Cresce la mobilitazione contro le basi militari

18 Giugno 2014
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Red
Ieri mattina si è tenuto un SIT IN di fronte Consiglio regionale nella via Roma di Cagliari contro le servitù militari per il diritto alla salute e per fermare la strege di Stato. La manifestazione, promnossa dal Comitato sardo Gettiamo le Basi, dal Comitato Amparu (Teulada), dalle Famiglie militari uccisi da tumore e dal Comitato Su Sentidu (Decimomannu),  si è svolta mentre il Consiglio regionale discuteva la mozione unitaria che impegna il governatore Pigliaru nella trattativa con lo Stato sul tema della militarizzazione della Sardegna in vista della Conferenza nazionale del 18 a Roma. Il Consiglio e il Governatore hanno finora ignorato le richieste del movimento, che ha posto alcune priorità:

“RIEQUILIBRIO”, la parola-bandiera oggi sventolata come novità, è un obbligo del ministro della Difesa sancito dalla leggi ed evaso da decenni con la complicità della Regione discriminata. Già nel 1976 la legge ha imposto l’equa ripartizione sul territorio nazionale dei gravami militari, valutati dal legislatore come causa di danni economici e sociali (in quel tempo mancava ancora la consapevolezza del danno ambientale e sanitario), ha messo sullo stesso piano, con pari rilevanza, gli interessi della Difesa e le esigenze della popolazione. Nel 1990 la legge 104 ha ribadito la necessità dell’equiparazione, fondata sul diritto di eguaglianza dei cittadini e delle Regioni sancito dalla Costituzione, ha modificato l’iter inefficiente stabilito nel 1976, ha imposto al ministro della Difesa il dovere di equilibrare  il carico militare tra le Regioni.
La 104/1990 non nasce dalla benevolenza di un governo-amico di turno, è in larga misura frutto dell’azione di Mario Melis e delle forti lotte di popolo degli anni 1987/90.
Il “riequilibrio” , se non si quantifica e non si pongono parametri di riferimento, è aria fritta o peggio fumo negli occhi per meglio turlupinare il popolo sardo. Tralasciando le immense zone di cielo e mare militarizzate (questa superficie supera quella dell’intera Sardegna) e usando i dati “storici” di  Gettiamo le Basi, un poco più bassi rispetto a quelli di certo più precisi del governatore, risulta che il demanio militare in tutta Italia ammonta a circa 40.000 ettari di cui 24.000 (il 60%) concentrati in Sardegna e i restanti 16.000 sparsi nella penisola. Basta un calcolo elementare (40.000 :  n° Regioni) per chiarire che il ministero della Difesa ha il dovere di restituirci circa 22.000 ettari, grosso modo qual cosina in più delle aree occupate dalle tre bombing test areas  più vaste e a più intenso utilizzo  d’Europa (Capo Frasca 1.416 ha, Teulada 7.200, Salto di Quirra 13.000).
Il Governatore non si umili e non umili il popolo sardo supplicando alcune briciole, mendicando e predicando la “mitigazione” del servaggio.

“SMILITARIZZAZIONE di Teulada e Capo Frasca”, sacrosanta, nostro obiettivo da sempre,  però per come è adombrata da Pigliaru è miseramente insufficiente, eticamente inaccettabile.  La Regione chiederebbe solo la restituzione, “non per l’immediato”,  di appena un terzo del dovuto e abbuonerebbe allo Stato circa due terzi del maltolto Si configura come merce da riscuotere, in un imprecisato e lontano futuro, pagata con la rinuncia, adesso e subito, sia del  diritto di uguaglianza con le altre Regioni e  i cittadini della penisola, sia della sovranità e del controllo democratico nell’area martoriata del Salto di Quirra. La Regione offrirebbe il suo consenso al potenziamento del poligono della morte in cambio di una promessa-miraggio, utile a sedare l’insofferenza di popolo, far dimenticare e incrementare stragi e devastazioni in corso.

Il diritto all’uguaglianza, alla non discriminazione non è merce  di baratto. La Regione ha i mezzi per far valere i diritti del popolo sardo (ad es. ricorso ai tribunali internazionali contro l’Italia per i danni inferti all’isola, per i crimini contro l’ambiente e contro l’umanità, per la violazione dei diritti umani con l’aggravante di averli perpetrati contro una minoranza etnica)

“SARDEGNA AZIONISTA di MAGGIORANZA” del turpe business della guerra è la trovata che nobilita e valorizza l’uso tradizionale dell’isola come paradiso-pattumiera di guerra e conferisce al “riequilibrio” significato e contenuti nuovi e sinistri. Vorremo fugare al più presto l’orribile sospetto che il governatore economista intenda equilibrare il tot di basi di guerra accollandoci anche un tot equivalente d’installazioni per esperimenti, fabbricazione, collaudi di ordigni bellici di sterminio. L’inquietante “nuovo corso” - propagandato come “Riqualificazione Salto di Quirra” (analizzato da Gettiamo le Basi nelle varie fasi di messa a punto), llustrato nella mozione del Senato ossessivamente riproposta da Pigliaru,  perseguito con costanza da circa un decennio dal suo partito. il PD -  è  già deciso a livello governativo, è affidato a una società per azioni, la Difesa spa. Oltre al “regalo” dei droni robot assassini, spunta il “regalo” delle energie alternative e con queste ricompare lo spettro del nucleare scacciato nel 2003 e nel 2011 dalla grandiosa lotta spontanea di popolo. I criteri di scelta della Sogin del luogo del sarcofago di scorie indicano esplicitamente il demanio militare per esigenze di controllo  e sicurezza dell’impianto e, soprattutto,  zero ingerenze  delle Autorità civili.
Il Comitato “gettiamo le basi” esige che il Governo assuma le sue responsabilità, osservi l’obbligo prioritario di porre fine alla strage di Stato provocata dalle devastanti attività militari, adotti con urgenza i sei improrogabili interventi che formano l’acronimo SERRAI (CHIUDERE)
S     Sospensione delle attività dei poligoni dove si sono registrate le patologie di guerra;

E     Evacuazione dei militari esposti alla contaminazione dei poligoni di Quirra, Teulada, Decimo-Capo Frasca
R     Ripristino ambientale, bonifica seria e credibile delle aree contaminate a terra e a mare;

R     Risarcimento alle famiglie degli uccisi, ai malati, agli esposti, Risarcimento al popolo sardo del danno inferto all’isola.

A     Annichilimento, ripudio della guerra e delle sue basi illegalmente concentrate in Sardegna in misura iniqua;

I       Impiego delle risorse a fini di Pace.

Fin qui il comunicato delle associazioni promotrici della manifestazione. C’è però da aggiungere che, per una soluzione del problema, occorre pensare all’indotto creato dalle basi militari. A Teulada ad esempio c’è un bel numero di pescatori con le loro famiglie che vive non della pesca, ma dell’indennità per il fermo erogata dal ministero della difesa. Si tratta di somme importanti per quelle famiglie. Ce ne sono alcune che hanno imbarcato tutti i componenti e incassano per ciascuno un più di 15.000 euro all’anno. Quindi si ritrovano a fine anno una bella cifra.  E’ per questo che pescatori di altri comuni hanno trasferito la residenza a S. Anna Arresi o a Teulada in modo da fruire del beneficio.
Ci sono poi tutti coloro che dalla presenza stabile di militari ricavano qualcosa: addetti alla base, bar, ristoratori etc. Eliminare le basi, senza fare i conti con queste realtà diventa difficile, anche perché un’eventuale conversione a fini turistici si tradurrebbe nello spostamento di reddito da fasce basse della popolazione a speculatori e a multinazionali del turismo usa e getta.
In conclusione, senza nulla togliere alla sacrosanta battaglia di chi vuol gettare a mare le basi, bisogna anche pensare alla situazione sociale che si creerebbe. In fondo questo è il nodo da sciogliere per vincere le resistenze, che, in seno a fasce non secondarie delle comunità interessate, permangono anche se in silenzio.

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