Mario Salis
Nei giorni fatidici del fuori porta, come per il lunedì dell’Angelo od a Ferragosto, anche Cagliari mostra uno stato affascinante di abbandono, semideserta come i mezzi pubblici che a corse ridotte la attraversano sporadicamente. Una città senz’anima, arredata con una scenografia essenziale, tanto che le sue mura con i suoi monumenti possono proiettarle l’ombra, senza il frapporsi di scomodi concorrenti, in un silenzio quasi irreale al riparo del cicaleggio dei telefonini. Con la memoria che si dilegua spedita alla ricerca dei giorni perduti.
La crisi ha ridimensionato anche questo rituale, almeno ieri mattina, fino al nuovo lungomare dell’ammiragliato tra il vociare dei ricciai de su Siccu. Uno psicologo americano James Hillman, analista un po’ fuori le righe, ma europeo di adozione, perfino cronista radiofonico in Germania durante la seconda Guerra Mondiale, era giudicato dai suoi stessi colleghi un pensatore sovversivo, un’autentica spina nel fianco dei suoi colleghi. Decriptando il suo Codice dell’Anima, è arrivato a teorizzare un legame passionale tra la città ed i suoi abitanti, per cui ogni città ha sicuramente il suo carattere forse anche la sua anima.
I libri di geografia delle medie, ancor prima i sussidiari, per ogni capoluogo riportavano quasi un secondo nome. A cimentarsi fu Edmondo De Amicis che probabilmente non venne mai in Sardegna, ma a lui sono intitolate vie, piazze e scuole. Nei fascicoli settimanali del libro Cuore per i tipi della Fratelli Fabbri Editore del 1965, dichiara il suo amore per i monumenti solenni e per le memore immortali di Torino valorosa, Genova superba, dotta Bologna, Venezia incantevole, Milano possente, Firenze gentile e Palermo terribile, Napoli immensa e bella, Roma meravigliosa ed eterna. Di Cagliari Francesco Alziator ne scrisse come la città del sole.
La toponomastica di una città può raccontarci molto sullo stato dell’anima. Cagliari, fin dai primi scorci ci appare democratica, perfino nella sua deferente convivenza con i toponimi monarchici. Tollerante fino alla polemica che si scatenò in consiglio comunale, in occasione della presentazione di una mozione sulle nuove linee guida per la toponomastica, che prevedevano il divieto di attribuire ai luoghi pubblici e di inserire nel viario ufficiale di Cagliari nominativi di esponenti del Ventennio Fascista come il Podestà Enrico Endrich e l’editore dell’Unione Sarda Ferruccio Sorcinelli. Iniziativa che fece paio con la discesa in città di Storace, segretario della Destra per ricordare il gerarca ed ex senatore dimessosi da Palazzo Madama, dopo l’approvazione del vitalizio ai parlamentari. Ma fu anche prefetto di Cosenza nel 1943 fino all’arrivo delle truppe anglo-americane, anche se in realtà Endrich conservò l’incarico fino al mese di dicembre.
Chi controlla il passato controlla il presente, scriveva George Orwel che ha dato fulgidi esempi di sconvolgente preveggenza. Chi vince e poi governa impone la memoria, che diventa storia quando le bugie dei vinti sono smascherate. E se la storia la scrivono i vincitori, figuriamoci la toponomastica, chi vince intitola, non è casuale che ciò avviene all’atto degli avvicendamenti amministrativi.
L’anima di un luogo, sicuramente ne hanno almeno una, sono viva espressione della cultura popolare, decisamente più autentica di quella ufficiale, anche se progressivamente insidiata dai mutamenti sociali ed economici. Anche Cagliari non è immune da questi processi, i suoi abitanti perdono il legame con la storia della città, senza lasciare tracce da seguire, se non poche, di come era e di com’era vissuta.
Nel sistema museale locale ci dovrebbe essere una sezione dedicata ai mutamenti economici, urbanistici e sociali della città, come avviene da anni al People Palace di Glasgow, dove si racconta la vita delle generazioni di una città e di come hanno vissuto gli avvenimenti storici.
Lo storico tedesco Ferdinand Gregoriovius sosteneva che i nomi delle strade sono come titoli dei capitoli della storia di una città e vanno perciò rispettati quali monumenti storici e salvaguardati, a prescindere dal gusto artistico e la cultura dominante – il dibattito in città e non solo sull’architettura razionalista, quando ci fu un’architettura del Fascismo come un fascismo degli architetti, anche se non si può esemplificare con l’equazione fascismo uguale classicismo e razionalismo uguale antifascismo, sovvertendo l’idea di una neutralità estetica.
La toponomastica si coniuga spesso con il calendario della storia, e di questi giorni sull’onda delle celebrazioni per la festa nazionale del 25 aprile, gli spunti di riflessione sono molteplici, sono nervi ancora scoperti della coscienza di una paese che non ha chiuso tutti i conti con la Storia. Una ricorrenza che rischiava di cadere in disuso anche per colpa o la sottovalutazione di chi ne deteneva il patrimonio storico e politico. La storia va affrontata, senza reticenze e logori rituali, soprattutto quando è consolidata dalle responsabilità e le conseguenze di un conflitto bellico di immani proporzioni.
Le polemiche che si accompagnano con diverse manifestazioni di chiara marca provocatoria, anche quelle polemicamente autorizzate o tollerate, sembrano essere quelle immutabili che emergono a livello nazionale, mentre si aprono incomprensibili vuoti di memoria. C’è un libro dello studioso Martino Contu I martiri sardi delle Fosse Ardeatine - i militari che andrebbe letto di più nelle scuole ma anche tra i banchi di qualche Consiglio Comunale laddove si accumula all’Ufficio Protocollo qualche interrogazione e mozione del di troppo. Infatti nel sito istituzionale del Comune di Cagliari alla pagina viario digitando su ricerca: XXV aprile o 25 aprile la risposta è la stessa: non è stato trovato nessun risultato, ma voglio credere che si tratta di un errore o di una incompatibilità del sistema. Se digito Agostino Napoleone il risultato è lo stesso, anche quando scrivo su ricerca Flavio Busonera.
Cosa rappresenta il venticinque aprile anche senza aggiungere l’anno 1945 lo sappiamo, per la giovane Repubblica italiana – dimenticavo ho digitato della Liberazione e Festa della Liberazione sempre lo stesso errore: non è stato trovato alcun risultato.
Il Prof. Contu nel citato libro, dedica al Sotto Tenente di Vascello Agostino Napoleone 82 pagine dettagliate con dovizia di documentazione: stato di servizio ineccepibile, comandante di MAS, ufficiale di plancia nella rotta insanguinata dei convogli, medaglia d’argento al valor militare. Dopo l’8 settembre entra a far parte del fronte clandestino di resistenza della Regia Marina. Agostino nasce a Cagliari alle ore 14,15 del 14 settembre 1918, nella via Manno al numero civico 11. Il registro dei battesimi della parrocchia di Sant’Eulalia lo annota il 13 ottobre dello stesso anno. Frequenta la prima e seconda elementare di Santa Caterina dal 1924 al 1926. Riceve quell’imprimatur genetico della sua città natale, indelebile nella vita di un uomo, ancor prima dei registri dell’anagrafe. Si trasferisce con la famiglia a Carloforte compiuti sei anni.
Ma ritornerà a Cagliari. Nel 1934 nuovamente a Cagliari per frequentare il locale Istituto Nautico, stabilendosi prima in via Barcellona e poi in via Garibaldi fino al 1939. Alla patria dedicherà tutti i suoi giovani trent’anni, resistendo a sevizie pur di non tradire i suoi compagni d’arme. Ma i muri di Cagliari, tra cui trovò i natali, di lui non sanno raccontare.
Dottor Flavio Busonera, il medico dei partigiani, nasce ad Oristano, combatte facendosi onore nella Grande Guerra col grado di Tenente. Frequenta e si laurea nell’Università di Cagliari, nel 1921 è fondatore della sezione del Partito Comunista di Cagliari. Per motivi precauzionali si trasferisce prima in Friuli e poi nel Basso Polesine. Si prodiga incessante nell’attività sanitaria come nella militante e clandestina attività politica, che lo porterà all’arresto con l’inganno prima a Rovigo poi a Padova. Impiccato in un improvvisato patibolo nel centro della città patavina. Ma le mura di Cagliari neppure di questo sanno raccontano.
Il Fronte della Grande Guerra era lontano dalla Sardegna, ma egualmente vi morirono migliaia di sardi. Nella Seconda, il fronte disegnava la sua ombra nella città ma sempre a distanza, ma ancor più grande fu il suo disastro.
L’Isola non ha vissuto nel suo territorio gli esiti e le conseguenze della Guerra di Liberazione anche se il Prof. Aldo Borghesi dell’Istituto Sardo per la storia della Resistenza annota puntigliosamente fatti e protagonisti sardi. Un censimento di qualche anno addietro ne censiva circa 1.200, nel libro I sardi nella Resistenza di Dario Porcheddu. presidente storico dell’ANPI sarda. Ma si tratta di un numero destinato a salire poiché alcune vicende attendono di essere meglio conosciute e chiarite.
Anche quest’anno si sono svolte le celebrazioni per il 25 aprile, sono lontani i tempi in cui il Premier accusava un dolore al dito, come si vedrà dopo, nei momenti che contano per non presenziare alle cerimonie. Oppure a Sassari quando il portone del palazzo comunale rimaneva chiuso senza poter deporre le corone.
Il raduno a Cagliari è stato come sempre in piazza Garibaldi, snodandosi per via Sonnino si è fermato al Parco delle Rimembranze, realizzato nel 1935 nell’ambito del progetto dei boschetti delle rimembranze, dedicato ai caduti della Grande Guerra. In questo caso le mura parlano: due fasci, formati da una base di granito e file alterne di trachite e pietra di Serrenti, recanti i nomi e le date delle principali battaglie della prima guerra mondiale. Inquadrano l’esedra centrale in calcare bianco e trachite rossa, che ricordano i colori della Brigata Sassari portando scritti i nomi dei caduti. Una recinzione di sfere metalliche e cippi in calcare uniti da catene sbarra il passo al pubblico tutto l’anno con un solido cancello chiuso. I sassarini sull’altopiano di Asiago vissero con a vista l’incubo del filo spinato, oggi chi vorrebbe leggerne i nomi ne è letteralmente impedito. E’ più facile andare a leggerli a Redipuglia dove giacciono centomila caduti.
I monumenti per una città sono i capitoli del libro della sua memoria, lasciarlo chiuso è un invito a disconoscerla. Si potrebbe opinare, bisogna tenere conto dei fenomeni di vandalismo e che potrebbe trasformarsi in una discarica. L’attiguo parco per le vittime delle foibe è diventata una pista da skateboard con scritte nere. Da ricordare che proprio nell’estate del 2014 cominceranno le celebrazioni per il centenario della Grande Guerra, il corteo proseguirà fino a piazza del Carmine. Ma le mura della città tra storia revisionismo e vuoti di memoria restano ancora mute. Alla cortese attenzione del Signor Sindaco nel più stretto rispetto del regolamento di toponomastica della città di Cagliari e della sua Storia.
Chi sbaglia storia, sbaglia politica!
http://cagliari.globalist.it/Detail_News_Display?ID=102253&typeb=0
1 commento
1 Mario Salis
12 Maggio 2014 - 19:49
Precisazione importante e dovuta. A seguito di quanto gentilmente fattomi osservare da un caro amico:
Dario Porcheddu è nato a Cagliari nel 1922, deceduto a Cagliari nel novembre 2009, e stato presidente dell’ UAPS -Unione Autonoma dei Partigiani Sardi. Quindi non dell’ANPI.
Arruolato nel 1942 nella Guardia di Finanza aveva preso parte alla Resistenza nei luoghi dove si era trovato durante il Secondo conflitto mondiale. Ha raccontato le sue vicende di partigiano nel libro “Ho baciato la morte” (diario di un partigiano), nel volume pubblicato nel 1994 a cura dell’UAPS. Su Dario Porcheddu e sul contributo dato dagli antifascisti sardi alla lotta per la democrazia e la libertà contro i nazifascisti, è stata proposta la creazione di una Borsa di studio universitaria. (http://www.anpi.it/donne-e-uomini/dario-porcheddu/
Lo stesso Porcheddu è stato autore della monografia già citata
I *sardi nella resistenza / Dario Porcheddu
[S. l. : s. n.], stampa 1997 (Cagliari : TAIM)
286 p. : ill. ; 25 cm
Dopo la repentina fine intervenuta nel 1948, in un clima di guerra fredda e di persecuzione antipartigiana, l’ANPI è rinata sia in Provincia di Cagliari come in tutte le altre province della Sardegna. (http://www.anpi.it/rinasce-lanpi-a-cagliari/)
Ulteriore occasione per approfondire la biografia del partigiano sardo e l’emerita attività delle due associazioni partigiane. Me ne scuso con i lettori.
(Mario Salis)
Mercoledì 23 aprile 2014 22.18
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