Andrea Pubusa
Lo scenario attuale non è allegro. Al Senato, per sopprimerlo, i protagonisti, quelli che fanno gli accordi e dettano la linea, sono un ciarlatano, un pregiudicato, un inquisito e un razzista. Voi direte: ma di condannati, latitanti ed ex detenuti ce n’erano tanti anche in Assemblea costituente. Ed è vero. Ma Terracini, Lussu, Togliatti, Nenni, Pertini e compagnia bella venivano dal carcere o dall’esilio perché avevano combattuto il fascismo in Italia, nell’emigrazione e con le armi in Spagna. Terracini, il presidente dell’Assemblea costituente, è entrato nelle carceri fasciste ancor giovane e ne è uscito ormai cinquantenne. Il ventennio lo ha vissuto fieramente tutt’intero dietro le sbarre del regime. I nostri eroi attuali invece i problemi con la giustizia li hanno per motivi molto meno nobili. Per reati comuni, come l’ex cavaliere e Verdini , indagato per false fatture, mendacio bancario, appalti G8 L’Aquila, associazione a delinquere e abuso d’ufficio o Calderoli, razzista, indagato per le frasi indegne rivolte alla Kyenge, la ministra nera del governo Letta.
Come possa venir fuori qualcosa di buono da un simile consesso è difficile immaginare. C’è da inorridire a pensare che le sorti della Carta costituzionale, nata dalla Resistenza, sia nelle mani di questa accolita. E non si comprende come la Finocchiaro, ex magistrato, possa accettare di dialogare con un razzista come Calderoli. Ma, a ben vedere, il mistero è forse meno oscuro di quanto a prima vista possa apparire. La cosa è strana se muoviamo dal presupposto che la Finocchiaro e il gruppo dirigente del PD siano gli eredi della migliore tradizione comunista e cattolixa democratica e siano antileghisti o a favore dell’etica pubblica contro il malaffare. Se rimuoviamo questo nostro pre-giudizio e guardiamo ai fatti, emerge un quadro, quello vero, di tutt’altra specie. E cioè che l’intesa fra questi gruppi dirigenti è risalente e che oggi si manifesta nella convinzione che oramai non esista nel Paese una consistente opposizione. La sinistra è morta, lo decreta anche quello che diceva di volerla rifondare, il parolaio dei salotti televisivi e delle feste romane. Esistono tutte le condizioni per una stretta autoritaria.
Un certo numero di costituzionalisti, nei giorni scorsi, ha denunciato con allarme il pericolo d’involuzione padronale, del nostro sistema politico. La riforma del Senato non in sé stessa, ma come elemento d’un quadro costituzionale, formale e materiale, assai più complesso nel quale diviene centrale, insieme alla marginalizzazione della seconda Camera, la riforma della legge elettorale in vista di soluzioni fortemente maggioritarie e debolmente rappresentative. Prende forma - come ha detto Gustavo Zagrebelsky - una “democrazia d’investitura” dell’uomo solo al comando, tanto più in quanto i partiti, da associazioni di partecipazione politica, secondo l’art. 49 della Costituzione, si sono trasformati, o si stanno trasformando in appendici di vertici personalistici, e in quanto i parlamentari, dal canto loro, hanno scarse possibilità d’autonomia, di fronte alla minaccia di scioglimento anticipato e al rischio di non trovare più posto,o posto adeguato, in quelle liste bloccate che la riforma elettorale non sembra orientata a superare. La visione d’insieme è quella d’un sistema politico che vuole chiudersi difensivamente su se stesso, contro la concezione pluralistica e partecipativa della democrazia, che è la concezione della Costituzione del 1948. La posta in gioco è alta. ed è aggravata da una ostentata propensione antiautonomistica: soppressa la rappresentatività delle province e del senato, si punta anche a ridimensionare il sistema regionale ordinario, dopo aver sostanzialmente eliminato la specialità delle Regioni differenziate. Per questo è giusto lanciare l’allarme.
La prospettiva non è rosea. I 5 stelle fanno opposizione dura, ma, anche in ragioni di loro errori, sono stati demonizzati dall’insieme dei media, e con successo, a sentire i feroci giudizi anche di tanti sinceri democratici. Da soli poi non bastano. L’unica speranza che ci resta è che in un sussulto di autoconservazione i senatori dicano no. Ma è difficile e in ogni caso è poca cosa affidare la difesa della Costituzione al voto segreto, anziché ad una battaglia parlamentare forte e chiara. Rimane la speranza del referendum, che i 5 Stelle hanno promesso di chiedere se non si raggiunge in seconda votazione la maggioranza dei due terzi. Ma anche nel corpo elettorale la battaglia è incerta: molti che nel 2006 avevano votato contro l’assalto alla Costituzioni di Berlusconi e Bossi, oggi sono dall’altra parte. Pensate che è paralizzata anche l’ANPI! Ma bisogna prepararci. Sulla democrazia non si molla!
1 commento
1 in giro con la lampada di aladino… | Aladin Pensiero
16 Luglio 2014 - 20:06
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