Caro Tore, cosa ti aspettavi da Gesuino?

19 Marzo 2014
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Amsicora

Caro Tore,

dopo alcuni giorni di tormentata riflessione mi son deciso a scriverti. Ti confesso, non mi stupiscono le tue dimissioni da segretario nazionale dei Rossomori, mi ha sorpeso la tua adesione al partito di Gesuino. A far esplodere la tua reazione, l’altro giorno, è stata l’indicazione quale assessore all’agricoltura dell’imprenditrice Elisabetta Falchi. L’hanno cucinata il presidente Pigliaru e Gesuino Muledda e chissà chi?, senza che tu, segretario, ne sapessi nulla. E tu e una parte dei rossomori chiedete ragione di questa scelta. Perché in giunta una persona non iscritta ai Rossomori né vicina politicamente al sovranismo? Da più parti si fa anzi notare come la Falchi, presidente di Confagricoltura, abbia sempre avuto simpatie di destra. Muledda contro tutti, verrebbe da dire, in una resa dei conti con te, che spacca il partito proprio il giorno dopo un buon risultato atteso da tempo e a cui tu hai lavorato con l’abituale serietà e impegno.
Ora vedi, caro Tore, io non mi sorprendo di questo epilogo, ma sento verso di te un qualche senso di colpa. Sì perché io, conoscendo Gesuino, intuivo che sarebbe andata a finire così e, per la stima che ho per te, per il tuo valore, per i comuni trascorsi politici, avrei dovuto metterti in guardia. E non l’ho fatto.
Gesuino fa parte di quella pattuglia di personaggi che, trasversalmente, pretendono di fare e disfare, con alterna fortuna, la politica regionale da trent’anni. I loro canali di comunicazione e d’intesa seguono percorsi insondabili, muovono da un’idea padronale della politica. La loro aspirazione alla satrapia è risalente. Se ne rinvengono le tracce già nel PCI, dove, però almeno fintanto che il partito resse, vi era il bilanciamento della vecchia guardia e di una base ancora vivace e combattiva. Poi, disfatto il partito comunista, ognuno ha preso la sua strada. si è posizionato secondo il proprio tornaconto politico. Chi nel PDS-DS-PD, chi nelle forze minori (Rifondazione-Sel), chi nel PSDAZ, chi nelle altre forze medie. Altrettanto è avvenuto per chi ha vissuto la diaspora democristiana o socialista: Margherita-PD; PSI-PD oppure centrodestra, PSDAZ o forze intermedie. Fra di loro è rimasta però sempre un’interlocuzione con propensione all’intesa sotterranea in ragione della forza di ciascuno e della contingenza. La trasversalità in certi settori si è tradotta in una vera e propria spartizione, retta da una regola condivisa: 60% al satrapo di maggioranza, 40% a quello di opposizione. E viceversa in posizioni di forza invertite. Se ben ci pensi questa regola è statatrasfusa nella legge elettorale regionale: 60% dei seggi a chi vince, 40% a chi è secondo, gli altri fuori dalle palle! All’improvviso, qualche tempo fa. è comparso in scena uno col piglio di voler fare piazza pulita, e invece si è solo aggiunto a loro. Ed ora è fra coloro che ha deciso la squadra di governo e in conto del quale siede in giunta qualcuno degli specialisti… della genuflessione.
Putroppo, in questa isola triste, nessuno fa analisi politica e storica sulle nostre vicende. Se lo si facesse, seriamente  e con rigore, verrebbero fuori delle cose interessanti sul trucco sotteso al gioco politico in Sardegna. Il teatrino delle finte contrapposizioni verrebbe messo a nudo insieme al trasversalismo, fondato su un comune sentire immorale o amorale perché in fronde agli elettori, che precede di decenni quello nazionale ora evidente fra PD e PDL-FI.
Bene, caro Tore, tutto questo avrei dovuto dirtelo quando ti sei avvicinato a Gesuino nei Rossomori. Avrei docuto metterti in guardia. Ma, a mia discolpa, c’è l’esimente che un giovane come te è giusto che faccia le sue esperienze e capisca le cose direttamente, magari sbattendoci il muso, come ti è capitato nei giorni scorsi.
Non a caso, vedi lo stesso copione in Sel: lì addirittura la satrapia è alla seconda generazione, posto che l’omologo di Gesuino ha avuto il suo successore. E così è esploso platealmente il conflitto che da mesi divide in due il partito: da una parte Uras, dall’altra Piras (con Massimo Zedda a sostegno del primo e la mancata assessore Lilli Pruna al secondo). Anche lì la nomina di Claudia Firino all’assessorato alla pubblica istruzione ha segnato la rottura di una pace apparente all’interno di un partito, ormai in via di implosione e in cui i giochi di potere sono proiettati ad un futuro che vede una parte dentro il PD e l’altra alla ricerca di una improbabile ricostruzione di una seinistra non subalterna a Renzi.
L’unico partito minore che regge alla prova della giunta è il Partito dei Sardi di Paolo Maninchedda, novello assessore ai Lavori pubblici. Ma la ragione non è diversa. Paolo per ora non ha  un contraltare interno forte, e fa e disfa a proprio piacimento, nei suoi mirabolanti salti acrobatici da uno schieramento all’altro. Oggi qui domani là, come nella canzone! Quando anche lì ci sarà qualcuno robusto, saranno scintille.
Caro Tore, ti confesso infine che la mia analisi sul nuovo esecutivo era fino all’altroieri più “ottimista”. Pensavo che l’implosione sarebbe stata rinviata di qualche tempo, mitigata dalla soddisfazione dell’esito drogato dalla legge elettorale, ma positivo delle elezioni. Ma in politica ciò che non si fonda su salde radici sociali e di principio salta in aria al primo impatto con la gestione del potere. Senza il saldo legame dei principi, eliminata la mite e solidale pratica della democrazia interna, prevale l’istinto animalesco della forza e della prevaricazione. Questo dice già quale sarà il percorso di questa giunta, dove la debolezza politica dei componenti si accompagna alla rozza pretesa dei capibastone di riferimento di accordarsi fra di loro e di esercitare il comando sostanziale. Del resto, se si sono accordati nella scelta degli assessori, ancor più lo faranno nelle decisioni importanti. Ne vedremo delle belle nelle prossime nomine nei posti di sottogoverno.
No, caro Tore, non esistono scorciatoie alla costruzione di una sinistra che torni ai grandi ideali dell’uguaglianza e della democrazia, alla lotta radicale per un’alternativa al capitalismo ad una prospettiva politica fondata sulla socialità e, si può  ancora dire?, su idealità socialiste. In questa battaglia i politicanti di tutti i colori sono i nostri avversari. E’ un lavoro di lunga lena, ma non ci sono altre strade. Le tue dimissioni, nel piccolo, ne sono una conferma.

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