A.P.
Vince Obama e si addensano nella nostra mente molte indescrivibili sensazioni. La fine di un incubo. Va via Bush, il presidente dei brogli, il presidente bugiardo della guerra, dei finanzieri ladroni, della distruzione ambientale, delle trivellazioni senza limiti, del capitalismo selvaggio.
Obama è più che una speranza e di un sogno: un nero comandante in capo è una realtà incredibile. Risentiremo parlare di equità redistributiva, di attenzione e rispetto per le classi disagiate, la crescita riavrà a base l’uomo. I razzisti di tutto il mondo dovranno abituarsi a vedere una famiglia nera alla Casa bianca. La first lady sarà finalmente di nuovo intelligente. E tutto questo è straordinario di per sé.
Certo, non sarà il socialismo che è stato ed è il sogno della nostra vita. Ma un capitalismo democratico sì. E siccome non siamo mai stati “per il tanto peggio tanto meglio”, sappiamo che un capitalismo democratico è sempre meglio di quello fondato sulla legge della giungla e della prevaricazione. Torna l’idea del patto sociale che deve vedere sul tavolo delle decisioni e della fruizione della ricchezza anche i ceti deboli. La pace sarà di nuovo una parola non solo dei movimenti.
Certo, non ci facciamo illusioni sulle sorti del mondo. La mia generazione ha iniziato ad aprirsi alla politica con un grande presidente come Kennedy ed ha vissuto le prime mobilitazioni per il Vietnam per il ritiro delle truppe inviate da lui, i primi entusiasmi nei giorni degli accordi di Parigi, quando il gigante americano ha ceduto al piccolo popolo di Ho Chi Min, mentre le grandi capitali europee, ma anche le città provinciali come Cagliari, erano pervase da un grande entusiasmo in indimenticabili manifestazioni di massa. Abbiamo accolto la novità del kennedismo, ma abbiamo conosciuto Baia dei Porci e abbiamo tremato a fronte della possibilità di un nuovo conflitto mondiale nei giorni del confronto con Krusciov sui missili per Cuba. Abbiamo apprezzato Jimmy Carter, ma non abbiamo visto attenuarsi lo sviluppo disuguale nel mondo. Abbiamo sperato in Clinton eppure abbiamo dovuto combatterlo sulla guerra del Golfo e sull’intervento in Jugoslavia. Ma, nonostante tutto questo, siamo sempre stati affascinati dal New Deal roosveltiano, e sappiamo ch’esso significa keinesismo in economia e rilancio del costituzionalismo democratico con la Carta dell’ONU e le grandi Costituzioni del secondo dopoguerra a partire dalla nostra. Insomma, dopo la barbarie della guerra una lunga speranza nella pace e nella democrazia.
Ascoltiamo il discorso di Obama a Chicago e ci regala queste suggestioni forti. Sappiamo che ci darà anche delusioni, perché avrà i limiti che gli impone il capitalismo USA e non si potrà affrancare dalle sue regole ferree. Eppure accogliamo con gioia il messaggio di speranza che questo giovane nero ha lanciato agli americani e al mondo. La speranza che la pace prevalga sulla guerra, che la libertà prevalga sul dominio della paura, che la tutela dell’ambiente prevalga sulla distruzione del pianeta, che l’equità prevalga sul cannibalismo sociale. Insomma, siamo adulti e maliziosi, ma non smettiamo di accettare l’invito a sognare. Sappiamo che la realtà sarà meno rosea e più dura. Ma chi c’invita a sognare già per questo è mille volte migliore di chi ci toglie anche la speranza.
2 commenti
1 Gianluca Scroccu
5 Novembre 2008 - 07:45
Alzarsi alle 5 del mattino per sentire che Barack Obama è diventato il 44esimo presidente USA è stato un bellissimo risveglio. Andrea ha sintetizzato bene cosa significhi questa elezione. Obama ci ha dimostrato come il cambiamento sia possibile….Change can happen…ricordiamocelo anche per l’Italia!
2 Nicola
5 Novembre 2008 - 16:49
Sicuramente una buona notizia. Ma pensiamo di più alla drammatica situazione italiana, reduci da ormai quasi quindici anni di berlusconismo. Cerchiamo l’unità vera del centro sinistra e mandiamolo a casa!
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