A scuola contro il razzismo

26 Giugno 2014
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Mariella Diana 

Alle leggi razziali e al razzismo è stato dedicato il terzo incontro con gli studenti dell’Istituto tecnico Pietro Martini di Cagliari, nell’ambito dell’iniziativa Anpi e Spi-Cgil ‘Il percorso della memoria. La Shoah e la persecuzione nazista nell’Europa della Seconda guerra mondiale’. Ne ha parlato agli studenti Andrea Pubusa, giuspubblicista dell’Ateneo cagliaritano. Ecco una sintesi dell’incontro.

Affrontando questo argomento, bisogna innanzitutto sfatare il luogo comune di un  razzismo italiano diverso, gli italiani non sono razzisti, che denuncia la mancata seria riflessione collettiva sul fascismo, una questione rimasta aperta anche rispetto alla storia che è venuta dopo. Il regime fascista fece leggi infami e punitive, leggi razziali contro gli ebrei, che provocarono angoscia, miseria e persecuzione, e prepararono alla guerra a fianco della Germania. Il primo compito dello Stato è la difesa del cittadino, e con le leggi razziali abbiamo il capovolgimento esatto di questo fondamentale principio. Lo Stato discrimina, punisce, ammazza, secondo un piano organico, secondo un apparato di provvedimenti legislativi. Che si fondano sulla ‘base scientifica’ del  Manifesto della razza, esito di una criminale collaborazione con  studiosi e docenti universitari, disposti ad avvallare le mostruosità del regime. Ogni disciplina ha la sua etica, e questi cosidetti studiosi vi si sottraggono, privi di valori, pur occupando posti importanti nell’Accademia.  E vengono  meno alla loro funzioni, e trasmettono odio e discriminazione, ponendo le basi pseudoscientifiche del razzismo nel paese. Il fondamento è ideologico, e i provvedimenti sono volti a coprire tutti gli aspetti della vita quotidiana, attraverso i decreti sulla difesa della razza nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nella società. E poi i provvedimenti contro gli ebrei stranieri, e poi le dichiarazioni del Gran Consiglio, e gli indirizzi, fino al Decreto regio del novembre 1938 firmato dal Re, il Capo dello Stato  tutore della Costituzione e dei diritti fondamentali del cittadino. I provvedimenti relativi ai matrimoni, contro i ‘matrimoni misti’ dichiarati nulli, i provvedimenti per disciplinare l’esercizio delle professioni, secondo limitazioni odiose: gli ebrei non possono dirigere aziende con più di cento dipendenti, nè esercitare la professione di notaio, nè possono fare il servizio militare. Vietato agli ebrei stranieri di fissare stabile dimora in Italia, in continuità teorica e in linea con le pubblicazioni della Rivista per la ‘Difesa della razza’. Della razza ariana, nordica, in un’ Italia da sempre più legata alle popolazioni del Mediterraneo, dove la comunità più antica e stabile di Roma sono gli ebrei, da tutti  considerati i più romani. Sono articoli che sostengono la cacciata degli studenti e degli insegnanti ebrei dalla scuola e dall’Università, plaudendo alla decadenza dei membri delle accademie e dei giuristi di grande livello, quando la scuola è luogo di cultura, di scambio, di dialogo. Eppure tutti i docenti ebrei avevano giurato fedeltà al fascismo a suo tempo, e solo 12, su 1600 professori, si erano rifiutati di farlo, autoescludendosi dalle Università, fra cui il padre del sindacalista Bruno Trentin, Silvio, giurista a Venezia, che preferì l’esilio.  Lo sbocco naturale di queste leggi non può che essere la guerra, e perciò particolarmente odioso risulta il comportamento del Re nell’esercizio delle sue funzioni e all’interno dello Statuto Albertino, allora in vigore. Il re è garante dello Statuto stesso e dei diritti di libertà che esso tutela, e anche leggendo di quelle limitate libertà, affermate da quella Carta, che è Carta costituzionale, ci si rende conto come il Re avrebbe potuto respingere quei provvedimenti, che invece firmò, divenendone connivente e direttamente responsabile. E che insieme al colpo di stato del 1922, determineranno la scelta degli italiani a favore della Repubblica, nel 1946.
Le domande degli studenti sull’Italia di oggi che non ha fatto i conti col fascismo, su una memoria che non hanno saputo esercitare.
Se ci pensiamo, risponde il prof. Pubusa, gli stessi principi animano la Bossi-Fini. Razzismo è respingimento in mare, contro il buon senso e il diritto naturale. Razzismo è il reato di immmigrazione clandestina, che impone l’espulsione dello straniero senza alcuna formalità.  La Corte costituzionale ha dichiarata incostituzionale questa legge, secondo l’articolo 24 della nostra Carta, che assicura a tutti la garanzia di poter agire in giudizio, cosa che la Bossi-Fini impediva. Perchè solo il giudice  può decidere dell’espulsione di uno straniero che abbia commesso reato. Tutti possono agire in giudizio per tutelare diritti e interessi legittimi, la difesa è diritto inviolabile in ogni fase del dibattimento, e nessuno può essere distolto dal proprio giudice naturale. Perchè è dalla sconfitta del fascismo che nasce la Carta dell’Onu e la Costituzione italiana. Al centro la persona, nell’art. 2, dotata di un patrimonio ineliminabile di diritti inviolabili, che  la Repubblica deve garantire. Nella natura dell’uomo è la sede dei diritti inviolabili, secondo le teorie giusnaturaliste, contro lo Stato che calpesta i diritti. E che non li può eliminare perchè sono naturali, non è lo Stato ad averli creati. Come i diritti di uguaglianza sanciti dall’art. 3, secondo la tendenza a riconoscerli a tutti i diritti, a prescindere dalla cittadinanza. Così la Costituzione ha fatto piazza pulita di quelle leggi e ideologie, garantendo con la Corte costituzionale interventi contro maggioranze e governi che non rispettano i principi costituzionali. Compresi i diritti inviolabili dell’uomo, che non possono essere interrotti contro gli stranieri. Tutta la Costituzione è pervasa da uno spirito di reazione rispetto alla barbarie precedente delle leggi razziali,  delle libertà impedite, delle profonde diseguaglianze. E si maltratta la Costituzione quando la si vuole modificare in nome dello sviluppo e della crescita. Ci ha garantito democrazia, benessere e miglioramento delle condizioni di vita delle classi popolari, si può uscire dalla crisi con il rispetto della Costituzione, a partire da lavoro, istruzione e stato sociale.
 

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