando al sorteggio l’esito dei concorsi e non sempre a favore della miglior qualità scientifica dei vincitori.
Il nuovo sistema creerà poi gravi conflitti perché la Facoltà che mette a concorso il posto, lo fa spesso in favore di un proprio studioso che ritiene maturo e meritevole. Col vecchio sistema si riusciva, salvo casi di assoluta inadeguatezza del candidato interno, a soddisfare l’esigenza locale insieme a quella di candidati esterni, col sistema della doppia idoneità. Col nuovo sistema può succedere che la Facoltà che ha bandito il posto se lo veda portar via dovendosi far carico non di studiosi migliori, ma solo più fortunati in sede di sorteggio.
In realtà la vera riforma sta nel tornare alla vecchia concorsualità nazionale, almeno per la prima fascia (ordinari). I concorsi nazionali non erano immuni da forzature. Tuttavia, uno studioso per diventare titolare di cattedra doveva passare al vaglio dell’intera comunità scientifica della materia. Doveva, dunque, avere titoli adeguati ed essersi fatto conoscere con relazioni e interventi a livello nazionale. Una volta ritenuto maturo veniva cooptato dalla comunità scientifica nazionale. Il sistema della concorsualità locale ha invece reso possibile che anche “studiosi” coi titoli sufficienti a vincere un concorso per ricercatore o per associato siano diventati ordinari, mediante la contrattazione delle idoneità ulteriori rispetto alla prima che assicura il posto al candidato locale. Esistono oggi molti ordinari del tutto sconosciuti nel loro raggruppamento scientifico. Senza paura di smentita, si può dire che circa il 50% degli attuali ordinari non avrebbero mai varcato la soglia della seconda fascia con la vecchia concorsualità nazionale, poiché si tratta di studiosi i cui contributi scientifici sono del tutto privi di originalità e carattere innovativo.
Invece, è utile mantenere a livello locale i concorsi per docenti di seconda fascia (associati), perché la loro opera è senz’altro utilissima a sopperire alle esigenze didattiche e organizzative delle singole facoltà. Fra questi ci sono studiosi di valore che matureranno i titoli per passare alla prima fascia, superando il vaglio nazionale. Ci sono invece onesti studiosi che compiono il loro dovere sul piano didattico e organizzativo, che rimarranno sempre tali in ragione della loro minore produttività o originalità scientifica.
Ed allora più che alla sorte bisognerebbe affidarsi alla razionalità e riportare i concorsi di prima fascia a livello nazionale, dove contano qualità e originalità scientifica, lasciando alla concorsualità locale gli associati, la cui opera è senz’altro preziosa sul piano didattico e organizzativo all’interno delle singole facoltà.
Concorsi universitari: è vera riforma?
10 Novembre 2008
2 Commenti
2 commenti
1 merlin0
13 Novembre 2008 - 02:18
ma si riusciranno a indovinare ancora i vincitori? a noici interessa solo quello!!!
2 A.P.
15 Novembre 2008 - 17:23
Una volta conosciuta la composizione della Commissione, dopo il sorteggio, i nomi dei vincitori si conosceranno come oggi.
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