Francesco Cocco
L’altra sera abbiamo ricordato Nuto Pilurzu in una sala affollata di compagni ed amici e anche di giovani che hanno solo sentito parlare di lui. Molti gli interventi, preceduti dalle parole appassionate di Francesco Cocco. Eccole.
Società Sarda, il periodico che Nuto ha contribuito a fondare ed a sostenere, ha deciso di organizzare questo incontro non per celebrare ma per evidenziare quel che egli ha lasciato a ciascuno di noi.
In qualche modo il riconoscimento del debito ideale che ciascuno di noi ha nei suoi confronti Perché avere un incontro con lui, soprattutto quando quell’incontro si fondava sull’ amicizia, era un modo per apprendere, era un’ occasione unica per arricchirsi sul piano intellettuale ed umano.
Sia chiaro che riconoscere il debito non significa estinguerlo ma solo impegnarci a far vivere i valori che hanno guidato la sua vita e che egli ci ha insegnato.
Quindi, giova ribadirlo, l’incontro di oggi vuol essere un un semplice momento di riflessione promosso unitamente a due blog, Il Manifesto sardo e Democraziaoggi, diretti da persone, Marco Ligas e Andrea Pubusa, molto vicine a Nuto.
Se volessi e dovessi attenermi agli schemi delle celebrazioni dovrei parlare della sua biografia intellettuale e professionale. Ma, ripeto, non siamo qui per questo. Tuttavia qualche cenno dobbiamo pur farlo. Diversamente dovremmo parlare di astratte virtù, di valori senza la concretezza dell’ uomo.
Ho conosciuto Nuto 60 anni or sono nella sede della Federazione Giovanile Comunista in via Roma. Teneva la relazione ad un gruppo di giovani militanti in preparazione della diffusione di materiale politico nelle scuole di Cagliari . Lo ricordo sotto un grande ritratto di Eugenio Curiel, il giovane scienziato martire della Resistenza, fondatore del Fronte della Gioventù.
In qualche modo quel ritratto era la sintesi di un programma di apertura verso i comuni valori della lotta antifascista. Quell’ immagine di Nuto mi si è fissata in mente al pari di un articolo dello statuto della federazione giovanile, forse il primo, indicato nella tessera consegnatami da Nuto. Quell’ articolo poneva come dovere di un giovane militante quello di essere un “cittadino esemplare”.
Certo mi rendo conto che oggi può suonare retorico ma allora, in un clima di feroce anti-comunismo, esprimeva una volontà di lotta. Un modo per contrapporsi a certi luoghi comuni, e per rifiutare l’epiteto riferito ai comunisti di “reietti della società”. Rifiutare questi luoghi comuni significava porsi il dovere di cercare di essere i migliori. E Nuto per tutta la vita è stato un cittadino esemplare.
Esemplare a cominciare dal suo ruolo di studente. Aveva interrotto gli studi universitari per fare il funzionario di partito, una scelta che ben presto abbandona perché comprende che forse il ruolo “rivoluzionario” (uso parole e categorie degli anni ‘50) può essere meglio assolto vivendo appieno la vita ed i ruoli della società.
Nuto era stato uno studente bravissimo anche al liceo . Il prof. Ramagnino in un articolo su l’Almanacco di Cagliari apparso negli anni sessanta, lo ricorda tra i migliori allievi del Dettori.
Dopo la parentesi del funzionariato di partito (essere “rivoluzionari di professione” era la locuzione del tempo) , riprende gli studi e diventa subito un mito: qualcosa come 8 esami sostenuti brillantemente alla prima sessione. Sto parlando di esami in una Facoltà dove la preparazione avveniva su manuali di centinaia di pagine, con professori severi, che rifiutavano qualsiasi forma di faciloneria.
Certo era la notevole intelligenza ad aiutarlo negli studi. Una grande intelligenza che si accompagnava ad una ferrea volontà. Ed ad una capacità di concentrazione veramente eccezionale. Più tardi sul finire degli anni Sessanta ho avuto modo di sperimentarla. L’ho accompagnato in un uno studio di radiologia nel corso Vittorio Emanuele. C’era da aspettare ed io dopo pochi giorni dovevo sostenere le prove di un concorso: mi ero portato un libro con difficili (almeno per me) calcoli matematici. Nuto leggeva un quotidiano, io cercavo di capire il testo del mio libro. Un po’ per distrarlo (ricordo che aveva lancinanti dolori allo stomaco) un po’ perché conoscevo il non comune livello della sua intelligenza, gli chiesi di risolvere una formula di econometria per me così ostica. Dieci minuti di concentrazione e Nuto mi spiega l’arcano. “Tu sei come Tommaso d’Aquino – gli dissi- che dicono sia stato operato mentre era intento a leggere un libro di Aristotele”. Si schernì ma riuscì a strappargli un sorriso
Ho voluto ricordare questo episodio di mezzo secolo fa, perché qui è la sintesi della sua personalità: disposto ad aiutare anche nei momenti di sua personale difficoltà.
Nuto era un mito non solo come studente ma come militante politico. Erano gli anni in cui l’editore Einaudi pubblicava i quaderni di Gramsci. Avevo acquistato il volume sul “moderno principe”. Vi si affronta, tra gli altri, il problema dell’ egemonia. Nuto mi ha fatto capire cos’è l’egemonia . Me l’ha fatta capire non con astratti discorsi ideologici ma col comportamento concreto, con l’esempio. Era il compagno egemone, l’amico egemone. Colui che era capace di guidarci perché il più disponibile, sempre disposto ad aiutare, il primo ad esporsi nelle difficoltà.
Credo d’aver capito quelle non facili pagine di Gramsci perchè le ho viste tradotte in comportamenti concreti. Nuto era il capo perché era l’antitesi di qualsiasi forma di “caporalismo.”
Questo rapportare le categorie politiche ai comportamenti concreti, la coerenza tra principi e loro applicazione nella quotidianità, questo suo rifiuto di essere un “padre Zapata che predica bene e razzola male” , avverto che pur esso è stato un grande insegnamento, un debito morale e di vita che ho contratto nei suoi confronti. Una categoria della quale, in questo generale crollo di principi etici, continuo a servirmi per navigare nelle difficoltà d’orientamento ideale.
Questo suo insegnamento negli ultimi lustri mi ha aiutato a capire come nascono i dispostimi grandi e piccoli, come basti un tycoon a creare la genesi degli autoritarismi di vario genere. Come poi esso diventi l’humus in cui sguazzano i cortigiani e dove si creano i potenziali fascismi. Vespasiano ha detto “pecunia non olet”. Sbagliatissimo perché il danaro emano un profumo che seduce gli spiriti deboli e li trasforma in spiriti servili.
Nuto avrebbe potuto ricoprire ruoli politici ed istituzionali di primo piano. Perché questo non è avvenuto? Il discorso sarebbe complesso, sarebbe necessaria un’analisi sulla storia del PCI sardo. E non è certo la finalità di questo nostro incontro. Era indubbiamente uno dei quadri migliori espressi dal Partito comunista negli anni cinquanta e sessanta. Era troppo bravo per amalgamarsi al quadro dirigente del tempo.
In fondo è quel che accade anche oggi, e forse è sempre accaduto. Chi è a capo tende ad emarginare i migliori, ha paura che gli facciano ombra. Oggi siamo all’ apice di queste distorsioni, ma già 40, 50 anni fa cominciavano a delinearsi, pur senza giungere ai livelli patologici del momento presente.
Sento spesso ripetere un’espressione nel linguaggio politico che suona “Tizio è uomo di “ che indica una sorta di servaggio politico. Era tale il carisma di Nuto che per molti si sarebbe potuto dire, senza una valenza negativa è un uomo di Nuto Pilurzu”, ma credo che egli se ne sarebbe adombrato, tale era il rispetto che egli nutriva verso i suoi compagni di lotta.
Nuto si è impegnato a combattere queste distorsioni con quella che, alla fine degli anni sessanta, è stata in sedicesimo una piccola “riforma protestante”, come in altre occasioni mi è capitato di definirla. Rivoluzione protestante in senso positivo perché finalizzata alla rottura di schemi ossificati ,talvolta dogmatici, chiusi all’innovazione.
Mi riferisco alla “rivoluzione del manifesto” che sull’onda del sessantotto mirava a rompere sistemi politici in cui, come più tardi ebbe a dire Enrico Berlinguer, erano “cessati gli effetti propulsivi della Rivoluzione d’ottobre”. Io credo di poter enucleare gli effetti positivi di quella pagina anche se ne rimasi fuori. Ma non Siamo qui per rivisitare la nostra storia.
Quel che m’interessa sottolineare e che io vissi quella stagione in una posizione politica differenziata da quella di Nuto. Ma per nulla il nostro rapporto di amicizia fraterna ne ha risentito, neppure per un istante. E questo perché era estraneo alla mentalità di Nuto l’arroccamento su posizioni pregiudiziali. Era aperto e capace di comprendere e rispettare le posizioni altrui.
La tolleranza, il rispetto, il garbo, il rifiuto di creare ruoli di potere fondati su posizioni politiche erano il suo costume morale, erano caratteristiche della sua personalità politica ed umana.
Caratteristiche che ho ritrovato quando abbiamo esaminato il documento costitutivo di Società Sarda. C’è un passo in cui si parla di dialogo che per produrre i suoi migliori frutti impone di entrare nelle ragioni altrui. Ricordo che quando parlai con Nuto di dialogo, di tolleranza mi disse che bisognava andare oltre.
“La guerra dei trent’anni e finita da un pezzo – mi disse- la pace di Westfalia è di tre secoli fa, Voltaire ed il suo Trattato sulla Tolleranza non bastano più, bisogna andare oltre, occorre capire quel che motiva l’ altro”. E così nacque la frase “entrare nelle ragioni dell’ altro” del nostro documento costitutivo. Poi queste ragioni si possono condividere o respingere ma è sciocco ignorarle.
Tutto ciò non significa che Nuto fosse animato da una visione irenica che tutto vuol conciliare. Non dobbiamo dimenticare che Nuto era essenzialmente un combattente che mai si è arreso di fronte alle difficoltà. Respingeva con garbo ma con altrettanta fermezza posizioni che riteneva deteriori.
Tutte queste qualità Nuto le ha espresse nella professione. Nei quasi due lustri in cui ho avuto la fortuna di lavorare con lui ho avuto modo di apprezzare lo scrupolo con cui istruiva le cause, la sintesi unita alla completezza dei documenti, la chiarezza delle tesi.
Ne ammiravo la pazienza con il cliente, lo scrupolo e l’onestà con cui gli esponeva la situazione. L’invito a desistere quando riteneva le ragioni e gli interessi non sufficientemente fondati. Per Nuto la professione era in qualche modo la prosecuzione del suo impegno politico. Quanto volte l’ho visto dare consulenze su questioni complesse a persone di modeste condizioni economiche, ed il tutto senza il minimo compenso.
Talvolta, scherzando, gli rimproveravo d’avere la vocazione del giureconsulto romano che riceveva come unico compenso la salutatio mattutina. Mi rispondeva con un sorriso e tornava al lavoro. Un impegno di lavoro che talvolta era iniziato alle 5 del mattino, anche perché poi doveva ricevere uno stuolo di amici che si aggiungevano ai clienti professionali.
Nuto era restio nel chiedere ma estremamente generoso nel dare. Ricordo che quando prendemmo la decisione di fondare un periodico politico e culturale gli dissi “ caro Nuto dobbiamo combattere ancora una battaglia” Sapevo che non si sarebbe tirato indietro. E così fu che il giorno
della costituzione della associazione, piattaforma organizzativa della rivista, si presentò con un elenco di 80 abbonamenti. Ottanta abbonamenti pesanti perché ciascuno costava 35 mila lire. Sto parlando di un ventennio fa.
Né , pur così restio, si tirò indietro quando gli chiedemmo di presiedere l’incontro per la presentazione del numero speciale sulla giustizia curato da Enrico Dessì.
Ma Nuto non era solo politica e professione. Era un uomo a 360° gradi che alle virtù intellettuali univa un grande amore per la terra ed il mare. Un grande amore per la natura.
Nella faticosa preparazione degli atti processuali, che spesso preparava a casa in uno studiolo molto simile ad una cella monacale, si riservava qualche margine di tempo per la coltivazione dell’ orto.
Visitare quell’ orto vuol dire capire molti aspetti della sua personalità. Non era solo un hobby ma in qualche modo un’ estrinsecazione della sua personalità, basti pensare all’ ordine perfetto che vi traspare, alla precisione, alla diligenza che vi poneva, e che poneva in tutte le cose.
Poi il grande amore per il mare, la sua passione per la pesca. Insomma un tuffarsi nella natura per viverla totalmente.
Si dice che dietro ogni grand’ uomo vi è una grande donna. Nuto è stato un uomo a 360 gradi perché ha avuto la fortuna di avere affianco a sé una compagna eccezionale qual è Linetta. Due personalità che si sono integrate ed arricchite vicendevolmente.
Caro Nuto non ti potrò consultare per darmi suggerimenti sul voto del 25 maggio , così come da tempo facevo ad ogni consultazione elettorale. In questo caos dovrò orientarmi in solitudine senza più il conforto del tuo giudizio. Farò appello ai valori che mi hai insegnato e so che essi continueranno a vivere in tanti di noi. E’ un modo perché tu continui a vivere e ad affiancarci nella nostra fatica quotidiana.
E questo dico perché non esiste solo il moltiplicatore keynesiano dell’ economia. Esiste anche, e forse è molto più importante, un moltiplicatore delle azioni positive. Così sono certo che quel che di positivo Nuto ha saputo insegnare potrà ancora dare e moltiplicare i suoi effetti positivi.
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