Alberto Rilla
Ringrazio per il “fine giurista”, col prof. Pubusa siamo amici da un pezzo e mi vizia coi complimenti. Sono stato casomai un giudice che cercava di fare bene le sentenze, e avendo quella formazione, e non dovendo guardare in faccia alcun colore politico né alcuna simpatia quando si trattava di pronunciare sentenze, ho sviluppato una certa intolleranza per i casi in cui il diritto, che come diceva un grande giurista del passato “è letizia”, viene piegato alla ragion politica.
Non mi riferisco certo allo sciocchezzaio giuridico con cui gli avvocati di Berlusconi ci hanno deliziato - se ci sono lettori ferrati in procedura penale, consiglio vivamente la lettura della nota sentenza del giudice Esposito, vedendo quali argomenti hanno tirato fuori i legali di B. c’è da torcersi dalle risate - ma a cose un po’ più piccole, che comunque suscitano risate amare.
Ricordo, l’anno scorso, che dinanzi alla vicenda dell’incredibile commemorazione neofascista il 25 aprile, c’erano in giro qualcuno, anche nell’area democratica che per evidenti ragioni di realpolitik quasi quasi davano ragione ai fascisti, ammettendo poi candidamente di non conoscere la giurisprudenza in tema di “saluti fascisti”; in quell’occasione pubblicai una nota su Facebook, che ebbe una qualche diffusione, cercando di mettere le cose al loro posto, ed è indubbiamente stata una notevole soddisfazione constatare che nei successivi casi analoghi la Questura di Cagliari si è comportata con le celebrazioni “a rischio fascismo” in modo addirittura più rigido rispetto a quanto peroravo.
Per questa vicenda del Lirico, è accaduto lo stesso.
Ha suscitato tenerezza leggere qua e la giovani intelligenti, preparati e sicuramente puliti cimentarsi in affermazioni degne di Zelig, come quelle secondo cui “il sindaco nomina il sovrintendente” o le bizzarre teorie sugli organi collegiali stroncate dal Tar.
Ma qui il punto è proprio squisitamente politico, e riguarda la coerenza che chiunque sia investito del compito di occuparsi del bene comune sa manifestare quando si tratta di “legalità”, che per me non è qualcosa di moralistico - non lo è mai stato neanche quando facevo il giudice - bensì applicazione corretta, imparziale e sistematica della legge, “legalità costituzionale” potrebbe dirsi per correttezza sul solco di un felice concetto di Antonio Ingroia (”Partigiani della Costituzione”).
Sappiamo che la prassi in tema di nomine, dalle Fondazioni Liriche all’Autorità Portuale, per finire col Garante della Privacy, ci ha fatto sempre vedere mirabilia giustificabili solo alla luce della ragion politica: non è solo il fatto della Crivellenti, prima sovrintendente nella storia del Lirico dopo i tempi di Fofo Falqui a non avere competenze specifiche in materia di organizzazione musicale, né quello del medico Massidda chiamato a occuparsi di porti e di navi, anche un dermatologo al Garante della Privacy cosa ci fa quando la legge impone ampie conoscenze in diritto e/o informatica … bella domanda, eh?
Da chi è di sinistra, ma più in generale potrebbe dirsi da chi ha un concetto ben chiaro di legalità, ci si attende che non ci si adatti a queste prassi per pura ragion politica, ma si privilegino criteri di assoluta competenza in aderenza alla lettera della legge. Poco importa il fatto che il sovrintendente dell’Arena di Verona abbia addirittura infinitamente meno requisiti della signora Crivellenti, NON E’ A QUESTO CHE CHI E’ DI SINISTRA PUO’ GUARDARE!!!
Per il resto si, anch’io, da ex segretario della Fgci per cui, nella sua età giovanile, era considerato un miraggio per un giovane addirittura il consiglio comunale - tentai di arrivare solo in circoscrizione ma fui fregato da un accordo tra correnti che esistevano eccome anche nella fase terminale del PCI - avevo visto l’occasione di vedere un giovane che sembrava dinamico e dalle idee brillanti, e soprattutto di sinistra, nelle stanze muffite di palazzo Baccaredda, come la realizzazione di un sogno di gioventù represso da decenni.
Purtroppo già le premesse non sono state incoraggianti, con le scelte discutibili, per competenze specifiche, di molti assessori, e con la constatazione che nell’ambito dell’entourage stretto del sindaco la fedeltà canina e l’appartenenza di partito (se non addirittura di corrente, giacché in Sel ci sono tante persone validissime sottoutilizzate in città) venivano privilegiati sulla competenza e soprattutto sull’indipendenza di giudizio.
Ma credo e spero che Massimo ce la possa ancora fare, se qualcuno riesce a convincerlo che asserragliarsi in un fortino settario, confondere la giusta imparzialità con una certa mancanza di rispetto nei confronti del proprio elettorato, muovere su doppi binari a seconda che si tratti del Lirico oppure del Poetto, e soprattutto convincersi che la competenza ad amministrare la cosa pubblica nasca semplicemente dal mandato elettorale (un po’ alla maniera di Berlusconi) e non necessiti dei consigli di nessuno - mica chiunque ti dice che sbagli o cerca di indirizzarti per il meglio cerca poltrone o fa il lobbista, eh Massimo - non è affatto il modo migliore di perseguire il bene comune. Anche Enrico Berlinguer, in condizioni simili, avrebbe commesso errori.
Mi auguro che lo si comprenda, per il bene non tanto della sinistra cittadina, ma soprattutto dei cittadini e dei cagliaritani tutti.
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