Francesco Cocco
Qualcuno, leggendo un mio recente intervento, mi ha chiesto se sono diventato “sovranista”. Ebbene confesso la mia difficoltà a dare una risposta. Questo per mia ignoranza: non ho ben capito che significato debba essere dato ad un tale termine. Vedo che circola nel dibattito politico ed a qualificarsi tali sono spesso persone degne di stima ed animate da alte idealità. Ma alla mia domanda se intendono riferirsi ad una sovranità di stampo ottocentesco, cioè alla riesumazione di una categoria storico-giuridica che due secoli or sono presiedette alla costruzione degli stati nazionali, non mi vengono date risposte chiare, univoche ed inequivocabili.
Mi viene il dubbio che alla fine siamo in presenza di un “termine-slogan” che vuole evocare sensazioni più che categorie storico-giuridiche ben definite. Quasi una forma d’indipendentismo dichiarato a metà.
Non ho invece alcuna difficoltà a dichiararmi federalista in senso gramsciano e lussiano. Un federalismo unitario che mette in discussione il modello di stato dato dai moderati alla costruzione dello stato italiano.
Né Gramsci né Lussu si posero orizzonti indipendentisti par la Sardegna. Al contrario affermarono la necessità di rafforzare il vincolo unitario superando il modello centralista che in qualche modo aveva soffocato le energie vitali delle variegate realtà regionali pre-esistenti al processo unitario e costituite in struttura statuale.
Riscoprire e rivitalizzare tali energie è uno degli obiettivi che possiamo scoprire nella lettura dei “quaderni dal carcere” di Gramsci. Naturalmente è necessario calarci nella necessità di un grande sforzo e capire che il processo risorgimentale non si è chiuso 150 anni or sono ma va rivissuto con la tensione ideale di chi comprende la necessià di una grande rvoluzione “ culturale e morale”
Quante falsità sono state spacciate per accreditare gli interessi dei Savoia prima ancora degli interessi del quelli del popolo italiano (meglio dei popoli italiani )? Liberare la coscienza comune da tali falsità dovrebbe essere uno dei primi obiettivi per fondare le basi di uno stato federalista e nel contempo unitario. Un processo di liberazione su cui “sovranisti” e federalisti (unitari e non ) dovrebbero meditare.
Visto che sono in fase di confessioni voglio farne un’ ultima: abbiamo una classe politica degna e capace di guidare uno struttura stauale? Pensando a certi personaggi degli ultimi lustri penso che sarebbe una vera iattura.
4 commenti
1 mororosso
7 Luglio 2014 - 12:28
Carissimo Francesco la riforma del Titolo V° voluta dal duopolio Renzi-Berlusconi è di una durezza sul piano della centralizzazione dei poteri che anche e solo un pallido regionalismo potrebbe sembrare rivoluzionario.
Una riflessione e nemmeno la prima.
http://pierluigimarotto.blogspot.it/2014/06/passare-dall-autonomia.html
2 francesco
7 Luglio 2014 - 13:17
….ma il federalismo di Gramsci e di Lussu non è certo in linea con l’avventuristico “duopolio” Renzi-Berlusconi Altra pasta, altra dignità politica ed umana,, altra profondità di pensiero!!!
3 Enea Dessì
7 Luglio 2014 - 22:38
Caro Cocco, scusa se forse non sarò preciso ma qualche giorno fa ero a Gibilterra e in una chiacchierata con un rappresentante spagnolo della commissione di valutazione del contenzioso tra UK e Spagna è ritornato in forza il trattato del 1753 (?) dove la Spagna riconosceva la proprietà della rocca a UK. La Spagna, come saprai, rivendica la sovranità sull’area considerandola territorio nazionale. Saprai anche che qualche anno fa ci fù un referendum e i 28.000 cittadini si sono espressi quasi all:’80% per il mantenimento dello status di cittadini UK. Il mio interlocutore sostiene che nel trattato si parla di proprietà e non di sovranità e la cosa sotto un profilo giuridico-politico (si può dire?) potrebbe, dico potrebbe perchè non conosco la materia, avere anche un senso. Ma, dico io, se i cittadini, in numero così massiccio, hanno deciso di rimanere UK, è o non è giusto che venga rispettata la loro decisione?.Se i sardi dovessero un domani esprimersi a larga maggioranza per una adesione indipendente dall’Italia alla nascita degli Stati Uniti d’Europa sarebbe o no legittimata sotto il profilo sostanziale quella decisione? Io lo so che i sardi non hanno quella finezza politica da farsi promotori di una operazione del genere, ma credo profondamente che l’Europa abbia bisogno di tante Gibilterra. Gibilterra mantiene e difende la sua identità culturale e linguistica e ne riconosce tutte, senza distinzioni, le sue comunità (Little Genoa per quella di origine genovese, la numerosa comunità ebraica alla pari di quella musulmana, quella protestante anglo come quella cattolica spanish). Quello è un esempio di Europa da costruire e mi dispiace che anche nella sinistra sarda continui a imperare questa strenua ma inutile difesa di una italianità che è stata costruita giustamente con tante lotte e tanti sacrifici ma che ha sempre odorato di artifizi e di costrizioni. La storia futura dell’Europa non sarà storia di italiani ma di comunità italiche come di comunità iberiche, di comunità francigene come di comunità germaniche. Se la richiesta di indipendenza della Sardegna serve per costruire l’Europa delle comunioni e non delle nazioni viva l’indipendenza della Sardegna.
4 Lucia Pagella
12 Luglio 2014 - 00:34
Penso innanzitutto che quando si usa un termine se ne debba precisare il significato. Cosa significa sovranista? E’ un termine generico che si può riferire a persone o cose. Si é parlato di sovranità del popolo, dello stato, del comune, della moneta, della finanza e via dicendo. Esiste anche un problema di direzione : la sovranità dello stato contrapposta a quella della regione o del comune e viceversa. E’ quindi ovvio che il termine debba essere contestualizzato altrimenti si rischia di attribuirlo a chi segue altri percorsi. Il federalismo che si contrappone ad uno stato centralista nulla ha a che vedere con l’indipendentismo che, in un mondo globalizzato - dove quelle che dopo la seconda guerra mondiale erano le grandi potenze europee sono oggi dei nani - aggrava la nostra irrilevanza ed é antistorico. Il federalismo preserva le identità culturali ma al contempo consente di far parte di realtà più grandi in grado di far pesare il loro volere. Sentirsi sardi non esclude che ci si possa sentire italiani in una nazione che modifichi profondamente il proprio modo di essere. D’altronde l’Italia non é ancora oggi una realtà compiuta e i sardi dovrebbero partecipare attivamente a questo processo di maturazione proprio come le nazioni europee dovrebbero farsi protagoniste di quella modificazione dell’Europa che oggi rischia di divenire solo una grande Germania di cui gli stati mediterranei sono solo le marche di confine. Per fare questo, però, occorrono persone dotate di una visione che travalichi i confini della propria realtà e del tempo attuale e siano capaci di grande coordinazione e solidarietà: Francamente non ne vedo nessuna all’orizzonte.
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