Octavio Abarca Castelli
Sulla vittoria di Michelle Bachelet alle elezioni presidenziali cilene, ecco una riflessione del nostro “corrispondente” da Santiago.
Las mujeres la llevan.
E’ un detto dei giovani cileni per dire che é il momento di qualcuno, in questo caso delle donne. Ebbene il fatto che siano state due donne di spicco nella politica cilena, Michelle Bachelet ed Evelyn Matthei, a contendersi la presidenza della repubblica sta a dimostrare, non a caso, che le donne in questo paese stanno avendo un riconoscimento non solo a livello istituzionale, per cosí dire, ma soprattutto a livello della società intera.
A confermare questa tendenza è la presenza sempre più numerosa di donne nelle alte cariche del governo, magistratura, sindacati, movimenti studenteschi e sociali. Un dato significativo, e che la presenza nelle università delle studentesse è piú alta di quella dei maschi. Sono più numerose e piú brave si dice.
Un aneddoto interessante su questo confronto elettorale. Le due candidate si conoscevano da bambine, di fatto entrambe erano in quegli anni figlie di generali dell’aeronautica militare. Al tempo del golpe il generale Bachelet aveva un incarico nel governo di Allende mentre il Generale Matthei comandava l’accademia di guerra. E’ stato in questo luogo che dopo il golpe il generale Bachelet e stato selvaggiamente torturato ed é poi morto. Il destino capriccioso ha voluto che le loro figlie si confrontassero adesso come candidate alla presidenza della repubblica nel Cile democratico.
Ormai, finita la campagna elettorale, come previsto, Michelle Bachelet rappresentante di una coalizione ampia di centrosinistra chiamata Amplia Mayoría, dove convergono settori indipendenti di centro e di sinistra, socialdemocratici, partito comunista, socialisti e democristiani é risultata eletta con oltre il 62% dei voti su Evelyn Matthei, rappresentante della coalizione di destra. Un risultato senza precedenti nella storia democratica del Cile per l’ampiezza della vittoria. Il peso del carisma di Bachelet e la fiducia che inspira nella gente sono stati fondamentali in questa vittoria.
La particolare novità di queste elezioni, come l’elezione parlamentare ha lasciato intravedere, e’ che l’intero asse della politica cilena si è spostato a sinistra, ed entro le stesse coalizioni hanno vinto le forze piú a sinistra nel caso della centrosinistra o piú liberali nel caso di quella di centrodestra. Un fatto significativo e indicativo dei tempi di risveglio sociale che il Cile ha sperimentato negli ultimi anni e’ stato l’ingresso in parlamento dei rappresentanti dei combattivi movimenti studenteschi come Camila Vallejos, Karol Cariola, Giorgio Jackson, tutti appena laurati, e dei movimenti sociali come Ivan Fuentes e Gabriel Boric rappresentanti delle regioni patagoniche, persone che solo un anno fa manifestavano nelle strade portando avanti le richieste di una educazione gratuita e di qualità o di una Patagonia pulita e senza dighe contaminanti, per preservare una natura eccezzionalmente bella e unica nel pianeta.
D’altro canto per la prima volta dal ritorno alla democrazia, il partito comunista partecipa alle elezioni come parte della coalizione del centrosinistra, aiutandola a conquistare un numero maggiore di seggi parlamentari e aumentando a sua volta fino al doppio i suoi rappresentanti in parlamento. Il timore della destra che l’inclusione del Partito Comunista Cileno nella coalizione di centrosinistra potesse aiutare questo raggrupamento a conquistare seggi chiavi in parlamento si é avverato. Per evitare l’integrazione dei comunisti nella nuova coalizione di centrosinistra e continuare così a mantenerlo isolato, il governo di destra cileno con l’appoggio del governo colombiano di Uribe, avevano cercato di costruire false accuse nei confronti del Partito Comunista, attribuendogli la responsabilitá di partecipare con le guerriglie colombiane ad un traffico di soldi e droghe. Queste accuse si sono rivelate presto false e denunciate dallo stesso Partito Comunista come una provocazione inaccettabile e propria dei metodi usati dalla dittatura di Pinochet per screditare e isolare i propri oppositori, metodo d’altronde molto usato ai tempi del fascismo in Italia.
Adesso il nuovo governo di Bachelet e la coalizione di centrosinistra ampliata che la sostiene, potrà contare per la prima volta, in più di vent’anni, su di una maggioranza in parlamento che le consentirà di portare avanti molte riforme importanti, come quella tributaria, sanitaria, elettorale e della educazione. Questa maggioranza in parlamento, sebbene importante, non sarà sufficiente per fare una riforma radicale della costituzione ereditata da Pinochet e sopratutto non sarà sufficente per cambiare la legge elettorale la quale permette alla destra, da sempre minoranza nel paese, con un terzo dei voti di bloccare riforme importanti e necessarie per il paese. La riforma della costituzione, é la nuova parola d’ordine della sinistra e sará rilevante nel dibattito politico dei prossimi anni. E’ opinione anche di settori importanti della destra più liberale che la costituzione debba essere cambiata, per consentire alla società cilena di essere meglio e più giustamente rappresentata in parlamento. Dentro la coalizione di centrosinistra e specificamente nei settori più conservatori della Democrazia Cristiana cominciano ad alzarsi voci che chiedono accordi con la destra per approvare le riforme chiave del programma di Bachelet . Da sinistra si spinge per rispettare gli impegni presi nel programma di governo offerto da Bachelet al paese nella campagna elettorale e per un referendum popolare che insieme alla creazione di una Assemblea Costituente possa modificare la costituzione.
Questa richiesta è anche fatta con insistenza da un insieme di partiti e movimenti di sinistra e ambientalisti che si sono presentati alle elezioni nella prima fase elettorale, al di fuori della coalizione di centrosinistra e che hanno ottenuto nel loro insieme un non trascurabile 15% dell’elettorato. Questo elettorato nel secondo turno si è riversato totalmente su Bachelet permettendole di essere eletta con un risultato eccezionale.
Michelle Bachelet avrà solo quattro anni per fare le importanti riforme che ha promesso in un contesto economico che si preannuncia meno favorevole per i prossimi anni e d’altra parte si dovrá confrontare con una società più vigile, combattiva, esigente e certamente meno propensa a scusare i compromessi accomodaticci che alla fine non cambiano nulla, come risultarono essere le disastrose riforme dell’ educazione fatte in vent’anni di governi di centrosinistra. L’educazione e la sanità nel Cile attuale sono in uno stato fortemente difficile e neccessitano di un pronto e radicale intervento. Questa richiesta di riforme non nasce solo da una forte pressione sociale e si manifesta come una esigenza di giustizia e solidarietà verso la stragrande maggioranza della societá, ma essa si rende necessaria per permettere di fare un salto di qualità nello sviluppo economico del paese il quale e ancora basato principalmente sulla produzione ed esportazione di materie prime. Il paese adesso deve cominciare ad investire nella sua gente per potere crescere.
Il Cile e’ entrato da poco a far parte dei paesi OCSE, definito anche come il Club dei paesi ricchi, e la parte interessante di questa sua appartenenza e’ che i parametri con i quali il paese si deve misurare sono quelli dei paesi piú avanzati. Per fortuna ci sono dei buoni esempi in Europa ai quali il Cile si puó rapportare se vuole e pretende di essere parte di una comunitá piú civile e democratica. La sfida di Bachelet e del suo governo sarà interessante da seguire e dal suo risultato dipenderà la sua credibilità e quella del centrosinistra. Questa volta non ci saranno margini di errore da tollerare. Le speranze depositate su Bachelet sono molto grandi e frustrare queste speranze avrebbe un costo molto alto.
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