Amsicora
L’altro giorno Gianni Filippini, in un fondo su L’Unione sarda, ha discettato delle “Ragioni e i torti degli indecisi“. Parlava degli elettori ovviamente. Non credo l’abbiate perso. Ma chi non se l’è goduto tutto intero è bene lo faccia. Qui posso solo darvi le conclusioni, una chicca ”La politica ha anche buoni intepreti, si possono fare scelte consapevoli, Elevato dal voto al ruolo di protagonista, nessun cittadino può condannarsi a fare lo spettatore distratto e indifferente“. Che saggezza! Che lezione di civismo! Che pagina di alto giornalismo! Quello vero, quello che forma!
Ma il giornalista, prima di formare, non deve informare? E prima d’informare, non deve informarsi? Certo, direte voi, ma che c’entra tutto questo con l’editoriale di Filippini? C’entra, c’entra! Se avesse letto la legge elettorale e sapesse un po’ di sistemi elettorali il buon Gianni avrebbe anche saputo che la legge elettorale sarda, approvata l’estate scorsa, dà la maggioranza assoluta a chi raggiunge almeno il 25% dei voti e ne prende uno in più delle altre liste. E gli altri? Il secondo raggruppamento prende il resto. E il terzo. Niente, se non raggiunge almeno il 10% dei voti. E’ una disciplina . secondo voi - fatta per contenere l’astensione o per incentivarla? Per chi votano le minoranze sicure di non superare la soglia di sbarramento tanto da non presentare lista? E coloro che non vogliono far convergere il proprio voto sui grandi schieramenti, su B. o Renzi? Certo, Filippini non s’immedesima, neppure gli viene l’idea di essere parte di una minoranza, che so? di un’avanguardia politica-intellettuale. Che cosa sono le minoranze? Gruppi di presuntuosi masochisti astratti e inutili! Se non si adeguano e insistono, meglio farli fuori. Anzi, no! Si fanno fuori da sé. Uccisi dalla loro superbia intellettuale o dall’integralismo etico. E allora di che preoccuparsi? Se la sono cercata!
Chiedere a Filippini di adombrare un’incostituzionalità della legge elettorale sarda, per alcuni versi non dissimile dal porcellum, è come chiedere ad un gatto di volare. Eppure la Costituzione dice che il voto è uguale. E lo ha detto anche la Consulta nella sentenza che ha demolito il porcellum. Uguale in entrata, nell’urna, e in uscita, nella trasformazione del voto in seggi. Si può correggere il proporzionale, ma non stravolgere con premi che falsano la volontà popolare, che impediscono la rappresentanza anche a minoranze corpose. Ma queste son cose astratte, da legulei e filosofi, il buon Gianni fa semplice e sensata educazione civica, pensa a convincere i distratti, gli indifferenti e gli indecisi. Parole sue. Non gli è nemmeno passato per la zucca che molti di costoro non sono per nulla distratti. Anzi sono molto attenti, certo più di lui. Non sono indiffernenti, anzi sono molto impegnati, almeno quanto lui, E non sono indecisi, anzi sono fortemente determinati. Non dico che siano la parte migliore della società, ma certo non sono la peggiore. Privati del diritto di voto dalla legge elettorale che impone loro di votare chi avversano, usano l’unica arma che gli è rimasta il giorno del voto: si astengono. Danno un segnale forte: non in mio nome, not in my name. Resistono, come possono. Ma per Filippini il diritto di resistenza è votare quelli che ti opprimono, idealmente e, spesso, materialmente. Resistenti sì, ma con la sindrome di Stoccolma!
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