Giuseppe Sini
La scuola, da diversi anni, sta vivendo una profonda crisi. Alunni sempre meno studiosi e sempre più vivaci, famiglie sempre meno collaborative e sempre più competitive con l’istituzione, insegnanti sempre più sfiduciati e sempre meno animati dal desiderio di cambiare le cose. La situazione sarebbe suscettibile di miglioramento se i partiti politici considerassero l’ambiente scolastico come momento di crescita culturale delle giovani generazioni e non come luogo all’interno del quale introdurre ogni anno novità normative accompagnate da sistematici tagli delle risorse. Le riforme e le novità legislative da diversi anni a questa parte sono state una costante della condotta dei ministri della pubblica istruzione; negli ultimi anni ricordiamo tra i principali protagonisti di processi di cambiamenti Berlinguer, Moratti e Fioroni.
Da qualche mese a questa parte è diventata titolare del dicastero dell’istruzione Maria Stella Gelmini. Subito i provvedimenti da lei adottati, e impropriamente chiamati riforma, sono apparsi dettati da economie di bilancio. Quel che è peggio, sembra che manchi, ancora una volta, una visione complessiva ed è assente un progetto, anche minimo, di uomo e di società. Sappiamo invece con certezza che le risorse previste per le scuole saranno ridotte di 7 miliardi e 800 milioni di euro nel quadriennio 2009-2012; questi tagli limiteranno il numero dei docenti, ridurranno l’entità dei dirigenti e dei collaboratori amministrativi e scolastici, diminuiranno il numero delle scuole. Alla luce dei dati ministeriali saranno soppressi circa 130.000 posti tra personale docente (87.000) e Ata (43.000). Solo dopo aver recuperato le risorse derivanti dai tagli al personale, il governo reinvestirà a partire dal 2011 il 30% delle economie (circa 2 miliardi e 300 milioni di euro) per premiare e favorire le migliori professionalità delle diverse istituzioni.
Ha contribuito ad esacerbare gli animi l’approvazione dell’ennesimo Decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154 contenente “Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali” Nell’articolo 3 si prevede: “I piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, devono essere in ogni caso ultimati in tempo utile per assicurare il conseguimento degli obiettivi di razionalizzazione della rete scolastica previsti dal presente comma, già a decorrere dall’anno scolastico 2009/2010 e comunque non oltre il 30 novembre di ogni anno”. Il ministero impone in questo modo alle regioni di programmare entro il 30 novembre dell’anno in corso massicci tagli al numero delle istituzioni scolastiche. Peccato che lo stesso ministero nel suo piano programmatico di qualche mese fa a proposito di razionalizzazione di scuole avesse testualmente affermato “ È opportuno, tuttavia, che l’intervento sia gradualmente realizzato dalle Regioni e dagli Enti Locali, col supporto di azioni mirate quali, ad esempio, l’attivazione di trasporti, l’adeguamento delle strutture edilizie ecc.. e provvedendo contestualmente alla realizzazione di servizi in rete… e … “L’istituzione, la soppressione o l’aggregazione delle scuole, quali punti di erogazione del servizio scolastico, rientrano, com’è noto, nelle competenze delle regioni e delle autonomie locali….”. Con il decreto 154 le Regioni che non rispettano il piano di dimensionamento, ricevono una diffida dal Presidente del Consiglio il quale, in caso di inosservanza dopo 15 giorni, nomina un commissario ad acta, i cui oneri vengono posti a carico della Regione inadempiente. Il piano programmatico elaborato dal Ministero dell’istruzione prevede la soppressione di 2600 istituzioni scolastiche autonome su 10.782 presenti su tutto il territorio nazionale (un salasso di circa il 25%). In Sardegna il dimensionamento potrebbe assumere dimensioni notevoli: ben 150 scuole (54 della provincia di CA, 37 di Nuoro, 20 di OR e 39 di SS) sarebbero a rischio immediato di soppressione o accorpamento. Alcuni più pessimisticamente indicano 252 istituzioni, ben oltre la metà degli istituti autonomi, sotto i limiti previsti dalla legge.
Per tutta risposta la Regione sarda, ha rivendicato le proprie prerogative costituzionali di programmazione del sistema scolastico (riconosciute dallo stesso Ministero nel documento programmatico) e, nel sottolineare specialità e specificità, ha deciso di ricorrere contro questo decreto alla Corte costituzionale. Nello stesso tempo ha avviato una serie di incontri con le autonomie locali e con le rappresentanze sindacali per giungere a soluzioni più accettabili dalle diverse territorialità. Si decideranno accorpamenti, ma in maniera più graduale. Si prevedono furibonde dispute tra poveri. (segue).
1 commento
1 assunta mura
25 Giugno 2010 - 13:04
scherziamo?!? sopprimere le piccole realtà sarebbe davvero un delitto , bisogna curarle specialmente nelle zone svantaggiate come la nostra,Laconi centro Sardegna dove lo spopolamento delle zone interne è a livelli elevati…. la microcriminalità in aumento… dov’è la coerenza dei nostri governanti ?!?
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