Red
Berlusconi e il centrodestra mostrano un nervosismo non ingiustificato verso il movimento degli studenti. Non a torto pensano che la diffusa mobilitazione contro il decreto Gelmini e contro il progetto che mira a trasformare l’Università in Fondazioni di diritto privato sia oggi l‘equivalente di quanto fu per il precedente governo Berlusconi la lotta di Cofferati contro l’abrogazione dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori.
Dà molto fastidio la convergenza studenti-docenti. Di qui il tentativo di insinuare un cuneo che divida questo fronte, come nel ’68. Ma ci si dimentica che quarant’anni fa il movimento ebbe come obiettivo principale la lotta all’autoritarismo, alla cultura dogmatica e astratta, slegata dai problemi della gente. Oggi al centro della mobilitazione c’è la difesa del carattere pubblico della scuola e la richiesta di fondi per migliorarla. Ed allora ecco una campagna mediatica del centro destra contro il potere baronale e gli sprechi.
Ma è proprio vero che gli Atenei sono gestiti allegramente con profusione inutile di risorse?
Gli sprechi sicuramente ci sono, ma più che nei corsi-base si annidano nella moltiplicazione insensata dei corsi di studio, che sicuramente vanno ridotti drasticamente, così come andrebbero chiuse tante università o corsi periferici, il cui solo fine è quello di moltiplicare le docenze, senza utilità per gli studenti. In proposito e per mostrare che questo atteggiamento non è supponente e insensibile ai problemi dei territori, si tenga conto che una facoltà di livello richiede decenni di lavoro e che le realtà periferiche finiscono per essere spesso dei licei e neppure dei migliori. E poi Salvatore Satta, per fare un esempio, sarebbe diventato quel grande processualcivilista che è stato se avesse studiato leggi a Nuoro? In realtà la funzione dell’Università non è solo quella di fare esami e sfornare laureati, è anzitutto quella di creare una comunità, capace di formare gruppi dirigenti liberi e consapevoli, adusi al sapere critico. E questo lo si può ottenere con la qualità che non è compatibile, se non entro certi limiti, con la quantità, ossia con la moltiplicazione di corsi e facoltà.
Per il resto più che da sprechi la vita universitaria è caratterizzata dalle ristrettezze, dal lavoro volontario e precario. Sono sempre esistiti gli incarichi e le supplenze gratuite. I giovani ricercatori gradiscono questi incarichi e sono incoraggiati in questo dai loro maestri perché consente loro di avere la responsabilità di un insegnamento che dà esperienza e fa curriculum. Del resto questa è una necessità, pena la chiusura di tanti corsi. Il risultato è che lo Stato impartisce lezioni nelle facoltà senza spendere un quattrino. Molti prof. poi insegnano più d’una materia, essendo pagati solo per il corso di cui sono titolari. Per fare un esempio, in Giurisprudenza a Cagliari un solo ordinario tiene due corsi di diritto amministrativo (sostanziale e processuale) e i tre ricercatori assegnati alla Cattedra tengono ciascuno un corso più o meno gratuito. Insomma, cinque corsi con un solo ordinario! Dei ricercatori poi almeno due hanno maturato i titoli per diventare associati, ma sono bloccati dalla mancanza di fondi che consentano di bandire i concorsi. Altro che sprechi, c’è un risparmio che è al limite dell’illegalità: lo Stato fruisce di prestazioni senza erogare alcun compenso. Senza considerare che poi anche i dottorandi (ossia i giovani studiosi che frequentano i dottorati di ricerca), gli assegnisti e altri precari vengono impiegati nelle commissioni d’esame e nel ricevimento degli studenti o altre attività consimili senza incremento della borsa o dell’assegno di studio per chi ce l’ha e senza alcun compenso per chi non ha neppure la borsa.
Ora questa situazione è generalizzata e son poche le cattedre che nel tempo sono riuscite ad avere un numero di docenti pari o vicino alle esigenze degli studenti. Questo ovviamente vale per i corsi base, non per quelli inventati, che – come si è detto – sono tanti e generalmente inutili o perfino dannosi.
Anche nella ricerca è difficile individuare sprechi, poiché in larga misura, almeno nelle facoltà non scientifiche, essa è poco costosa. C’è qualche spesa per la convegnistica, che è necessaria per gli approfondimenti e per far girare le idee; questa tuttavia, almeno nelle nostre facoltà, si svolge in modo spartano e senza grandi emolumenti. I professori universitari, che operano fuori sede, hanno il rimborso spese e una modesta diaria. Spesso i colleghi esterni invitati per svolgere lezioni o relazioni sono ospiti a cena dei docenti del luogo. Molti professori perpetuano lo spirito dei monaci-intellettuali del medioevo che diffondevano cultura senza gravare sui rispettivi ordini. Certo ci sono anche i baroni, ma per molti il potere è più apparente che reale. Non a caso, il potere ormai più che dentro l’Università lo si ricerca nella politica o nel mettersi a servizio dell’industria o della finanza.
Certo, analizzando la spesa si individuano erogazioni inutili e sicuramente si possono recuperare delle risorse. Ma occorre danaro fresco per mettere a regime un sistema che si regge in molti casi sul volontariato e sullo spirito di servizio verso gli studenti di professori e ricercatori. E le risorse devono essere pubbliche se si vuole che la ricerca sia libera come dice la Costituzione. Ciò non vuol dire che non si debbano reperire fondi dai privati. Ma devono essere aggiuntivi. D’altronde, soprattutto nel Meridione, il finanziamento privato è impossibile, data la mancanza di realtà economiche forti. E il diritto allo studio consente di imporre alte tasse d’iscrizione solo a chi ha redditi alti, mentre l’istruzione universitaria dev’essere gratuita per gli altri, quando dimostrino impegno e attitudine. In Sardegna l’unica sinergia si è creata fra i due Atenei e la Fondazione del Banco di Sardegna, che eroga borse ai i dottorati e contribuisce a molte altre iniziative. Ma si tratta di un ente solo formalmente privato. E, dunque, il suo intervento finanziario, sostanzialmente pubblico, non condiziona minimamente la ricerca.
Baronie, spesa allegra e leggende metropolitane
21 Novembre 2008
3 Commenti
3 commenti
1 Luca Campus
21 Novembre 2008 - 10:46
Ci sono molte ragioni nel redazionale che viene proposto, alcune riflessioni generali sullo stato dell’Università italiana sono convincenti e le condivido. Si può essere certi che c’è tanta brava gente e docenti assai preparati che si spendono nell’interesse pubblico. Che c’è chi fa sacrifici ecc. Ma mi pare che si stia discutendo in questi giorni della malauniversità, quella che si mostra con la faccia di prof. potenti che pensano alle carriere di amici e parenti più che alla ricerca e alla didattica, che svolgono attività professionali in barba alle leggi.
Perchè sorvolare su questo? Sul fatto che come abbiamo visto sui giornali e nelle tv, c’è una vera corsa a mettere i parenti in cattedra, ad assicurare mediante la cooptazione il futuro di mogli e figli. Perchè la parte buona dell’Università non reagisce a questo imbroglio? Si dice che non si devono penalizzare i parenti ma sembra che siano gli altri penalizzati data la dimensione del fenomeno. Ci siamo in questi decenni scandalizzati per il malaffare della politica che si perpetua mediante cooptazioni appunto. E allora discutiamo di questo, se serve facciamo una mappa di questa aberrante logica familista, basta tacere e fare finta che il male sia da altra parte. Sono un ricercatore precario senza padrini e senza futuro. O si cambia radicalmente o ho perso per sempre. Il redazionale è molto rassicurante, la Sardegna è un’isola dove sono tutti buoni e disinteressati. Ma è così?
2 A.P. Campus
22 Novembre 2008 - 15:59
ma perchè “democraziaoggi” non fa una ricognizione di parentopoli nelle università sarde? chissa che non possa essere utile per capire se da noi c’è il fenomeno. Pare di no. Ma una occhiata potrebbe servire. Non basta guardare la politica di cui sappiamo tutto o quasi, serve indagare nei rivoli che restano in ombra. Molti che frequentano questo sito e che conosco condividono. Andiamo avanti.
3 rbadoglio
24 Novembre 2008 - 15:41
Un articolo interessante sui costi dell’università e sui vantaggi delle fondazioni universitarie.
http://blog.trentaelode.it/2008/11/23/quanto-costa-l-universita-in-italia-e-le-fondazioni/
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