Andrea Pubusa
La pubblicazione dei nomi di quanti ricevono il vitalizio è sacrosanta. Niente è più “pubblico” di questa materia, la riservatezza non c’entra nulla. Non capisco perché il Consiglio regionale non l’abbia disposta da tempo nel suo sito ufficiale e anzi l’abbia osteggiata. D’altra parte, è il segreto di pulcinella: tutti coloro che sono stati consiglieri regionali (me compreso), presto o tardi, in maggiore o minor misura, lo percepiscono. Legittimamente, ex lege. Quindi, nessuna confusione con episodi di mala politica o di malaffare. Personalmente, sono sempre stato e sono onorato di essere stato eletto al Consiglio regionale dagli elettori comunisti e della sinistra e ho fatto del mio meglio (1984-1994) per essere all’altezza di quella fiducia. Ma torniamo al vitalizio. E’ giusto questo trattamento, è amorale, è immorale? Non sono mai stato per la politica del privilegio, ma neanche per quella delle pezze in culo di coloro che vengono chiamati a svolgere un compito istituzionale. Anzitutto perché credo che le istituzioni democratiche debbano essere tenute nella più alta considerazione. e chi ci rappresenta debba farlo con dignità. Secondariamente, perché ci sono persone che, senza indennità, sarebbero escluse dalla competizione; infine, ma non per importanza, ce ne sono altre che sospendono attività professionali redditizie per svolgere il mandato, e per loro il vitalizio è una sorta di compensazione ad un pregiudizio economico conseguente all’elezione. Lo so, c’è anche chi non ha arte né parte, e per loro è senz’altro un vantaggio. Come si vede, le situazioni sono varie e ognuno dei beneficiati può avanzare argomentazioni in proprio favore, come i critici hanno ragione a richiamare l’attenzione sulla questione, sopratutto in tempi di grave crisi e di sacrifici.
Per carattere e formazione sono contrario a soluzioni demagogiche. In tempi non sospetti ho avanzato una proposta. La riformulo perché mi pare dia una soluzione equilibrata al problema che ruota intorno a due questioni centrali: riconoscere un particolare valore alla rappresentanza politica, fondamentale, anche se non unica, espressione del sistema democratico; evitare i privilegi e gli sprechi inutili. Quale, dunque, la soluzione? C0me dare equilibrio a due esigenze apparentemente incompatibili? Credo si debbano calmierare le indennità di carica e, quanto al trattamento di vecchiaia (di vecchiaia, ripeto), si possa prendere a modello la legge Bacchelli. E’ il testo normativo che riconosce un vitalizio a favore di cittadini illustri che versino in stato di particolare necessità (Legge Bacchelli, dal nome dello scrittore Riccardo Bacchelli). Artisti o altre persone che, per il loro impegno, hanno reso importanti servigi al Paese, se, alla vecchiaia, non hanno mezzi per vivere dignitosamente, vengono sostenuti dall’intervento dell0 Stato. E’ un privilegio? Credo di no. Anzi sono convinto che uno Stato serio debba assicurare a chi ha avuto un ruolo al servizio del Paese una vecchiaia dignitosa (come a tutti i cittadini di ogni ordine e grado, del resto).
Quali le conseguenze dell’applicazione di una legge simil-Bacchelli alla rappresentanza regionale e nazionale? Anzitutto occorre stabilire un’età pensionabile uguale per tutti. A quanto si va oggi in pensione? A 65 anni? E allora per tutti è quella l’età del pensionamento, anche per gli ex parlamentaro o ex consiglieri regionali. Niente pensioni prima di questa età. Il secondo problema è stabilire chi ne ha diritto e l’ammontare? Chiunque ha, di suo, una pensione o un reddito, poniamo di almeno due mila euro al mese, non riceve alcun vitalizio. Ha una integrazione fino a tale ammontare, solo chi, dopo i 65 anni, guadagna meno. E’ sempre un trattamento di favore, ma è giustificato dalla funzione svolta, dalla necessità di riconoscere l’importanza di essa, dal renderne a tutti possibile lo svolgimento, se votati. A ben vedere, comunque, una legge di questo contenuto, farebbe scomparire il vitalizio perché chi giunge in Parlamento o in Consiglio regionale, spesso matura, nella sua attività lavorativa, al momento del pensionamento, trattamenti superiori ai duemila euro. Per gli altri, certamente pochi, si avrebbe un’integrazione di qualche centinaio di euro al mese.
Questa è una soluzione su cui si può riflettere se non si vuole cadere nella demagogia e nell’antipolitica. Così come, coi dovuti controlli e vincoli, rimango convinto che un finanziamento ai gruppi parlamentari e ai partiti sia necessario. I primi sono il luogo dell’ideazione della politica, i secondi trasformano in proposte di legge e in iniziative parlamentari e consiliari l’elaborazione politica dei partiti. Liberi poi partiti e gruppi di rinunciare al finanziamento, come ha fatto il M5S a livello nazionale.
Conosco l’obiezione. Ci sono uomini politici di scarso valore, anzi mascalzoni, e liste che non sono qualificabili partiti. Concordo, ma quegli scansafatiche o addirittura mascalzoni sono eletti dai cittadini e dagli elettori, spesso da quegli stessi che poi firmano le petizioni contro di loro.
Rimane poi il problema dei destinatari della disciplina qui proposta. Senz’altro i futuri consiglieri e parlamentari. E per il passato? Qui c’è il delicato problema dei diritti quesiti e della legittimità costoituzionale di una legge retroattiva in questa materia. Per chi già abbia entrate per vivere il vitalizio è un diritto quesito? Come si vede, c’è materia per un trattato giuridico. Ma, al momento, ve lo risparmio, ammesso che sia all’altezza.
3 commenti
1 Cristina
12 Maggio 2014 - 17:15
Carissimo Professore, come darle torto? Ormai, quella intrapresa dalla stampa isolana, sembra avere più i contorni di una caccia alle streghe con l’unico obiettivo di demonizzare la politica tutta, che quelli di una reale ed efficace operazione di trasparenza.
Leggendo velocemente quell’elenco, chiunque si renderebbe conto che ci sono tanti ex consiglieri che hanno guadagnato il nostro rispetto e il vitalizio che percepiscono, che hanno dedicato alla politica tempo prezioso, trascurando magari gli affetti e le proprie attività lavorative e che si ritrovano a percepire una pensione particolarmente dignitosa, ma non esagerata.
Poi, però ci sono le storture: il politico che ha svolto egregiamente il compito per il quale è stato eletto non deve essere santificato e non acquisisce nessun diritto a percepire un vitalizio all’età in cui il 95% dei coetanei, forse, ha raggiunto la stabilità lavorativa dopo anni di precariato.
Molto semplicemente si dovrebbe maturare una pensione in base ai contributi versati, eliminando quindi questa evidente sproporzione.
Ma non so quanto Grillo sarebbe d’accordo con noi. Forse non lo sarebbe affatto. Con molta probabilità sosterrebbe che chi ha acquisito un diritto (molto più facilmente questo diritto lui lo chiamerebbe “regalo”) non può pretendere che il popolo sia messo alla fame per garantirgli una pensione ingiusta (questa è, senza dubbio, un’espressione che lui utilizzerebbe).
Io, da non elettrice del M5s, non mi pongo il problema di quello che potrebbe pensarne Grillo. Ma Lei, Professore, che scrive «Per carattere e formazione sono contrario a soluzioni demagogiche», come può votare un movimento che ha fatto della demagogia la sua fortuna? Come si può votare, nello specifico, una candidata di un movimento che sostiene che al suo interno non vi siano “riciclati” e poi scoprire, dal momento che la stessa candidata ha opportunamente ritenuto preferibile omettere questo dettaglio, che nel 2010 è stata candidata a sostegno dell’elezione di Milia nelle elezioni provinciali?
Il comico genovese ha convinto molti italiani che il mondo è in mano agli imbecilli e dunque anche gli idioti e i violenti possono avere una chance. Ogni giorno leggo il livore ignorante e razzista che passa nelle pagine di qualche mio conoscente che sostiene la rivoluzione grillina e si ritiene portatore di un radioso e puro avvenire, ma non ricordo nessuno di loro, soltanto due anni fa, appassionato a qualcosa che non fosse strettamente personale.
Per quanto mi sforzi non riesco a trovare, pur impegnandomi, una coerenza possibile tra la storia del Pubusa politico e il Pubusa elettore del M5s. Ecco il perché del mio commento provocatorio al suo precedente intervento.
So che Soru non sarà la soluzione, ma le giro io la domanda: Grillo & C. chiedono il voto, ma per far cosa? Solo il M5S in Italia non indica chi è il proprio candidato alla Presidenza europea ed infatti il M5S, a meno che non si allei con i neofascisti e nazionalisti di Le Pen, resterà da solo. E, restando da solo, cioè con una trentina di parlamentari su 750, quali sono le innovazioni che riuscirà a realizzare nelle istituzioni europee?
Risposta
Cara Cristina,
non comprendo perché lei pensi che chi - come me - ha messo in luce le ragioni che rendono, in queste elezioni, preferibile il voto al M5S, debba necessariamente essere “grillino”. Semplicemente, penso che il successo del M5S alle elezioni europee sia oggi in Italia l’unico risultato che può spezzare l’asse immondo fra Renzi e il pregiudicato n. 1 d’Italia. Il che significa far saltare il c.d. Italicum e probabilmente la manomissione della Costituzione (contro la quale il M5S in Parlamento ha dato battaglia, insieme a SEL). Per me però è molto interessante anche Tsipras, un leader che mi piace come persona e come programma. Il PD e Soru li considero dall’altra parte, avversari da battere per il loro programma concordato con Berlusconi. Anzi, il programma è quello di Berlusconi, fatto proprio dal PD di Renzi!
Quanto ai vitalizi, la mia proposta è ben più radicale di quella avanzata ne L’Unione sarda, che si limita (cosa peraltro importante) a elevare il tetto per il godimento a 65 anni. Io invece propongo, in luogo dei vitlizi, di creare un “fondo di solidarietà” per gli ex consiglieri che non raggiungano un certo reddito (2000 euro?) al 65° anno di età. Tendenzialmente penso che questa riforma andrebbe estesa a tutti, anche ai beneficiari attuali del vitalizio, ancorché qui ci sia la questione dei cc.dd. diritti quesiti, che mi propongo di esaminare sul piano giuridico. Sul trattamento dei politici e sul finanziamento della politica, se trovo aiuto, penso di organizzare un dibattito pubblico.
2 francesco buffa
12 Maggio 2014 - 18:43
Sono totalmente d’accordo con la proposta del Prof. Pubusa sui vitalizi!! Anche retroattivo. Non capisco però ( e non ho ricordi di quel periodo) perchè lo stesso Prof. Pubusa non vi abbia rinunciato e non abbia denunciato testardamente l’assurdità di un tale privilegio, spesso incassato da molti ex consiglieri anche durante lo svolgimento di attività lavorative pagate dal settore pubblico.
Per quanto riguarda poi la signora Cristina, che si scandalizza perchè sembra che si sia scatenata una caccia alle streghe, mi chiedo: ma dove vive ? Sulla luna ? Non si è accorta, per restare in Sardegna, che ci sono oltre 60 consiglieri indagati e che alcuni sono stati addirittura confermati-rieletti e qualcuno ricopre incarichi nazionali ? Non sono grillino, ho sempre votato a sinistra, ma sono totalmente schifato dall’arroganza del potere di destra-centro-sinistra. Se poi andiamo oltre Sardegna, ma quale caccia alle streghe. Io sono un pacifista, ma mi stupisco che in Italia non sia ancora scoppiata una vera caccia alle streghe, ovvero dando seriamente-fisicamente un bel calcio nel c… alla marea ( e non è una mia invenzione !) di ladroni che teoricamente ci rappresenta. Poi, ammetto che ci siano gli onesti. Ma la percentuale non mi sembra molto alta.
3 Emanuele Pes
12 Maggio 2014 - 20:28
La proposta di sorta legge Bacchelli è una possibile soluzione, interverrebbe solo in caso di effettivo bisogno dell’ex rappresentante istituzionale. Bisognerebbe capire come si documenta il merito. Certo che la questione delle pensioni derivanti da incarichi elettorali o istituzionali (dove sono previsti i versamenti di contributi) è difficile sotto tutti gli aspetti. Non tanto per il domani. La cosa, appunto, sarebbe relativamente semplice: basta che esista la volontà politica e si intervenga sia in ordine all’età minima per percepire la pensione sia in ordine all’entità. Ma, al di là dei nostre convinzioni sul sostegno materiale della democrazia a se stessa e al proprio funzionamento, di fronte ad un orientamento così massiccio dell’opinione pubblica, bisogna prenderne atto, come dire, fraternamente e filialmente. E tentare di trovare delle soluzioni praticabili.
Una cosa naturalmente andrebbe chiarita e non è stata mai adeguatamente denunciata: la smania di emolumenti esorbitanti e del loro cumulo è un grazioso lascito culturale dello Stato fascista (quanto c’è da fare ancora!). Non esiste alcun nesso automatico o proprio tra sviluppo della democrazia costituzionale e un’attitudine perversa da ras del fascismo. Una questione diversa è il finanziamento ai partiti e un problema ancora diverso è dato dal finanziamento ai gruppi, problemi legati realmente al funzionamento della democrazia. Per quanto riguarda le situazioni acquisite l’intervento radicale è pressoché impossibile e, a seconda delle modalità, perfino non auspicabile. Rimettere in discussione un versamento di contributi potrebbe aprire un varco per rimettere in discussione i contributi già versati dalla generalità dei lavoratori. Su questo punto sono molto preoccupato. Perché occorre evitare in tutti i modi le ricadute demagogiche derivate da un sentire comune. in qualche caso governabile ad arte. Il diritto serve per mettere al riparo le leggi dal senso comune, però è anche vero che il senso comune serve per mettere al riparo la giustizia dalle leggi. Se non possono essere toccati i diritti acquisiti, il cumulo di vitalizi in alcuni casi stratosferici non può essere considerato pacificamente un diritto. Ho l’impressione che dovremo rassegnarci ad aggiustare l’impiastro strada facendo. Un percorso meno dirompente, per il pregresso, potrebbe distinguere strutturalmente tra reddito differito da lavoro e reddito differito derivante da carica pubblica elettiva, su quest’ultimo individuare una no tax area, e sul resto far gravare un’imposta speciale che possa recuperare risorse al pubblico, anche solo sul piano simbolico, e operare o con funzione di giustizia redistributiva, o per contribuire a costituire il fondo per le pensioni degli attuali eletti. Ovviamente il livello minimo è quello della salvaguardia dell’inquadramento pensionistico nel quale si era già inseriti. Con la tutela pensionistica da qui a venire per quanti degli eletti sono precari (condizione sempre meno rara) per gli anni in cui assolvono alla funzione. Non si tratterebbe di un contributo di solidarietà ma di una imposta sulla capitalizzazione della pensione maturata da contributi non derivanti da redditi di lavoro. Sempre, appunto, che sia possibile distinguere tra redditi di lavoro e redditi derivanti dall’assolvimento di una carica elettiva. Ad ogni modo intervenire fiscalmente su un tipo di pensione che si differenza nettamente da quella lavorativa mi sembra meno pericoloso che negarla alla radice. Poi, è vero, anche una soluzione del genere è debole. Perché potrebbe configurare un trattamento non universale dei contribuenti.
Esiste la Corte Costituzionale…quis custodiet custodes, lo dico con tutto il rispetto, davvero, anche lei prima o poi si dovrà auto-porre il problema.
Il paradosso è che, seppure riuscissimo a dare risposta ad un elementare richiesta di giustizia, non avremo risolto molto. “Quello ruba, l’altro ci mangia, questo si vende per un piatto di lenticchie e quello lo fa per soldi”. Ecco esauriti i nostri quattro punti cardinali dell’analisi politica e sociale, oggi.
Se si organizza un’iniziativa di approfondimento è un bene.
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