Ugo ha perso. Se Francesco ha vinto è da vedere.

18 Febbraio 2014
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Amsicora

Compagni ed amici, credetemi, una cosa soltanto è certa: ha perso Cappellacci. Che Pigliaru abbia vinto è tutto ancora da vedere. Certo seggi ne ha preso tanti. In questa ruolette che è il sistema elettorale sardo, apparecchiato dal PD e dal PDL nel giugno scorso, Pigliaru si è preso i voti suoi, quelli di Michela Murgia e anche quelli di Mauro Pili. E così le liste-acare che gli si sono appiccicate adosso per grattare qualche seggio non dovuto vanno in Consiglio in funzione subalterna, mentre chi ha il diritto di fare l’opposizione perché, orgogliosamente, si è presentato da solo, pur con decine di migliaia di voti rimane fuori. Una opposizione, che solo dio sa quanto necessaria, zittita, imbavagliata. Un furto di democrazia. Un’appropriazione indebita o, se preferite, una forma speciale di peculato legalizzato dagli stessi malandrini che si appropriano di voi e seggi che gli elettori hanno assegnato ad altri. E’ il gioco delle tre carte, codificato nella legge elettorale per prendere, col trucco, tutto il banco. Ora è toccato a Pigliaru, domani toccherà ad un altro della destra. E il gioco continuerà, fine a se stesso, come modo condiviso di predare le istituzioni.
Ma, riprendiamo da capo, Cappellacci ha certamente perso, ma Pigliaru ha vinto? E’ presto per dirlo. Governerà senza il consenso dei sardi, di cui ha la maggioranza assoluta in Conaiglio, con soltanto il 20% dei consensi dell’intero corpo elettorale. E se non si pensa che i problemi possano essere risolti dall’allto, ma implchino una forte mobilitazione popolare, un lavorio di persone in carne ed ossa in ogni postazione sociale, questo è già un deficit da colmare. Fantasmi inquietanti, poi, si materializzano e volteggiano intorno al neopresidente. Un esercito d’indagati gli si è stretto intorno apparentemente per festeggiarlo, in realtà pensando di far festa con incarichi e prebende. Soru addirittura, per l’occasione, ha enunciato un credo nuovo di zecca, inusuale e sorprendente nelle sue labbra. Non quello autocratico della sua presidenza: il popolo mi ha votato, io e solo io sono la vox populi, la voce dei sardi. No, questo valeva per se stesso. Ora è d’uopo un’altra filosofia: Pigliaru deve rapportarsi ai partiti della coalizione, perché - così ha detto l’ex Presidente - sono i partiti, secondo la Costituzione, lo strumento per formare la volontà politica. E’ da lì che viene  l’energia che imprime alle istituzioni il moto e la direzione. Tradotto in lingua italiana: caro Pigliaru, abbiamo vinto tutti insieme; ti abbiamo scelto noi, non metterti nella testa di fare senza di noi e di aprirti agli altri, devi dividere con noi il potere che il voto, grazie a noi, ti ha assegnato. E’ la Barracciu, in  sintonia, ha rivelato a Videolina: nel fare un passo indietro sono stata io a sceglierlo. Negano che è Francesco con la sua faccia pulita che li ha salvati. Finita l’ora di ricreazione delle elezioni, i sardi tornino alla loro sudditanza, ora si torna a fare sul serio, a gestire il potere e questo, caro Francesco, dicono gli avvoltoi, è affar nostro, è cosa nostra. 
Non so come la pensiate voi, secondo me queste sono minacce belle e buone per il buon Francesco. Un richiamo forte della foresta, anzi della giungla, che è oggi il PD. Ecco perché mentre so che Ugo ha perso, non so se il prof. ha  vinto. Per vincere deve respingere l’abbraccio di molti di coloro che oggi si sono stretti intormi a lui. Deve cercare certo punti d’appoggio, ma deve trovarli nelle funzioni importanti e vitali della società e delle istituzioni sarde, nel mondo del lavoro anzitutto, lontano dai riti e dalle manovre delle consorterie del PD e della coalizione.
Volete, che vi dica la mia? Penso che Pigliaru abbia molte probabilità di non farcela, tanto è vischioso e degradato l’ambiente che gli sta intorno, tanto grandi sono gli ostacoli interni, prima di quelli esterni, terribili posti dalla crisi sarda. Però - come suol dirsi nelle situazioni disperate - l’ultima a morire è la speranza. In questo caso, ad onor del vero, più che speranza ci vuole fede. Sissignori, una convinzione fondata non sulla ragione, ma sul desiderio. Cosa volete che vi dica. Rimaniamo fiduciosi che Francesco, come il santo, possa fare il miracolo! Ma evitiamo, per favore, di non vedere in quale ginepraio si è cacciato e da quali insidie dovrà difendersi. E tutto questo mentre deve affrontare problemi complessi, con poteri e risorse limitate. Se lo chiede, dategli una mano. Speriamo che lo faccia. 

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