Parlando con De Mauro della Costituzione

21 Ottobre 2008
2 Commenti


Andrea Pubusa

Lui ha appena finito la relazione ed esce a fumare. Approfitto ed esco a telefonare. E così mi trovo faccia a faccia con Tullio De Mauro, il grande linguista, l’intellettuale democratico rigoroso, indimenticato Ministro della Pubblica Istruzione. Mi presento e gli dico subito che ho disertato un Convegno sulla mia materia, il diritto amministrativo, con annesso pranzo. E gli confido che non mi son pentito della scelta. Diserto spesso questi incontri, anche perché si dicono cose che già so. E se imparo, imparo poco. Mentre la sua lezione sul “Linguaggio della Costituzione” è ricco di suggestioni anche per il giurista. Non mi pento così neppure di aver disertato il mare in un sabato mattina ancora estivo.
Parliamo della vita difficile della Costituzione oggi e dei rischi all’orizzonte. Mi dice che i guasti sono venuti anche dalla nostra parte, da quando D’Alema ha pensato di poter riformare la Carta col Cavaliere. Osservo che oggi c’è un’erosione dal basso con le tante ordinanze dei sindaci-sceriffi: contro i nomadi, contro i lavavetri, contro i migranti ed altri ancora. Sgomberi, taglio dell’acqua, divieto di creare luoghi di culto, di sedere nelle pubbliche panchine in più di tre, un vero scemenzaio tenuto insieme dalla manifesta violazione delle libertà costituzionali, dal feroce attacco ai più deboli. Per di più bipartisan, come anche nel caso dei governatori, tutti ormai coinvolti in una propensione monocratica, da Lombardo a Formigoni, da Bassolino a Soru. Tutti a muso duro contro le assemblee elettive e le comunità locali. Lui concorda e mi ricorda che tutto ha avuto inizio dalla sciagurata riforma del titolo V ad opera del centrosinistra. “Un vero scempio anche linguistico della Carta”, soggiunge.
La sigaretta è finita. Non posso fare a meno di fargli una confessione. Mi son chiesto, mentre svolgeva la sua bellissima relazione: com’è possibile che noi del centrosinistra e della sinistra abbiamo in questi anni ottenuto il mirabile risultato di far sedere nella scrivania ministeriale che fu di De Mauro, nientemeno che la Gelmini? Una donna che, per passare l’esame d’avvocato, è andata a Catanzaro, come tutti i furbetti con le orecchie lunghe sfornati dalle nostre Facoltà di Giurisprudenza. Lui sorride. Ci salutiamo e lo ringrazio per le cose che lui linguista ha insegnato anche a me giurista sulla Costituzione.
Sono 1357 le parole della nostra Costituzione e “il 93 per cento del testo è composto dal vocabolario di base della lingua italiana”. Così ha descritto la semplicità e la modernità della nostra Carta fondamentale Tullio De Mauro nel corso del convegno “Parole e Costituzione”, organizzato dal Giscel cagliaritano nel salone del Palazzo viceregio. Una intelligente iniziativa per celebrare il sessantesimo anniversario della Carta fondamentale.
Al dibattito hanno partecipato, oltre a Tullio De Mauro, docente di linguistica generale, Silvana Ferreri, linguista, dell’università di Viterbo, Andrea Deffenu, costituzionalista dell’Università di Cagliari, Gilberto Ganassi, magistrato, Luisa Milia, segretaria Giscel Sardegna. A coordinare gli interventi Cristina Lavinio linguista dell’Ateno cagliaritano. Un racconto della Costituzione nel quale il punto di vista della linguistica e del diritto si sono incontrati in un’assemblea affollata di docenti e di studenti e di note figure della magistratura cagliaritana. Democratici sempre in prima linea nelle battaglie per la Costituzione, a partire dall’applicazione nei giudizi: Mauro Mura, ora Procuratore della Repubblica, ma ieri responsabile di “Magistratura democratica” in Sardegna, “Giangia” Pisotti, presidente di sezione del Tribunale, Anna Cao, responsabile dell’Ass. Naz. Magistrati sarda.
Tema comune agli interventi la chiarezza e la comprensibilità di una Carta scritta un sessantennio fa, in opposizione al linguaggio oscuro e spesso incomprensibile della legislazione attuale. “L’autorevolezza e l’autorità di un testo riposa sulla capacità di vivere in più epoche, la durata si lega anche al registro linguistico”, ha sottolineato Andrea Deffenu. L’attenzione alla semplicità di linguaggio è spiegabile nella “comune coscienza” dei padri costituenti “di dover fare qualcosa che dovesse essere utile ai cittadini comuni”. Per Ganassi “la limpidezza del testo della Costituzione deriva da una chiara percezione dei valori sulla quale si doveva fondare la vita democratica della Repubblica”. E ricorda che leggi anticostituzionali e sentenze ingiuste hanno un tratto comune: sono mal scritte ed oscure.
L’esempio linguistico della Costituzione dovrebbe essere il punto di partenza per ogni atto legislativo che voglia essere comprensibile non solo agli addetti ai lavori. “Una frase deve essere formata da meno di 25 parole” per essere chiara ed efficace, ha ricordato Tullio De Mauro. E il testo del ‘48 ha frasi composte, in media, da 20 parole.
Il grande linguista ha rievocato il clima propositivo che si respirava nell’Assemblea Costituente e in questo contesto ha spiegato lo sforzo di chiarezza dei padri costituenti. Volevano essere capiti dall’uomo comune, dall’operaio al contadino, dal cuoco alla casalinga, dal medico all’ingegnere. Un testo per i cittadini, non per gli addetti ai lavori, giudici e avvocati.
Un racconto colorato di ironia e leggerezza che ha mantenuto vivo l’interesse di un pubblico variegato per due ore. Interesse segnalato dai calorosi applausi finali.
Un testo, quindi, con caratteristiche che consentono ad esso di vivere oggi senza sostanziali modifiche. Deffenu, riguardo a possibili cambiamenti, ha osservato: “se si pone il problema della modifica del linguaggio preferisco tenerlo come è. Per quanto riguarda la sostanza, sono possibili modifiche alla seconda parte ma con molta prudenza”. E ricorda lo spirito del referendum costituzionale del 2006, che, battendo la revisione voluta da Berlusconi, ha dato nuova legittimazione popolare alla Costituzione. Cristina Lavinio, in chiusura, auspica invece una maggiore attenzione da parte dell’opinione pubblica: “si parli di più della Costituzione”. E certo non le si può dar torto.

2 commenti

  • 1 Carlo Dore jr.
    21 Ottobre 2008 - 11:02

    Caro Professore,
    penso che questo sia il migliore tra gli articoli pubblicati da Democrazia Oggi da quando il sito è operativo.
    Complimenti sinceri,
    C.

  • 2 Ivana Pisola
    28 Ottobre 2008 - 21:51

    Condivido l’emozione del giorno. Ero presente insieme a una terza del Pertini. Al professionale per fortuna s’insegna Diritto e la Costituzione è il nostro costante punto di riferimento, soprattutto in seconda. Leggere la Costituzione, in particolare la parte prima, è un piacere condiviso, le/i studenti finiscono sempre per apprezzarla e a provare il gusto di citarla. Allora penso con rammarico a quelle scuole superiori in cui il Diritto non è previsto, e mi rattristo per l’occasione persa.

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