Il 30 ottobre tutti in piazza in difesa della scuola pubblica

26 Ottobre 2008
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Cristian Ribichesu

Il 30 ottobre Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda, e in generale insegnanti, personale ATA, genitori, e tutte le persone contrarie al decreto-legge 137/2008, scenderanno in piazza per contrastare gli interventi del Governo sulla Scuola, che in definitiva si concretizzano in una manovra indiscriminata di tagli. Queste sigle sindacali, oltre la revisione del suddetto decreto-legge, chiedono l’apertura di un tavolo negoziale per individuare insieme gli sprechi, salvaguardare la qualità della Scuola e la professionalità di coloro che vi operano, rinnovare il contratto collettivo nazionale di tutto il personale scolastico e tutelare il personale precario, intervenendo sul turn-over e sul pensionamento.
Probabilmente erano anni che non si vedeva una tale mobilitazione trasversale a favore della Scuola e, indipendentemente dal fatto che l’adesione allo sciopero sia una decisione personale, dettata dalla coscienza di ognuno, è giusto dire che questo, che per legge deve tendere alla protezione e promozione degli interessi collettivi dei partecipanti, è uno strumento dei lavoratori, un diritto garantito dall’art. 40 della Carta Costituzionale della nostra Repubblica, dal Codice civile e penale e dagli articoli 15 e 28 dello Statuto dei lavoratori del 1970 e, nel caso della Scuola, servizio pubblico essenziale, ulteriormente disciplinato, e limitato, nell’ottica altruistica e della convivenza sociale, attraverso le leggi 146/90 e 83/2000.
Se viviamo in un mondo d’incertezze, non vi sono dubbi, invece, sui numerosi problemi che da tempo intaccano il sistema dell’Istruzione, dall’abbassamento dei livelli qualitativi delle lezioni fino al mancato riconoscimento socio-economico della classe docente. Ne consegue, e ne conseguiva, il bisogno di una riforma. Questa, però, non può esistere senza la consultazione di tutte le parti in causa, anche e soprattutto degli operatori tecnici  del settore, e neanche con la diminuzione dei finanziamenti, peraltro costantemente ridotti, in proporzione al Pil, dal 1990 fino ai nostri giorni, in uno dei settori nevralgici per il miglioramento di tutto il sistema Paese.
Rincresce sentire, poi, che il ministro all’Istruzione dica di non potersi far carico del precariato, dato che questo è fatto da persone che hanno impegnato parte della vita in studi, spendendo risorse e tempo, superando concorsi nazionali o corsi-concorsi, SSISS, e in questo caso studiando ulteriormente per altri due anni, affrontando 300 ore di tirocinio e pagando ulteriori tasse universitarie.
Sicuramente ora non si può ragionare sul chi ha fatto cosa e quando, quanto sul richiedere le dovute migliorie, per gli alunni, e quella tutela del lavoro, per gli insegnanti e per il personale tecnico, che gli stessi lavoratori scolastici auspicano da anni, indipendentemente dalle posizioni politiche, perché la difesa della Scuola deve interessare tutti.
Il diritto al lavoro (art. 4) e allo studio (art. 34) sono tutelati dalla Costituzione, che,  viste le amnesie che sembrano investire una parte del Paese, è giusto ricordare; inoltre,  l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e la sovranità appartiene al popolo (art. 1); tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge (art. 3); l’Italia riconosce e promuove le autonomie locali (art. 5) e lo sviluppo della cultura e della ricerca scientifica e tecnica (art. 9); tutela la libertà di pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione e la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni e censure (art. 21); l’arte e la scienza sono libere, come ne è libero l’insegnamento (art.  33).
Insomma, non minacciando l’intervento della polizia, ma solo con un confronto democratico di tutte le parti in causa, e nel rispetto dei principi fondamentali della Costituzione italiana, si potrà arrivare al corretto ripensamento del sistema dell’Istruzione, come alla migliore amministrazione e crescita dell’intera nazione.

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