Il comunismo dai sobborghi operai alle feste romane

12 Luglio 2014
3 Commenti


Amsicora

I padri del socialismo e del comunismo vivevano molto sobriamente se non in povertà. Si dice che Engels frequentasse i club esclusivi di Manchester quando in quella città andò a dirigere l’azienda paterna, ma allo stesso tempo studiava la condizione della classe operaia non solo in fabbrica ma anche nei sobborghi degradati e malsani della città e sopratutto manteneva Marx e la sua famiglia. Il buon Karl, infatti, per dare al movimento operaio una base scientifica e filosofica, studiava giorno e notte e nei dettagli scriveva qualche (illuminante) articolo al  New York Tribune, troppo poco per campare. E così quando andò al banco dei pegni a “impegnare” appunto il servizio di posate della moglie, Jenny von Westphalen, appartenente ad una famiglia di nobili reazionari prussiani (suo fratello fu ministro degli affari interni della Prussia dal 1850 al 1858), il titolare del banco chiamò la polizia, pensando che il barbone che aveva davanti avesse senz’altro rubato quel mirabile servizio.
Anche Lenin visse per lungo tempo in esilio. Di Gramsci sappiamo che frequentava i salotti di Turi e, giù giù, fino a Berlinguer, la sobrietà fatta a persona. Ma anche Filippo Turati e Pietro Nenni non ebbero vita facile. Fausto Bertinotti, invece, se la spassava: dai salotti televisivi a quelli romani. Parlava di comunismo tanto per dire, per essere interessante. Si divertiva e così, pian piano, ha distrutto politicamente se stesso (poco male!), ma ciò che è peggio ha spento la speranza di rifondare un sinistra in Italia. Ora fa mea culpa sulla scelta di mischiarsi ai salotti romani. Sentenzia la morte della sinistra italiana. E definisce le piazze come l’unica ancora di salvezza per il Paese.
Fausto Bertinotti si è confessato in un’intervista al Fatto Quotidiano, senza lesinare critiche a se stesso («Parlo da vinto, da commentatore») né alla classe politica contemporanea.
«Non mi sono reso conto che alcuni miei comportamenti potessero essere scambiati per commistione con un ceto somigliante a una Casta», ha spiegato l’ex segretario di Rifondazione Comunista, parlando della frequentazione delle serate mondane della Capitale, a cui partecipava fianco a fianco con la moglie Lella. «Pensavo che la mia vita, la mia giovinezza, la mia storia famigliare, il mio lavoro di operaio, le lotte a cui ho partecipato potessero immunizzarmi». Non andò così e le immagini di Bertinotti (che solo su un punto non si pente: l’amatissimo cachemire) immerso nello sfarzo dei salotti romani provocarono sconcerto nel popolo della sinistra.
Sinistra che, oggi, l’ex sindacalista non esita a definire «morta»: «Non dico il comunismo, c’era stato il muro di Berlino a ricordarci le pietre che schiacciavano i nostri corpi. Ma il socialismo sembra scomparso, piegato. Simultaneamente alla forma avanzata di capitalismo. Ora è tutto finito, è il tempo della post democrazia». Colpa anche del Pd e di un leader, Matteo Renzi, «con tentazioni autoritarie e una luccicante venatura neo-bonapartista». Il partito del presidente del Consiglio, ha detto Bertinotti, «si trasformerà in un moderno partito di governo. Arriveremo presto alla tracimazione e l’articolo uno della Costituzione verrà di fatto soppresso».
Secondo l’ex segretario di Rifondazione Comunista, non resta che «chiudere le sezioni di partito, abbassare il vessillo». I «nuovi barbari», ora, non votano più sinistra. Votano il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo: «E meno male», chiosa, «in Francia votano Le Pen». L’ultima ancora di salvezza, per il Paese, sono le piazze: «È lì che si costruisce un sentimento che forma una comunità».
E dire che, per eleggere segretario Bertinotti, è stato fatto fuori un uomo del rigore di Garavini! E così da una parte Fausto, dall’altra Achille e ancor peggio Massimo, Walter e Piero e oplà! ci troviamo Renzi! La sinistra è proprio morta. I congiurati? Molti. In tanti hanno dato un colpo di pugnale.

3 commenti

  • 1 Emanuele Pes
    12 Luglio 2014 - 09:58

    Però non è che Bertinotti viene eletto segretario del PRC per partenogenesi, perché c’era voluto tutto l’impegno di Armando Cossutta e Lucio Magri per convincerlo a iscriversi al partito “da nuovo segretario”. Bertinotti, tra l’altro, fu eletto delegato al congresso nazionale al congresso della federazione di Cagliari. Marx era anche un po’ scroccone e scriteriato. Il prototipo del vero marxista è Engels.

  • 2 Renato Monticolo
    12 Luglio 2014 - 16:16

    A corollario dell’articolo su Bertinotti, il Fatto riportava questa “velenosa” battuta , sintesi del senso generale: “La sinistra è morta”, ha detto
    Bertinotti mentre puliva con un
    panno il coltello sporco di sangue
    » http://www.forum. spinoza. it

  • 3 Lucia Pagella
    14 Luglio 2014 - 12:11

    La coerenza dovrebbe essere la stella polare di ognuno di noi. In questo modo si eviterebbero frequentazioni pericolose per l’integrità delle proprie idee e per l’immagine - oggi così importante - di un partito. Che significa avere un passato rivoluzionario se poi ci si accompagna con i nemici di un tempo ? Significa solo che si é cambiati nel profondo, che non si é più in grado di rappresentare le istanze di quella che era la classe operaia e che oggi é pericolosamente vicina al popolo dell’abisso descritto nel tallone di ferro.
    Questo per quanto riguarda Bertinotti ed i suoi maglioncini, ma che dire di uolter, così americano, così Giano bifronte? Quando affermò di volere condurre una sinistra priva di estremismi dopo l’esperienza del governo Prodi dove alcuni “pensatori” parteciparono a scioperi e manifestazioni contro il governo stesso in nome di una visibilità a cui sarebbe stata meglio invece rinunciare, consentì l’accesso al nuovo partito a soggetti come Ciccio Bello e, soprattutto, la Binetti! Ma scherziamo ? Dopo tale operazione la vecchia sinistra é scomparsa travolta dai soldi e dagli scandali. Però vi sono ancora persone di sinistra che credono agli antichi valori. Basta cercarli, magari come Diogene!

Lascia un commento