Gianna Lai
La prima volta che senti il Bolero di Ravel dal vivo, dall’Orchestra del Lirico di Cagliari, non sembra neanche vero. Sempre diversamente suggestivo nelle interpretazioni dei grandi autori, così dal vivo è ancora un’altra cosa, un diverso ascolto. Perchè ti sembra di vedere il suono, e come quel suono si combina con gli altri, in un solo strumento prima, con tutta l’orchestra poi, in quel tamburo protagonista messo al centro del palco, centrale nell’armonia e nell’anticipazione di un’attesa che dura l’intero brano. E prepara il motivo, e sviluppa il ritmo, più lento, meno lento, veloce, in un crescendo insistente, sempre più alto, altissimo. E crea una sorta di tempo sospeso, che non viene meno anche quando la musica si apre completamente ai toni forti, prepotenti, e così prepotentemente ripetuti, estenuanti, come ossessivi, nel cambiamento continuo dell’espressione poetica. E’ l’intenso racconto di un bolero che potrebbe non avere mai fine, non concludere, una sensazione quasi naturale, immediata, per quel rincorrersi dei fiati e dei violini, ora solo pizzicati, ora nel suono più pieno, e dei bassi e delle percussioni, e di tutti gli strumenti chiamati a raccolta, quasi che, senza aspettartelo, il finale travolgente ti prendesse alla sprovvista. In quel tema sempre uguale e che si sviluppa e cresce, segnando man mano l’intensità del nostro coinvolgimento, c’è la musica del Novecento che diviene popolare, per averne saputo interpretare modi e cambiamenti, e che crea un nuovo, sorprendente classico della sinfonia, nella sua originalità e forte attualità. Ci sia qualcuno del pubblico a dire no, non mi è piaciuto, doveva essere eseguito così e cosà, come fa spesso chi se ne intende, tutti contenti, ancora tutti presi e pure un pò emozionati. Ed infatti gli applausi son stati lunghisssimi, accompaganti da esclamazioni di apprezzamento e di gioia, il direttore Damian Iorio più volte richiamato, e i musicisti del Lirico di Cagliari, uno per uno indicati e lodati dal maestro, e invitati ad alzarsi per prendere, ciscuno, la propria giusta dose di gloria. Se ne dovrebbe rendere obbligatorio l’ascolto nelle scuole, nei luoghi di lavoro e dove la gente vive, nei cortili, nei giardini e nelle piazze dei paesi e delle città d’Europa. Per una musica di tutti, da conoscere, da insegnare e da imparare.
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