Regione: chi decide su indennità e vitalizi?

14 Maggio 2014
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Andrea Pubusa

L’altro giorno ho formulato una proposta di abolizione del vitalizio in favore dell’istituzione di un fondo di solidarietà per gli ex consiglieri regionali dopo il 65° anno di età, sul modello della c.d. legge Bacchelli. E’ una proposta più razionale e radicale di quella avanzata da L’Unione sarda con la sua raccolta di firme, che si limita a fissare (giustamente, peraltro) l’età di fruizione del vitalizio al 65° anno. La vicenda dei vitalizi, oltre alla questione di merito (ammontare, modifica della disciplina, abolizione), pone un problema procedurale non meno importante: chi decide? E’ opportuno che siano gli stessi beneficiari del trattamento (i consiglieri regionali) a deliberare sul vitalizio e sulle loro indennità di carica? E’ giusto il “fai da te” in questa materia? In realtà, l’esperienza ha mostrato che nessuno si oppone agli aumenti e che il Consiglio decide in fretta e senza adeguata pubblicità. Di oppositori neanche l’ombra!
Sul piano istituzionale è certamente indiscutibile che a decidere debba essere il Consiglio regionale. E’ l’Assemblea l’organo titolare del potere legislativo e, in Sardegna, anche regolamentare. Tuttavia un correttivo è possibile, seppure eccezionalmente e solo per questa delicata materia, dove il conflitto di interessi è immanente, in re ipsa, per dirla coi giuristi. E’ bene precisare che il potere legislativo è e deve rimanere all’organo direttamente rappresentativo del corpo elettorale. Guai ad assegnarlo ad altri organi! Sarebbe un vulnus grave e pericoloso ai principi democratici. Sul trattamento dei consiglieri però si può pensare di ricorrere agli istituti di partecipazione. Come? Lo strumentario è vasto. In questo caso si può ricorrere ad una “giuria” popolare, ad un organo formato da cittadini-elettori, che intervenga nel procedimento deliberativo mediante un parere di congruità del trattamento proposto. Parere obbligatorio e vincolante. In altri termini, il Consiglio regionale, prima di deliberare il trattamento, deve sentire il parere della giuria e deve adeguarsi ad esso.
La decisione è dunque rimessa ad un organo esterno al Consiglio, seppure in stretta interlocuzione con esso. Di più, bisogna favorire la discussione pubblica e l’intervento dei media, imponendo una forma di pubblicità delle proposte: ad esempio pubblicazione del testo delle proposte nei maggiori quotidiani isolani almeno due mesi prima della deliberazione in modo che possa esserci un intervento informato dell’opinione pubblica sarda. Niente segreti e colpi di mano, dunque, come è avvenuto finora, anche nel caso della Lombardo.
Detto questo sulla procedura, rimane un nodo molto delicato da sciogliere. Chi nomina la giuria? Non il Consiglio per ovvii motivi. Si può ricorrere al sorteggio fra gli elettori, effettuato con garanzie di assoluta imparzialità (da un notaio?) individuando, sempre a sorte, i comuni dell’Isola di varia dimensione (grandi, medi e piccoli) in cui effettuarlo. Non solo, ma questo organo delibera solo una volta, poi si scioglie. La volta successive altro sorteggio, altro parere e altro scioglimento. Insomma, un organo, di un centinaio di persone, non permanente per evitare intese o manfrine. Senza compenso, ma solo con rimborso spese.
Che ne dite? Sarebbe bene che in Consiglio regionale si discutesse di questa proposta procedurale e di quella di merito qui avanzate. Nello stesso spirito e sulla base degli stessi principi (revisione della disciplina, pubblicità e partepazione) si possono anche prospettare altre soluzioni. Ma discuterne, con spirito costruttivo e senza demagogie, sarebbe già un passo avanti. I polveroni di solito lasciano le cose come stanno.

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