Nelle trincee della I^ guerra mondiale nasce il sardismo

14 Agosto 2014
1 Commento


da http://nursardegna.blogs.it/

 Storia di Sardegna: Nelle trincee della Prima guerra mondiale nasce il sardismo

by subcmarcos    @ 2007-08-01 – 17:14:05

Il partito Sardo d’Azione nacque all’indomani della prima guerra mondiale, grazie all’opera dei valorosi combattenti della Brigata Sassari (brigata a reclutamento regionale), definiti non a caso “gli intrepidi sardi”, che, durante il conflitto, si erano distinti per il loro coraggio e la loro tenacia. La guerra aveva infatti offerto ai sardi, nonostante le gravi perdite subite, l’occasione di vivere un’esperienza in cui fu possibile creare un’unità d’intenti tra persone che provenivano dalle diverse zone dell’isola e che mai si erano sentite appartenenti ad un popolo.
Su una popolazione di 853000 abitanti, circa 100000 maschi, appartenenti alla forza lavoro, parteciparono alla guerra, e quasi 14000 morirono sui campi di battaglia. A partire dal novembre del 1915 i giovani sardi servirono nel 151° e nel 152° reggimento di fanteria della riformata Brigata Sassari. La Brigata Sassari, grazie alle vittorie ottenute durante la guerra, aveva portato la Sardegna al centro delle cronache; finalmente non si parlava dell’ isola per la sua arretratezza e per i fenomeni di banditismo.
Finito il conflitto, pagato dai “sassarini” a caro prezzo in termini di vite umane, oltre alle rivendicazioni, riemerse l’antico rancore contro lo Stato. Ma, ciò che era stato vissuto durante i lunghi mesi trascorsi in trincea, aveva fatto emergere, non solo un grande e viscerale amore per la propria terra d’origine, ma anche la volontà, una volta rientrati nell’isola, di impegnarsi in uno sforzo quotidiano per risolvere i secolari mali della Sardegna. Nei primi decenni del novecento la Sardegna era ancora una delle regioni più arretrate d’Italia, gran parte dei villaggi era privo di reti idriche e fognarie, la comunicazione tra i centri abitati era complicata per la presenza di poche strade, l’economia si basava principalmente sulla pastorizia e l’agricoltura. La situazione della popolazione non era delle migliori, l’alimentazione non era completa, la malaria continuava a mietere vittime un po’ ovunque, il tasso di analfabetismo era ancora molto elevato. Ma vi era un problema più serio e drammatico che andava affrontato nell’immediato, riuscire a ricollocare i soldati che rientravano dal fronte dopo gli anni di guerra; il ritorno dei reduci infatti non fu per niente facile perché le strutture produttive non erano in condizione di offrire un lavoro alle centinaia di giovani che erano rientrati dalla guerra.
Uno dei fatti più importante che accadde nel primo dopoguerra in Sardegna fu la nascita, grazie ai membri del movimento combattentistico, del Partito Sardo d’Azione, un movimento che cercò di tradurre in un articolato progetto politico il disagio dei sardi e la loro volontà di superarlo. Il centro del dibattito in seno al movimento combattentista era il progetto di rinascita della Sardegna, il sogno era quello di assicurare uno sviluppo duraturo per l’isola attraverso uno sviluppo delle infrastrutture ed un migliore sfruttamento delle risorse dell’isola. Le difficoltà del dopoguerra avevano dunque, paradossalmente, aumentato la fiducia del popolo sardo verso il futuro; essi non dovevano più attendere nuovi dominatori, ma dovevano contare sulle proprie forze per cercare di migliorare la sorte del loro popolo; solo attraverso il lavoro e i sacrifici sarebbe stato possibile migliorare le loro condizioni di vita.
In questo clima di nuova fiducia è facile immaginare come le idee che venivano diffuse dagli ex combattenti avessero grande successo; vi era una perfetta sintonia tra i giovani che erano diventati uomini tra le trincee e l’orrore della guerra, e la popolazione dell’isola. Anzi, il messaggio di cui i combattenti si facevano portatori rifletteva le speranze, i sogni, la voglia di riscatto che la Sardegna e la sua gente avevano sempre sognato, “La Sardegna ai Sardi!” era uno degli slogan più sentiti in quegli anni. Solo i Sardi avrebbero potuto garantire un futuro migliore per se stessi, anche se questo avrebbe comportato grosse fatiche e difficoltà.
La nascita del Partito Sardo d’Azione non fu però per niente facile e sarebbe avvenuta solo nel 1921, nonostante il fatto che il movimento degli ex combattenti avesse ormai acquisito un ruolo importante nell’isola. Il Congresso si svolse nei giorni 16-17 Aprile 1921, presso l’ex Cappella del Collegio degli Scolopi di Oristano. Al Congresso parteciparono i rappresentanti di 93 sezioni, questo era un dato allarmante che poteva essere visto come un segnale di declino del movimento, anche perché si contavano circa sezioni in meno rispetto agli anni precedenti.
Gran parte dei combattenti, ma in generale tantissimi sardi furono, in quegli anni, influenzati da un opuscolo, che era apparso a Cagliari nel Maggio del 1918, scritto da YK, pseudonimo dietro al quale si celava l’avvocato Umberto Cao.
“Centomila sardi – afferma il Cao - sono partiti per la guerra con psicologia di vinti del formidabile destino storico che gravò sull’isola: dalla tirannide cartaginese alla dominazione romana, dalla signoria ispanica al governo aulico del Piemonte.[…] Ma la docile forza fu, in campo, disciplina e abnegazione; quella docilità che nella lotta civile era pochezza in guerra divenne strumento di miracolo: il miracolo della rivelazione dei Sardi al mondo, nella lotta mondiale, e a sé stessi. Per questo miracolo la psicologia di vinti dei partenti divenne nei combattenti psicologia di lottatori eroici; potrà diventare psicologia di vincitori. Forse dalle profondità della vita remota della stirpe il sangue dei Shardana conquistatori, dei costruttori di nuraghi, zampillò come una polla d’acqua affiorante nel deserto, e inturgidì di nuovo le vene delle braccia levate in armi”. (Y.K. [U. Cao], Per l’autonomia, Cagliari, 1918).
In quegli anni furono molto apprezzate figure di spicco dell’ ANC isolano: Lussu, Bellieni, De Lisi, Mameli, Mastino, Puggioni, Oggiano. Dietro questo inaspettato successo non c’era solo il rispetto per valorosi eroi che erano rientrati in patria vittoriosi, c’era un comune modo di affrontare le difficoltà, di fare qualcosa di nuovo e importante per la Sardegna. Il movimento dei combattenti era solo l’ultimo e più importante sintomo di un nuovo clima culturale che era nato alla fine dell’ottocento, era cresciuto nei primi anni del novecento e che riguardava diversi aspetti:dalle arti alla cultura, alla politica. Non possiamo non citare, tra i tanti, Sebastiano Satta ,Grazia Deledda, Antonio Gramsci. Purtroppo l’Isola avrebbe perso gran parte del suo ceto politico-culturale durante il ventennio fascista , e questo non avrebbe fatto altro che rendere ancora più povera una terra che solo attraverso il lavoro delle sue “menti più illuminate” avrebbe potuto ottenere la sua redenzione. La spinta riformatrice del sardismo dovette però interrompersi bruscamente con l’ascesa al potere del fascismo, e come sottolinea R. Carta Raspi:
“Chi li ha vissuti, ha di quegli anni un ricordo caro e triste insieme, poiché furono gli anni in cui alle popolazioni dell’isola, s’aprivano i cuori verso un domani migliore, eppure un’altra sventura come un’eterna maledizione, stava per abbattersi di nuovo e distruggere anche l’ultima illusione”. (R. Carta Raspi, Storia della Sardegna, Mursia, Milano, 1971, pag. 911.

1 commento

  • 1 carlo piludu
    22 Marzo 2015 - 10:18

    Eroi per caso, e/o a marolla ?
    Funziona così, se c’è la base, il sangue ?
    Potrà essere così, un domani, non solo per la Sardegna ?
    Come ?

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