Gianna Lai
Usa la carta geografica Enzo Collotti, e ritorna spesso nelle sue citazioni ai documenti del tempo, per parlare della guerra fascista in Grecia e in Iugoslavia agli studenti cagliaritani dell’Università e delle Scuole superiori, che gremiscono l’Aula del Corpo aggiunto nella Giornata della memoria.
Le carte geografiche per spiegare come il Nuovo Ordine Mediterraneo avrebbe dovuto rappresentare lo specifico contributo italiano alla guerra dell’Asse, in una sorta di divisione del lavoro tra la Germania nell’Europa continentale e l’Italia sul mare. La documentazione storica per capire quanto fu violento il regime di oppressione creato dagli italiani in Grecia e in Iugoslavia. Gli Atti dello Stato Maggiore tedesco per spiegare come la volontà della Germania fosse di non lasciare spazio all’Italia, in una competizione tra nazismo e fascismo che è chiave di lettura di tutta la vicenda balcanica, e preludio di ciò che accadrà dopo l’8 Settembre. E spiega lo storico, in questo continuo richiamo ai documenti del tempo, quali fossero i termini reali di un confronto tra le due nazioni, che decretò la guerra parallela già morta sul nascere. E come i Rapporti italiani sull’andamento della guerra in Grecia, descrivano in modo impressionante la sofferenza della popolazione nella carestia del 1941-42 quando, in particolare ad Atene, la gente moriva di fame nelle strade, per grave responsabilità dello Stato Maggiore italiano stesso. E di come siano importanti le testimonianze letterarie, prima fra tutte il libro di Mario Rigoni Stern ‘Quota Albania’, sugli orrori di quella guerra e la sofferenza dei soldati italiani, malamente armati, e senza viveri e vestario adatti a sopportare il rigido inverno. E poi cita sempre i dati storici il professore, sulle stragi e le deportazioni e sul numero dei soldati morti, che danno a chi ascolta la proporzione di questa immane tragedia, nel contesto di una guerra dove a pagare sono le popolazioni civili e gli indifesi . Così si ricostruisce la storia di quel territorio nel mezzo del conflitto, così gli studenti apprendono come si legge criticamente la vicenda europea, attraverso il lavoro d’archivio e il confronto tra le fonti, la comparazione dei dati, e la contestualizzazione degli eventi. In un continuo lavoro di ricerca che vede la comunità scientifica sempre impegnata a discutere e a trasmettere nuove conoscenze. In un appassionato continuo ritorno al presente, come è avvenuto l’altra sera nella relazione del professor Collotti, per dire che della Shoà oggi interessa comprendere il passaggio dall’intolleranza alla distruzione fisica di intere comunità. Per dire che l’intolleranza del nostro sistema politico attuale esprime troppe manifestazioni in tale direzione, legate al modo di essere del nostro paese nei confronti di qualunque tipo di minoranza. E che Lampedusa è il nostro presente, e da Lampedusa bisogna ripartire, mantenendo lo sguardo critico sul nostro passato, col quale ancora non abbiamo fatto i conti.
Una guerra parallela, nella considerazione di Mussolini, quella contro la Grecia, secondo obiettivi specificamente italiani, vecchi, covati dall’ala estrema dell’imperialismo e dei nazionalismi della Prima guerra mondiale, per un’espansione nei Balcani e nell’Adriatico che avrebbe dovuto diventare subito dopo mare chiuso italiano. E secondo obiettivi nuovi, se Ciano diviene nel ‘39 il vero protagonista dei rapporti con l’Albania, quale contributo alla realizzazione delle aspirazioni dinastiche di casa Savoia e di Vittorio Emanuele III, che dell’Albania sarà re, mentre a capo delle isole ioniche si designa un altro membro della famiglia, così come a capo del Commissariato del Montenegro. La guerra di Ciano in Grecia, il 28 Ottobre del 1940, avrebbe dovuto essere l’inizio di una campagna vittoriosa con cui l’Italia prendeva piede nell’intero settore. Ma fu da subito chiaro che tale guerra disturbava i progetti dei nazisti, impegnati nell’Europa orientale e interessati quindi a mantenere calmi i Balcani, per poi scatenarvi l’attacco a tempo debito. Una delle operazioni più sciagurate del regime fascista la campagna in Grecia, una tomba per i soldati italiani, mal equipaggiati e privi di vestiario adeguato, di cibo sufficiente, di armi sufficienti. Col destino segnato da un clima impossibile, che li avrebbe visti morire in massa per congelamento. E non servì a cambiarne le sorti l’arrivo dei gerarchi, come Grandi e Gorla, su ordine di Mussolini. L’avanzata dei greci, che spingono con forza in mare gli italiani, fu fermata dalla Wermacht e la pretesa di svincolarsi dalla Germania fu un boomerang, che mise ancor di più in ridicolo il regime già screditato.
L’aggressione italiana del territorio iugoslavo nasce invece dopo la sua ribellione all’accordo tripartito e, nella distruzione del vecchio ordine, sconvolge un settore importante del Continente europeo, dando origine a spartizioni che inaspriscono i conflitti latenti e ne provocano di nuovi. Vi si avventano Bulgaria e Ungheria. La Germania si annette la parte settentrionale della Slovenia, mentre la Serbia diviene suo protettorato, e L’Italia occupa la provincia di Lubiana e un pezzo di Dalmazia, e crea un nuovo regno di Croazia, una sorta di stato vassallo della Germania, nelle mani di Pavelic.
In realtà l’invasione della Grecia e della Iugoslavia trova argine nell’opposizione dei greci ma, sopratutto, nella volontà della Germania di togliere ogni spazio all’Italia che, se veniva lasciata fare sul piano politico, non aveva alcuna possibilità di accedere alle risorse economiche del territorio, saldamente in mano tedesca. Materie prime agricole e minerarie, come attestano i documenti, e braccia per il lavoro coatto, da deportare a centinaia di migliaia in Germania. E spiega il professore come nasce in questo momento il mito degli italiani brava gente, degli italiani che hanno protetto gli ebrei dalla persecuzione nazista e croata. Nasce, la leggenda, dalla fuga degli ebrei verso la zona occupata dagli italiani, che li accolsero non perchè gli italiani non fossero antisemiti, ma per un atto di ribellione contro i nazisti, per non voler sottostare alle imposizioni tedesche. Come avvenne anche a Salonicco, con l’intervento del Console Zamboni, che cercò di dare agli ebrei la nazionalità italiana. E tuttavia Salonicco fu completamente svuotata della colonia ebraica, e i tedeschi vollero distruggerne totalmente la memoria, costruendo l’Università sul cimitero ebraico distrutto. Secondo i dati degli storici, e si avvia alle conclusioni il professor Collotti, la Shoà in questi territori ha voluto dire la scomparsa di quasi tutti gli ebrei. In Albania, dove erano poche centinaia, in Iugoslavia, su 70-80 mila, sessantamila deportati e uccisi, in Grecia, 60mila su 70mila. La guerra parallela ha voluto dire distruzione delle comunità ebraiche e divampare di odi razziali e politici incontrollabili, se anche l’arcivescovo di Zagabria è da segnalare tra i protagonisti degli scontri religiosi e politici a fianco degli Ustascia. Scontri di una violenza inaudita che, dopo l’8 Settembre 1943, dopo la scomparsa della flebile presenza italiana, ebbero campo libero contro le popolazioni civili indifese. L’esatto contrario di ciò che immaginava il regime, mentre la morte in massa dei soldati per congelamento allargava il dissenso contro il fascismo in Italia, insieme al bombardamento inglese della flotta nazionale sul porto di Taranto, nel novembre del ‘41.
Una ricostruzione chiara e dettagliata delle vicende nei territori occupati dalle truppe italiane e tedesche sulle rive dell’Adriatico, così importante da approfondire proprio in questa Giornata dedicata alla memoria. Sono i temi della guerra e del fascismo a suscitare l’interesse dei partecipanti, ma le domande dei giovani gettano uno sguardo anche all’Italia di oggi, e riflettono sui nuovi razzismi e sulle ideologie reazionarie che attraversano l’Europa. E mettono in relazione malessere sociale e crisi economica, perchè sempre il discorso storico induce alle riflessioni sul presente, e sa interpretare il suo tempo lo studioso, dimostrando sempre una visione ampia e articolata della complessità di questo nostro mondo.
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