Decreto Gelmini: scuole a rischio e lotte tra poveri (2)

11 Novembre 2008
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Giuseppe Sini

Quali sono i punti salienti del decreto Gelmini, approvato dal senato in via definitiva il 29 ottobre? L’articolo 1 propone di rafforzare o introdurre iniziative di sensibilizzazione nei confronti dei docenti dirette ad accrescere tra gli alunni la conoscenza dei principi della costituzione. L’obbligatorietà dell’ora di insegnamento della costituzione, prevista in un primo momento nel disegno di legge,  è stata edulcorata in “azioni di sensibilizzazione e di formazione del personale finalizzate all’acquisizione nel primo e nel secondo ciclo di istruzione delle conoscenze e delle competenze relative a «Cittadinanza e Costituzione»”; quindi, un generico invito ai docenti ad insegnarne i principi. Articolo che non introduce niente di nuovo perché sia la conoscenza della costituzione sia quella della cittadinanza con le educazioni trasversali (salute, ambiente, educazione stradale, rispetto degli altri, costituzione) erano da tempo presenti nelle precedenti disposizioni ministeriali. L’introduzione dell’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole risale al 1958 (ministro della P.I. Aldo Moro). L’articolo 2 introduce la valutazione del comportamento degli studenti. Novità relativa anche questa perché presente nel D. Lvo n.226 del 2005 che contemplava la valutazione del comportamento degli alunni unitamente a quella degli apprendimenti. La novità consiste nella valutazione in decimi e introduce il principio della non ammissione alla classe successiva in caso di valutazione pari o inferiore a cinque decimi. L’articolo 3 introduce la valutazione del rendimento scolastico in decimi in tutti gli ordini di scuola. Nella scuola primaria rimane anche il giudizio. E’ questo forse l’articolo meglio accolto perché i docenti preferiscono in genere l’attribuzione di voti che facilitano il proprio lavoro ed alunni e famiglie hanno una percezione più immediata del profitto conseguito. L’articolo 4 introduce il maestro unico nella scuola primaria. Si tratta di una sottrazione di opportunità a chi ha meno possibilità culturali, sociali, economiche. Si riducono contitolarità, collegialità, corresponsabilità nella progettazione, nelle attività didattiche, nella valutazione degli apprendimenti e nel recupero degli alunni in difficoltà. Articolo molto contestato che risponde a motivazioni di carattere finanziario. La scuola primaria, infatti, in tutte le valutazioni internazionali si classifica per livello di competenze raggiunte dagli alunni ai primi posti dei paesi più sviluppati. Nel quadriennio 2009-2012 saranno 87.000 i posti docente suscettibili di razionalizzazione ai quali si aggiungeranno almeno 43.000 posti di personale non docente. L’articolo 5 del decreto prevede che l’adozione, oggi triennale, dei libri di testo sia realizzata ogni cinque anni nelle elementari (sei nelle medie) e comprende il vincolo di scegliere libri i cui editori s’impegnano a lasciare i prezzi invariati per 5 anni. Anche questo è un articolo di difficile attuazione sia per l’impossibilità di controllo e la difficoltà di sanzioni, sia perché difficilmente gli editori rinunceranno ad aumenti legati all’inflazione. Un commento merita infine l’uso del grembiulino nelle scuole. E’ stata sufficiente una dichiarazione del Ministro sull’opportunità del suo utilizzo per scatenare dibattito e discussioni. In realtà il grembiule è di norma indossato da tutti i bambini delle scuole primarie. Non mi risulta che questa consuetudine sia mai stata abbandonata per il favore da sempre manifestato da parte di famiglie e docenti. E d’altro canto non potrebbe essere imposto per decreto in quanto violerebbe l’autonomia delle istituzioni scolastiche.  Eppure è stato considerato un elemento a favore dei decreti sulla scuola approvati di recente.  Questi provvedimenti hanno contribuito a surriscaldare un clima che necessitava al contrario di serenità, di dialogo, di confronto, di discussione. Considerati inutili gli appelli al dialogo, i sindacati della scuola hanno indetto assemblee per sensibilizzare la base sul futuro della scuola. Si sono susseguiti articoli, dibattiti, confronti accesi. E’ stato organizzato uno sciopero generale che ha visto una grandissima partecipazione del personale della scuola, degli studenti e dei genitori. La protesta continuerà con altre forme di lotta tra le quali spiccano cortei e occupazioni di istituti e di università, mentre i sindacati annunciano nuove forme di protesta. Un’adesione così diffusa nella società ha sorpreso tutti ed ha evidenziato un malessere profondo e diffuso che ha spiazzato gli stessi politici. La scuola non aveva proprio necessità di provvedimenti calati dall’alto con decreti urgenti, ma di politiche attente alla formazione e alla crescita umana e culturale dei nostri ragazzi. Il disagio investe politiche scolastiche che servono a fare cassa e non ad attuare indirizzare verso riforme di qualità, di efficienza e di un più alto livello di formazione, ma. Un terzo di tutte le economie previste nella legge finanziaria è recuperato attraverso i tagli alla scuola. L’apparato centrale, nonostante il riconoscimento dell’autonomia, continua ad accentrare le proprie competenze, mentre la realtà scolastica ha bisogno di maggiore attenzione ai bisogni formativi degli alunni, alle esigenze di tempo-scuola delle famiglie e alle necessità delle realtà locali. La comunità scolastica chiede un intelligente rinnovamento, senza strappi e colpi di mano, ma attraverso percorsi condivisi di  studio e di riflessione. 

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