A.P.
Ai giovani il nome di Vanna Ledda non dice molto. Ma chi ha vissuto l’appassionante stagione delle lotte del ‘68 e degli inizi degli anni ‘70, non può non ricordare con affetto Vanna Ledda. Venuta da Siligo a studiare Economia nella nostra Università, è stata insieme a molte altre giovani di allora una delle protagoniste del processo di affermazione dei diritti delle donne e di vera rivoluzione del costume. Vanna non ha mai amato il protagonismo, ma non si è mai tirata indietro né negli anni in cui faceva parte dei collettivi studenteschi e aderiva al Manifesto né in quelli successivi. In effetti, anche nella vita privata e lavorativa è sempre stata coerente con i principi della giovinezza, sempre generosa e solidale. Ed anche se, assorbita dagli impegni di lavoro e familiari, si è distaccata dalla attività dei movimenti, non ha però mancato di seguirli ed essere partecipe delle vicende della nostra democrazia. Faceva parte della riserva democratica, silenziosa, ma non arresa.
L’ho incontrata l’ultima volta a cena da Francesco Cocco e ho visto in lei l’ansia per le sorti del nostro Paese e la preoccupazione per il futuro di chi ha una figlia di vent’anni. Sempre pacata nella conversazione e nei giudizi e sempre determinata nell’ispirazione democratica. Poi come sempre ha preso risalto il suo garbo, la sua signorilità e la sua dolcezza.
Ora Vanna ci ha prematuramente lasciato e a chi ha avuto la fortuna di conoscerla mancherà molto.
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