Milena Agus e Luciana Castellina oggi alla Galleria comunale

5 Maggio 2014
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Gianna Lai 

“Guardati dalla mia fame”, ed. Nottetempo. euro  15,00. Un libro che narra, a due voci, la stessa tragica vicenda e ci apre una finestra sulla Puglia di Di Vittorio nel secondo dopoguerra fra latifondo e lotte delle masse bracciantili.
Oggi alle 18 nei locali della Galleria comunale, il libro verrà presentato a Cagliari, alla presenza delle autrici, Milena Agus e Luciana Castellina. Ecco una recensione del volume di Gianna Lai.  

Nate parallele, e secondo forme diverse dell’espressione e autonomi punti di vista, le storie di Milena Agus e Luciana Castellina, in ‘Guardati dalla mia fame’, Nottetempo 2014, narrano di fatti realmente accaduti nel Sud d’Italia, in quella Puglia che sembrava non volersi adattare a un dopoguerra di continuità col fascismo. E che pagò duramente per questo, per essere stata emblema della ribellione meridionale, innanzitutto con la  cancellazione della memoria, il modo tragico degli italiani di scrollarsi responsabilità e di risolvere fastidiosi contrasti. E se c’è umanità vera  dei personaggi nel racconto di Milena Agus, per niente tenera tuttavia con la famiglia Porro, classe dirigente di un territorio oppresso da agrari reazionari e irresponsabili, c’è sopratutto nell’ ambiente descritto la rappresentazione di una forte corrispondenza tra mentalità padronali e convinzioni ataviche difficili da estirpare. Che solo la consapevolezza di un Sindacato nuovo, attraverso una lotta per il cambiamento e il progresso, può far riemergere e rendere chiari agli occhi di contadini poveri e assetati di  giustizia.  La signora amica delle sorelle Porro è la voce narrante,  matura e disillusa moglie di ricco proprietario terriero, che vuole farsi  interprete di quel contrasto durissimo e insanabile fra opposti interessi. Pur riconoscendo che la sua incapacità di mischiarsi alla protesta popolare è direttamente rappresentata dai privilegi di famiglia, cui non pensa minimamente di rinunziare. E parla con Di Vittorio perchè le ispirano fiducia i comunisti, e ne resta affascinata, e ne fa  l’interprete dei suoi sogni, e  ne fa l’amico sconosciuto  cui rivolgersi quando soffre, il suo amante ideale, ironicamente  sospesa fra  tempo immutabile e poco verosimile ribellione. Così, seguendola nei suoi movimenti alla ricerca di una realtà nuova e finalmente comprensibile, la scrittrice fruga nelle coscienze e nella mente delle persone, e sposta lo sguardo dall’immagine fotografica  di una famiglia in un interno, le Porro di Andria, e le sorelle rabbiose, arpie pennute di Gravina, fin dentro la pietosa esistenza di un’umanità che affolla grotte e stalle e  ‘iusi’, quei sotterranei ricavati dalle fondamenta delle abitazioni, dove la miseria produce malattia e dolore. Per ritornare ancora alla strada, agli agrari padroni della vita dei braccianti in attesa di lavoro, e alla piazza principale, il luogo pubblico facilmente riconoscibile attraverso gli occhi della signora,  in quell’annuncio di ’spaventosi scontri sociali’, che creano sospensione ed attesa. Quasi fossero  premonitori  del drammatico 7 marzo1946, e dell’assalto alla casa delle amiche Porro. Ecco, seguendo il filo del discorso di  Milena Agus, l’andamento di un contrasto che trova verso la fine la sua svolta drammatica, inaspettata, se vogliamo. Ispirandosi nella narrazione alle stesse fonti  cui attinge Luciana Castellina nella ricostruzione storica, niente viene tolto al profondo pessimismo che aveva caratterizzato la Prima Parte del libro, anzi sembra qui si voglia creare un continuum,  cedendo la parola alla ‘Guerra di Puglia’ e al ‘Processo’, che ci  restituiscono ragioni e fondamenta di quegli eventi. Dentro un quadro allargato ancora di più all’Italia del tempo, ai perchè di una condizione meridionale probabilmente senza eguali nell’Europa postbellica, Luciana Castellina esamina con rigore fonti e documenti, in particolare  quelli che, per essere stilati da poliziotti carabinieri e autorità costituite, meglio si prestano ad una disamina acuta e intelligente. Mano mano si accompagna il lettore a ricollocare quei fatti nel contesto dell’Italia dell’8 Settembre, e a fare ordine tra  pressanti richieste popolari e risposta dello Stato, tra connivenze politiche e responsabilità dei gruppi dirigenti. Lo sbarco dei Savoia, del Settembre 1943, ne costituisce l’antefatto, quasi sconosciuti alla popolazione e vergognosamente in fuga dai nazisti e dall’Italia occupata. Gli Alleati erano già a Brindisi e a Taranto, e si era ricostituito il Partito Comunista e Radio Bari aveva iniziato le trasmissioni. Una massa di reduci aveva invaso la Puglia, provenienti da tutta Europa, mentre ‘nella testa dei braccianti di Piazza Càtuma era cresciuta un’aspettativa insensata di giustizia, l’assurda certezza di averne finalmente diritto’.  Ma le lotte per ‘l’imponibile di manodopera’, che gli agrari mai accettarono, avrebbero causato tanti morti negli  scontri fra braccianti e forze dell’ordine in armi,  durante le manifestazioni di protesta, e  violenti assalti alle case degli agrari, e  arresti di massa, e processi, e lunghi anni di carcere. Una guerra civile, come la chiama la Castellina, ormai a guerra finita, causata da fame e disoccupazione. E Di Vittorio chiamato dalle autorità a fare da intermediario, non riuscirà a impedire il precipitare degli eventi, che danno origine a questa vicenda.   
Si ricompongono gli spazi e si conducono a unità le storie, così coerenti e sicure nella loro valutazione critica del mondo le due autrici. Invenzione e ragionamento, verosimiglianza e analisi dei fatti, una comunità di intenti secondo il punto di vista di ciascuna, che è l’ anima vera del libro, e che  rende  partecipe il lettore in termini emotivi, e lo coinvolge nella storia ‘inventata’ e nella storia ricostruita. Senza che i due piani risultino sovrapposti, o di maggiore importanza l’uno rispetto all’altro. Sarà opera anche di una scrittura piana e intensa che, con leggerezza, entra nell’essenzialità delle cose, nella rappresentazione senza enfasi di avvenimenti e problemi, per restituire a luoghi e personaggi quel profilo che li rende facilmente identificabili. Con il nostro quotidiano, il nostro presente, di cui scarsamente riusciamo al momento ad essere davvero consapevoli, e che solo la narrazione e la ricostruzione storica possono restituirci nella loro interezza. Per poterne parlare e riuscire a capire.           

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