Gianni Ferrara a domanda di Sandra Bonsanti risponde
La bozza licenziata dai saggi qualche tempo fa sulle riforme istituzionali suscita le preoccupazioni di molta parte dei giuspubblicisti democratici. Anche se al momento si tratta di un atto preparatorio privo di ricadute concrete, questo rapporto ci indica quali sono gli umori nella maggioranza di govenro. Gianni Ferrara, auorevole costituzionalista democratico, manifesta le sue preoccupazioni sulla bozza del comitato guidato dal ministro Quagliariello in un’intervista a Left, il settimanale distribuito il sabato con l’Unità, appuntando soprattutto l’attenzione sulla forma di governo di cui i saggi hanno discusso. Ecco cosa dice.
Professor Ferrara, cosa pensa della relazione dei saggi?
Da una prima lettura, già emergono preoccupazioni e dissensi. Il superamento del bicameralismo è risolto in ordine al rapporto di fiducia col governo ma non lo è affatto per quanto attiene alla composizione del Senato,
perché restano in piedi due o tre opzioni sul modello da scegliere.
La relazione si è data il compito di mettere nero su bianco le alternative. Non fa scelte, che spettano al Parlamento. È soddisfatto della mediazione sulla forma di governo?
Sembra che sia recessiva la sciagurata opzione per il semipresidenzialismo, ma non è detto che la soluzione prevalente riguardante il «governo parlamentare del primo ministro» possa soddisfare, perché si vuole configurare il premier in modo da realizzare il massimo della personalizzazione del potere. Si vuole infatti
costituzionalizzare l’indicazione del candidato premier nelle liste per le elezioni della Camera dei deputati.
I saggi sostengono che questa bozza rafforzerebbe anche il Parlamento: le risulta?
No, è un falso. Oltre alla personalizzazione, il potere che assume il primo ministro è abnorme perché mira a dirigere sostanzialmente l’attività della Camera dei deputati.
C’è chi dice che la legge “a data certa” risolverà il problema del disordine legislativo e ridurrà il ricorso ai decreti. È d’accordo?
La commissione propone di costituzionalizzare i divieti ai decreti previsti dalla legge 100 del 1990. E questo è un bene. Ma il potere che si attribuisce al premier è francamente inaccettabile, perché i meccanismi volti ad accelerare il processo legislativo sono già presenti nel sistema parlamentare e appartengono alla maggioranza.
Attribuirli invece al premier significa non soltanto comprimere il Parlamento ma mortificare la maggioranza. La verità è che si mira a rovesciare il rapporto tra Parlamento e governo: si vuole fare in modo, cioè, che il governo
non sia più l’esecutivo delle leggi approvate dalla rappresentanza parlamentare, ma che il Parlamento diventi strumento della legislazione a disposizione del primo ministro.
Cosa pensa della sfiducia costruttiva?
Questa è una salvaguardia del Parlamento. Non vedo come la si possa conciliare con la candidatura a premier decisa in sede elettorale.
Il suo giudizio sul documento è critico, quindi?
È critico per quanto riguarda la non soluzione della questione del bicameralismo e per quanto riguarda la forma di governo: pur essendo prevalsa la forma parlamentare, la bozza attribuisce poteri eccessivi al primo ministro. Tanto più se il primo ministro dovesse essere quello risultante dalla designazione del partito che ottenga la maggioranza, dato che nessun sistema elettorale può determinare l’obiettivo di una maggioranza politica predeterminata rispetto al voto.
Per questo i saggi suggeriscono il ballottaggio di coalizione. Cosa pensa di questo meccanismo?
Mi domando: in caso di tre schieramenti elettorali di comparabile consistenza, come si può pensare di eliminare il terzo appena meno forte del secondo? Così facendo si escluderebbe dalla decisione sul premio di maggioranza una parte notevolissima del corpo elettorale.
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