La ragione delle passioni. Bodei agli “amici del libro”

23 Febbraio 2014
3 Commenti


Gianna Lai 
I miti e i significati della parola a sostegno del pensiero filosofico e, per definire le passioni,  i grandi personaggi di tutta la cultura antica e moderna. Entra nella nostra esperienza il discorso di Remo Bodei, si introduce nel nostro modo di essere,  così pigramente attestato su consolidate credenze, che vengono ribaltate rapidamente dal confronto diretto con le storie e le interpretazioni. E apre il cammino a nuove forme di conoscenza,  a nuove attese, a nuove domande, le cui risposte risultano affatto scontate.  Passio è la passione di Cristo, Cicerone  aveva chiamato le passioni perturbatio animi,  la passione  tempesta dell’animo. Allo stesso modo Agostino, la nostra mente simile a uno specchio d’acqua  che,  non  turbata da venti, riflette l’ anima.  Ma se l’acqua è intorbidata,  finiamo preda della cecità, della follia temporanea, schiavi di un padrone esterno,  che è  noi, e che fa uscire l’uomo ‘fuori di sè’. L’ira , l’offesa di qualcuno, il dolore per l’umiliazione,  che si accompagnava in Aristotele a pensieri di vendetta, al desiderio di vendetta, secondo una passione declinata al futuro, perchè succeda qualcosa che vogliamo ardentemente.  Ma in realtà non alterano  la calma le passioni, nè esiste grado o animo imperturbabile cui si aggiungono  le passioni, amore, invidia, ira.  E lo stato d’animo tranquillo, secondo noi  punto di arrivo, è invece il risultato di un processo, il risultato di tutta una civiltà, che ha contrastato con sforzi titanici i moti dell’animo. Nè è esistito all’inizio lo stato d’animo tranquillo, per poi essere perturbato, nè la ragione è il tiranno che tiene a bada la passione, in quanto ambedue convivono, in  una cooperazione conflittuale, antagonista, perchè non c’è passione senza ragione, e viceversa. La ragione, logos legato all’umile radice di legumi, è ciò che si raccoglie e si mette insieme,  la ratio viene dalle le pietruzze con cui si facevano i conti, pensare e parlare in greco. La ragione come qualcosa di compatto, ma non è così. Essa è articolata, collegata alla passione. Non esiste un’ immacolata percezione, o ragione o passione e, come c’è cambiamento nel mondo dei sensi, così nella razionalità, che è sempre accompagnata da una certa emozione. E le etichettiamo come qualcosa di prorompente le passioni, a differenza delle emozioni che non   ci trascinano, ed è la musica che può bene spiegare  l’intreccio emozione e ragione, in questa sua convivenza stretta fra il vago e l’esatto matematico. Allo stesso modo non c’è opposizione ragione-passione, ordine disordine. Se, ad esempio, ‘vado in bestia’ (secondo un’espressione codificata) quando un amico dimentica di portarmi un documento che aspettavo, irrazionali sono le passioni perchè è spropositata la reazione. Ma se questa reazione è la saturazione di tutte le frustrazioni della mia vita, un lascito di lungo tempo, allora è commisurata la reazione,  perchè non è più in rapporto con il singolo evento. Hanno una loro logica le passioni,  mettono insieme ‘quello che c’entra e quello che non c’entra’, e mentre la logica della ragione è analitica, la logica della passione è sintetica: complementari e antagoniste le due logiche. 
Avendo in questa parte dell’intervento messo in discussione con efficacia idee e convinzioni del presente e del passato, Bodei riprende il quadro generale e ricorda che ira fu la prima parola della nostra cultura, l’ira di Apollo, che fa strage nell’Iliade, e di Achille, che non sa controllare le passioni. Mentre già Ulisse, tra i Proci,  al cuore che ‘gli latrava come una cagna’, ‘taci mio cuore’, diceva, ed è il  primo segno di controllo sulle passioni. Non logos contrapposto a passioni, ma astuzia, e la ragione è astuzia di dilazione. Il punto importante è che la civiltà ha tentato di bonificare istinti e passioni con varie strategie, da Aristotele agli  Epicurei agli Stoici,  ponendo il ragionamento contro le passioni. Le tragedie greche e il logos per dominare il terrore della vita. E l’anima come la biga alata tirata dal cavallo nero non controllabile, ovvero delle passioni, e il cavallo bianco obbediente all’auriga, ovvero della ragione. Fino all’età moderna quando, con Cartesio, tutte le passioni sono buone, e si rimette in discussione  tutto quello che si predicava in passato.
Ma esistono passioni malvage da curare, sono manovrabili le passioni? I latini parlano di temperanza, possibilità di equilibrare le passioni,  giocando  le une contro le altre. Per gli stoici la lotta contro le passioni è determinante,  perchè sono perversioni della ragione. E dopo le persecuzioni dei cristiani, è il  platonismo rigoroso a prevalere. Digiuni, cilici, frustate, per compiere l’ascesi verso l’alto attraverso il dolore del  corpo, da cui nasce la catalogazione delle passioni, i 7 peccati capitali.  Tutte le grandi passioni verranno recuperate solo in seguito, il piacere onesto del Valla, l’elogio della pazzia di Erasmo (mentre Lutero, come i cattolici, condanna le passioni, cancro della ragione per lo stesso Kant), e poi ancora nel Settecento. 
 Ma è nella passione declinata al futuro, il desiderio appunto, che può essere rappresentato il mondo contemporaneo e la realtà in cui, non sempre in maniera consapevole, ci troviamo ad operare. Sviluppando nell’ultima parte del discorso il passaggio storico centrale che prepara  tempi moderni e nuove mentalità, Bodei dice che  nelle società relativamente povere, poveri sono i desideri, mentre  nello stadio del consumismo contemporaneo, se  restano le stesse le passioni,  moltiplicati risultano i desideri, ora che  c’è la possibilità di realizzarli. E adesso la lettura critica del filosofo  entra direttamente nei meccanismi del sistema industriale per coglierne con precisione i tratti fondamentali, quelli che determinano il cambiamento degli uomini e del modo di intendere l’esistenza stessa. Per smaltire una produzione ormai divenuta imponente,  rispetto alla capacità di acquisto della popolazione, nel 1840 gli economisti francesi inventano il consumismo.  Bisogna alimentare i desideri, consumare (da cumsumere, che vuol dire impilare, impilare la merce nei grandi mercati), e introdurre sistemi per far consumare. Nasce il Bon Marchè nel 1852, il primo supermercato, e la grande disponibilità di merci abbassa il prezzo unitario, facendo aumentare il numero dei compratori, ed anche il desiderio di comprare. E mentre i grandi supermercati distruggono i piccoli bottegai,  nascono le vetrine nel 1902, che espongono la merce e invitano a entrare nel negozio, e nel 1935 il carrello. Nel 1957 la carta di credito, e poi la pubblicità e le tv commerciali dei nostri giorni, che alimentano ancora il desiderio di comprare. Nella storia del Novecento, dal taylorismo al fordismo, gli operai restano appendici della catena di montaggio ma, con l’aumento dell’occupazione, aumentano sempre di  più le vendite. ‘Esplodono’ i desideri e, dalla passione  ai desideri,  questa  diviene la nuova tendenza anche nell’ambito dei rapporti personali e sentimentali. Un mondo di desideri in cui sembra che ciascuno realizzi se stesso, e qui la critica si fa particolarmente dura,   perchè  la realtà è ben diversa, e diviene invece  necessaria, dice il filosofo,  una strategia di compensazioni per le delusioni cui si va necessariamente incontro. La millenaria educazione della Chiesa sulle passioni continua ad avere  un suo peso, mentre la scolarizzazione di massa dispensa  conoscenze che non sviluppano  le capacità di controllo sulle passioni.  Si può intravedere nel  discorso finale di Bodei uno specifico riferimento alle responsabilità di questo degrado quando, a  seguito della perdita dell’etica pubblica  di gestione delle passioni, lui parla di   una gestione della nostra personalità legata al modello del fai da te, che si afferma pericolosamente dapertutto. In termini sociali e politici, le passioni sono forza vivificante, dice, ma la debolezza dell’etica pubblica impedisce che le nostre passioni siano indirizzate in termini pubblici. E la politica degradata dall’aggravarsi delle diseguaglianze ne è il segno  più grave, dice Bodei rispondendo alle domande degli Amici del libro, se in Italia ci sono 2 milioni di giovani che non studiano e non lavorano, quando è la scuola che  garantisce coesione sociale e sviluppo delle capacità di controllo sulle nostre passioni. Ma non ci si può aspettare tutto dalla politica, conclude, e  dovremmo, senza demonizzare il consumismo su cui questo mondo si fonda, abituarci finalmente a vivere in modo diverso.
Come se una  consapevolezza nuova che si accompagni a nuova conoscenza,  possa consentire alla filosofia stessa di restituire significato alle azioni dell’individuo, in un mondo frastornato, caotico, che ha  bisogno appunto delle passioni per recuperare l’ordine. 

3 commenti

  • 1 luisa mereu
    23 Febbraio 2014 - 13:06

    Bellissimo resoconto,d’altronde Bodei è il filosofo della geometria delle passioni. Filosoficamente mi piace sopratutto il passaggio in cui si mette in risalto che senza passione non c’è razionalità o almeno non entra pienamente in funzione “l ‘auriga”. Platone stesso ritiene ,contariamente a Socrate ,che l’anima non sia una essenza unica ma suddivisa in tre parti. E nonostante da Platone ci separino secoli di vita ,questa tripartizione risulta essere sempre attuale e presente anche se indubbiamente cambia il contesto socio -economico nel quale essa si trova a dover operare.

  • 2 maria teresa lecca
    23 Febbraio 2014 - 19:35

    Grazie, Gianna, per il tuo resoconto così ricco di riferimenti e spunti per riflettere. Apprezzo molto la modalità dei filosofi di sviluppare la loro trattazione a partire dagli antichi. In questo modo ci viene restituita una conoscenza che attraversa i secoli e i millenni e dà sostanza al nostro mondo. Ci dà parametri per misurare e parole per capire.

  • 3 clara murtas
    9 Marzo 2014 - 10:29

    Peccato aver perso la conferenza! ma grazie a te la lacuna è stata colmata. Cara Gianna complimenti per questa bella sintesi … magari mi piacerebbe parlarne ancora. A presto. Clara

Lascia un commento