Mario Salis
Ad Oristano nel Liceo Scientifico Mariano IV, in occasione del 25 aprile - 70° della Liberazione, indetta dalla CGIL, dall’ANPI e dal Comune di Oristano, in collaborazione col Preside e coi docenti, si è svolta una lezione particolare. Una bella lezione, che onora la scuola pubblica. Ce la racconta Mario Salis.
Una giornata particolare, una pellicola del 1977, la più malinconica ed amara del suo regista Ettore Scola, con l’impareggiabile interpretazione di Marcello Mastroianni e Sofia Loren. Un ordito di emozioni e sensazioni che cresce col dipanarsi della trama con la dittatura sullo sfondo, il giorno della visita di Hitler a Roma 3 maggio 1938, mentre il suo soggiorno in Italia si prolungherà fino alla giornata del 9, prologo dell’abbraccio mortale con la Germania nazista.
Mastroianni nel personaggio di Gabriele dice è strano guardare se stessi dalla finestra, come guardare con gli occhi di oggi il nostro Paese in quelle ore. Bene ha fatto il Professor Luigi Roselli, dirigente scolastico del Liceo Scientifico Mariano IV di Oristano, nella sua aula magna intitolata ad Antonio Gramsci, alla presenza anche dei ragazzi allievi del Liceo Classico De Castro, dell’Istituto Professionale, con i loro docenti ed alcuni ospiti, richiamando all’attenzione il numeroso auditorio, come al fatidico suono della campanella, perché aveva inizio una lezione speciale in una giornata particolare, indetta dalla CGIL, il Comitato Provinciale di Oristano dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Comune di Oristano, dal titolo significativo: la memoria batte nel cuore del futuro, nel 70° della Resistenza e della Liberazione ad Oristano dal 24 al 27 Aprile.
Una lezione particolare – ha continuato il dirigente scolastico – che vuole trasmettere messaggi universali, quali i valori fondanti della Costituzione, di solidarietà e della tutela dei diritti, e non è un caso che la manifestazione, come consolidata tradizione dell’Istituto, venga ospitata nell’aula magna intitolata ad Antonio Gramsci, primo partigiano sardo caduto per la libertà. Concludendo l’introduzione ha sottolineato che non possiamo vivere il nostro presente se non conosciamo il passato, peraltro, piuttosto recente.
Ha preso la parola la docente di filosofia Prof. Carla Cossu presidente del Comitato ANPI di Oristano che ha ricordato il partigiano Arrigo Boldrini nome di battaglia Bullow (comandante prussiano delle guerre napoleoniche) primo segretario dell’ANPI, più volte presidente, per esserne acclamato nel 2006 presidente onorario. Membro della Costituente, deputato e senatore del PCI prima e del PDS poi. Uno dei pochi viventi insignito della medaglia d’oro al valor militare. Emblematiche le parole di quello che a ragione è considerato il testamento ideale di “Bulow” riassunto con le sue stesse parole: Abbiamo combattuto per la libertà di tutti; per chi era con noi, per chi non c’era ed anche per chi era contro. Tutti i morti meritano rispetto ma non si possono confondere i combattenti della libertà e quanti scelsero la dittatura.
Parole che mettono a tacere ogni revisionismo postumo, tra chi combattendo con onore e valore pur nella parte avversa, stava dalla parte giusta e chi da quella sbagliata. Se vi furono numerosi giovani sardi nel movimento della Resistenza, anche dall’Isola partirono in cerca della bella morte, rappresentata dal distintivo della X°, un teschio con la rosa in bocca quasi a testimoniare che la morte in combattimento fosse una cosa dolce come il profumo di un fiore, giovani diciassettenni facendo anche carte false all’anagrafe, per opporsi all’Operazione finale Shingle meglio nota come le battaglie di Anzio e Nettuno. Infatti agli scontri sulla testa di ponte di Anzio parteciparono anche reparti della Repubblica Sociale Italiana: il battaglione paracadutisti Nembo unitosi alle truppe tedesche in Corsica, il Barbarigo che schierava i fanti della Marina Decima Mas del Comandante Valerio Borghese, battendosi con valore sull’insidioso terreno della Piana Pontina. Il principe Junio Valerio Borghese fu protagonista dell’omonimo tentativo di golpe con la notte di Tora Tora tra il 7 e l’8 dicembre 1970 che neppure due gradi di giudizio chiarirono aspetti ancora inediti, ma che si conclusero in una generale assoluzione degli indagati.
La relazione ufficiale è stata svolta dal Prof. Pietro Dettori dell’ANPI di Nuoro, autore insieme a Pierò Cicalò, Salvatore Muravera e Natalino Piras di Pitzinnos Pastores Partigianos - eravamo insieme sbandati.
Un racconto corale che si innalza nel patos delle voci distinte, interpretate dai giovani studenti mentre scorrono le immagini di quei volti ancora imberbi, straniti, sconvolti dal presagio di quei tragici eventi che oramai incombevano anche a Bitti, Orgosolo, Orune, Galtellì, Dorgali, Orosei.
I ragazzi bittesi erano andati alla guerra partendo dalla Stazione di Ossidda, a cavallo i padri con i gli, i fratelli con i fratelli, necessariamente in due, chi restava tornava indietro per riportare su caddu o s’ebba, sa calavrina, su baiu isteddau o sa murtina, rendendo il distacco più struggente in virtù di quel legame atavico col cavallo.
Nel Continente l’ignoto: aviatori senza aerei, fanti con caserme che si svuotavano dove volavano spettrali fogli senza più ordini scritti, marinai all’asciutto con la squadra navale abbandonata inspiegabilmente senza protezione aerea, in mezzo al Mediterraneo quando le 23 unità appena aggirati, nel pomeriggio del 9 settembre 1943, i campi minati all’ingresso de La Maddalena, ricevono l’ordine di invertire la rotta perché l’isola era stata occupata dai tedeschi – si scatenerà una sanguinosa battaglia per la sua riconquista – in tempo proprio, mentre le coste sarde biancheggiavano sul mare mostrando all’occhio nudo di una trentina di marò sardi nitide le loro case. Appena tre sfuggirono agli abissi dell’Asinara che ancora custodisce 1253 vittime del bombardamento dell’ex alleato. La Guerra continua nella voce stentorea registrata nel proclama del Maresciallo d’Italia, la confusione aumenta, lo sbandamento comincia.
Cercavano un improbabile imbarco per la Sardegna, trovarono l’orrore della guerra. Dal suo destino riusciva difficile sfuggire, prima ineluttabile poi per scelta anche alla luce degli eccidi efferati che si consumarono a Sutri dopo gli arresti di Capranica, abbracciarono la causa della lotta clandestina Quei tratti somatici inconfondibilmente sardi, rivivono nelle voci degli studenti quasi della loro stessa età, non abbiamo ragione di non credere che fossero tanto diverse.
Beppe Meloni, pubblicista autore di apprezzate monografie sulla memoria storica della città, ha riportato alla luce fatti e personaggi inediti, anche di quegli anni, è il caso del Dottor Flavio Busonera da Oristano, “medico dei partigiani”, tenente di artiglieria nella Grande Guerra con le mostrine nere e gli inconfondibili fregi sulle maniche, dei bombardieri, specialità rischiosa dove non pochi erano gli incidenti per le esplosioni dei tubi infilati. Dopo il liceo classico Dettori di Cagliari, nella stessa città capoluogo frequenta e si laurea nella locale Facoltà di Medicina. La disinteressata e generosa attività medica non lo distoglie dalla passione politica, coofondatore della sezione comunista di Cagliari. Lascia l’isola per ragioni politiche, pagherà con la vita l’impegno di sempre, il pretesto per la sua esecuzione: la rappresaglia per l’uccisione di un ufficiale repubblichino sardo il colonnello Fronteddu, attribuito senza prove alla guerriglia partigiana. Le foto impietose di un improvvisato patibolo nel centro di Padova, non riuscirono a spegnere la dignità delle sua fede politica, che gridò fino all’ultimo, inneggiando all’Italia ed al Socialismo.
Altri interventi hanno ricordato la figura di Agostino Napoleone ufficiale della Regia Marina nato a Cagliari, che con la sua perizia di navigante nelle rotte sanguinose dei convogli si meritò encomi e riconoscimenti, oltre alla medaglia d’argento al valor militare.
Entrato nelle file della Resistenza, conobbe l’0rrore delle prigioni di via Tasso, ne affrontò fin in fondo il supplizio per non tradire i compagni. I suoi ultimi attimi di luce: pensiero al il bagliore solare che s’incuneava nel budello di via Manno, dove conobbe i natali, prima di essere spento per sempre dal colpo di grazia assordante nel buio delle cave Ardeatine.
Ha ripreso questa fulgida figura di patriota la Prof. Caterina Cocco nipote di Pasqualino Cocco sergente pilota di Sedilo, anche lui trucidato all’Ardeatine, rilevando l’inspiegabile assenza del Comune di Cagliari sul martirio dei quattro militari alla periferia di Roma.
Marcella del collettivo studentesco, ha commentato come mai quei giovani isolati dalla geografia e dallo Stato, maturarono un senso alto di coscienza civile, che non ha eguali oggi in una società stressata, annoiata ed indifferente al flusso impetuoso dell’informazione.
Sono ancora intervenuti il docente Gianluigi Deiana ed Antonio Ippolito, noto esponente della sinistra oristanese, che si è espresso con nettezza sulle ingiustificate dimenticanze della toponomastica oristanese, laddove si potrebbe rimediare dedicando alle figure ed ai toponimi della Resistenza, significativamente anche aree verdi della città.
Chi entra in ospedale esce più buono e più sano. Non è detto, ma qualcosa s’impara, come qualche anno fa quando ricoverato in una stanza di un nosocomio, fece ingresso un uomo anziano, col viso segnato di chi si abbronza anche d’inverno, lavorando in campagna. Silenzioso fino a sembrare timido, con quella solidarietà che si sviluppa nelle corsie, cominciò a parlare sempre sommessamente. Vissuto tra Sedilo e Busachi mi raccontò della sua esperienza in grigio verde a cominciare dal 1940 nel Dodecaneso italiano, prestava servizio in un reparto di cavalleria, accudiva personalmente al cavallo del suo capitano, una splendida baia con riflessi dorati dal lucido manto. La preparavo anche in occasione dei concorsi di Reggimento per ingannare le lunghe attese del presidio di guarnigione. Avevo anche il permesso di montarla, a sa nua - a pelo naturalmente. Era un cavallo maestro, in una ripida discesa quasi come il discesone verticale di Tor di Quinto, bastava lasciar fare a lei, redini poggiate sul collo, senza contrastarla col ferro in bocca, spalle aperte per l’equilibrio giù fin che si può sull’inforcatura e lei docile eseguiva portandoti oltre la discesa. Ma nelle isole del Mar Egeo vennero quei terribili giorni dal 15 al 28 settembre del 1943 quando si scatenò la rappresaglia tedesca contro il suo vecchio alleato, annientando la Divisione Acqui a Cefalonia. Prima di entrare in stato di prigionia gli fu requisita la cavalla che buona alla capezza seguì il suo nuovo conduttore, versai lacrime di dolore quel giorno che in tutta la prigionia. Tornato in paese cercavo di raccontare della guerra, ma nessuno mi ascoltava al massimo non ci credeva, allora smisi di parlarne.
Il sangue dei vinti asciuga in fretta. Così il 10 agosto 1944 a piazzale Loreto i militi della Legione Muti fucilarono 15 partigiani lasciandoli esposti per molte ore, vietando anche ai disperati familiari di avvicinarsi. Il 29 aprile del 1945 furono scaricati i gerarchi fucilati a Dongo oltre a Mussolini ed a Claretta Petacci, issati macabramente sulla pensilina di un rifornitore. Fu Riccardo Lombardi in quei giorni Prefetto di Milano per decisione del CLNAI ad ordinare la fine di quello scempio, nell’ira della folla che si scatena puntuale alla fine di ogni dittatura.
Da un’altra parte dell’Italia a Trieste il brigadiere della Polizia Gino Fanni di Cagliari in servizio a bordo del naviglio in dotazione alla Prefettura, ormeggiato al porto, marinaio di leva che a bordo del Regio Incrociatore Trento, aveva partecipato alla missione di crociera in Cina, usciva da casa per il luogo convenuto dal bando dell’esercito titino a consegnare le armi di ordinanza in dotazione. Fu una provvidenziale vicina di casa a farlo recedere, Signor Fanni ma dove sta andando, da lì non ritorna. Aveva ragione quella saggia donna, iniziò così un travagliato periodo di semi clandestinità col pericolo di sfuggire ai rastrellamenti a pettine sempre più stretti. Molti che ottemperarono a quell’avviso finirono nelle viscere delle foibe, senza una ragione credibile come quella dell’operato dell’esercito italiano in Iugoslavia, dove fu smentito lo stereotipo auto assolutorio e rassicurante Italiani brava gente, che solo il garantista stato di paese cobelligerante evitò una Norimberga italiana. Una licenza di sette giorni non gli bastarono per raggiungere Civitavecchia attraverso una linea ferroviaria come un lungo filo spezzato in più punti. Finalmente l’imbarco verso Cagliari con un effettivo passaggio in ponte all’addiaccio fin dal primo mattino irriconoscibili apparvero le sue forme, senza più rilievi sinuosi, spazzati via dalle incursioni aeree. Alcune piume nel fondo di un cassetto stanno ancora oggi a testimoniare l’entrata travolgente dei bersaglieri nella Trieste liberata.
Il convegno è finito, sono già fuori dallo Scientifico, sono ancora vive le interpretazioni di quei studenti con alle spalle le immagini dei loro coetanei. Dopo tutto cosa sono 69 anni di tempo nella storia! C’è un sole tiepido interrotto da una brezza esitante ma indecisa, mentre interrogo il cellulare lasciato spento, per tutta la durata in aula magna. Mi viene in mente un analogo scenario nella parte Nord della città, quando incontravo Giovannino Cruciani in via Tirso, onesto e mite socialista lombardiano, diligente consigliere comunale, noto imprenditore, già avanti in età ma ostinatamente a piedi od in bicicletta lui che vendeva ciclomotori. Gli brillavano gli occhi degli anni giovanili quando mi parlava delle sue peripezie alla guida degli immensi Dodge della US Army ceduti in uso al Corpo Italiano di Liberazione, nelle disastrate strade dell’Italia liberata, giù fino a Napoli quando si scatenava un carosello in movimento all’assalto del prezioso carico di derrate alimentari. Ma si faceva più serio, ancora con aria smarrita ancora senza disappunto, quando con alcuni commilitoni raggiungevano un’agognata sala da ballo, per vedersi sbarrati il passo da individui con la faccia rossa al braccio ed un minaccioso MAB 38 o MAS francese a canna corta e ventilata, che non promettevano nulla di buono, soprattutto quando dicevano che non c’era posto per i Badogliani. Ma cosa voleva dire, a distanza di anni non se ne faceva una ragione, eravamo dell’Esercito Italiano, non ci siamo sbandati abbiamo combattuto ancora con ordine per il bene dell’Italia, ma si scioglieva tutto in un sorriso di chi aveva superato le esagerazioni che si accompagnano sempre alle confusioni.
Lo scorrere della rubrica sgrana incontrollato al passaggio di un sonoro buongiorno, rispondo istintivamente e faccio appena in tempo a scorgere gli zaini sulle spalla di un gruppo di ragazzi. Ne parleranno? Penso proprio di sì. Sì perche il preside Roselli chiudendo il convegno ha esortato gli studenti, quando tornate a casa parlatene con i vostri genitori, non sottraetevi ai giudizi senza pregiudizi. Perché da qui si alimenta il rapporto tra le generazioni, la continuità degli eventi storici tra presente e futuro. Come nel giorno di una lezione speciale, in una giornata particolare.
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