Alfiero Grandi
Pubblichiamo una riflessione del Presidente dell’ARS - Ass. per il rinnovamento della Sinistra - sul rapporto conflittuale che Renzi ha instaurato con la CGIL, usando toni e argomenti della destra.
Reazioni stizzite alla relazione di Susanna Camusso al congresso della Cgil
sono la conferma che in quei passaggi ha visto giusto. Difficile accusare la
relazione di toni aspri e preconcetti. Una frase della relazione a caso:
“una logica di autosufficienza del governo.che nega il ruolo di
partecipazione e di sostanziamento della democrazia”. E’ tutto vero. Basta
pensare alla legge elettorale, alla riforma del Senato, all’atteggiamento di
autosufficienza se non di disprezzo verso il sindacato. Semmai, dopo alcune
dichiarazioni sprezzanti verso la Cgil e in generale verso il sindacato da
parte di Renzi era lecito attendersi qualche reazione piccata in apertura
del congresso e invece è stato marcato un dissenso politico, ma con toni
normali ed è stato rivendicato, legittimamente, il ruolo del sindacato, di
cui il Governo non tiene conto, anche per certi aspetti riutilizzando
argomenti della destra.
La reazione di Renzi che il sindacato non si sarebbe accorto della
disoccupazione rasenta la provocazione.
Se basta questo per ottenere reazioni stizzite vuol dire che si è colto nel
segno. Il problema è tutto degli stizziti.
Infatti la questione non è tanto la decisione del Presidente del Consiglio
di non partecipare al congresso della Cgil - e all’assemblea di
Confindustria - che in fondo è solo uno sgarbo istituzionale che poteva
essere evitato, visto che il Presidente della Repubblica non ha fatto
mancare il suo consueto messaggio di saluto al congresso nazionale della
Cgil.
La questione più seria riguarda la capacità di ascolto, che sembra ridotta
al minimo visto che il governo ritiene di poter saltare di netto la
consultazione delle parti sociali, spesso dipinta come una perdita di tempo
se non addirittura un inciampo.
Se il governo intende rivolgersi direttamente al paese presupponendo di
avere tutti gli elementi necessari, senza discutere, lo può fare, se ne ha
la forza, ma provocherà sconquassi che forse non sono stati abbastanza
ponderati, quasi avesse continuamente bisogno di avere un soggetto altro su
cui scaricare le responsabilità, per allontanarle da sé. Il ritornello è che
la colpa è di…
Rivolgersi direttamente al popolo potrebbe perfino apparire populismo.
Questo atteggiamento che, come segno distintivo vuole smarcarsi dal
sindacato, sotto il profilo della propaganda può forse attrarre un
elettorato conservatore in cerca di nuovi punti di riferimento,
riecheggiando noti precedenti politici che hanno fatto della cesura con il
sindacato un punto della loro linea politica, ma apre inevitabilmente un
problema su un altro versante e solo l’esito elettorale ci dirà qual è il
risultato finale. Anche il Pd farebbe bene a fare una riflessione più
attenta, come anche il suo stesso nome suggerisce.
Sta diventando stressante avere ogni giorno l’individuazione di un nuovo
nemico che si oppone alle sorti gloriose delle azioni del governo Renzi. L’adrenalina
sale, ma il paese non sembra avere tanto bisogno di queste “iniezioni”
quanto di interventi sull’occupazione, tanto per fare un esempio, visto che
tutti danno per scontato che anche il 2014 sarà un anno orribile e nel 2015
per ora nessuno può dire realmente cosa accadrà.
La coppia amico-nemico non è buona consigliera per chi ha responsabilità di
governo in un paese a pezzi, con divari sociali spaventosi e una parte del
paese che sta affondando. L’inclusione sarebbe una via largamente
preferibile. Ad esempio sarebbe inclusivo puntare sul lavoro a tempo
indeterminato, che tra l’altro metterebbe in grado di ottenere mutui, tanto
per fare un esempio, cosa che il tempo determinato non consente di ottenere.
Ma come sappiamo la scelta è al contrario quella di aumentare la precarietà
attraverso il tempo determinato dilatato a 36 mesi senza giustificazione.
Gli 80 euro non sono un alibi sufficiente a nascondere hli arretramenti in
materia di diritti dei lavoratori.
Come farà il sindacato, in questo caso la Cgil, a fare arrivare le sue
verità al governo se la concertazione viene dichiarata defunta ? Quali altre
forme avrà il confronto. Se il sindacato non viene ascoltato prima o poi
userà lo strumento della lotta e saranno i lavoratori, i disoccupati stessi
a chiederlo.
La concertazione non è un obbligo, alcune volte è stata addirittura negativa
per il mondo del lavoro perché ha aperto la strada a peggioramenti
retributivi e nei diritti dei lavoratori, ma se un accordo è possibile e
conveniente perché non farlo?
Certo il sindacato, e anche la Cgil, hanno limiti che vanno discussi
apertamente, ma l’obiettivo qual’è? Favorire il superamento dei limiti e
dei difetti o cogliere l’occasione per indebolire le uniche strutture che
bene o male hanno cercato di tutelare i lavoratori?
Sarebbe il colmo che dopo averli divisi e indeboliti per anni, ora si
cercasse di scaricare sul sindacato le responsabilità che sono proprie delle
imprese, della politica, dei governi.
La Cgil e il sindacato farebbero bene a non sottovalutare questo tentativo
di addossare a loro le responsabilità dell’arretramento delle condizioni
occupazionali e del lavoro. Oltre che sconfitti in tanti casi, i sindacati
dovrebbero anche accettare di vedersi accollare le responsabilità altrui.
Accettarlo sarebbe puro masochismo.
E’ bene che la Cgil, tanto per iniziare, tenga il punto, recuperando
credibilità e forza dai lavoratori, dai disoccupati, dai precari, con l’obiettivo
di riunificare il mondo del lavoro. In questo c’è anche una riflessione più
meditata sulla rappresentanza e sul rapporto tra regole endosindacali e
legge, tema che ha non poco tormentato fin qui questo congresso e che
sarebbe bene segnasse un avanzamento in materia.
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