Antonello Murgia
I dati più recenti, approssimati per difetto, raccolti dal DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) sulla salute percepita in carcere, mostrano un quadro allarmante: solo il 20% dei detenuti risulta in buona salute (contro il 61% dei cittadini liberi: dato ISTAT 1999-2000), mentre il 75% versa in condizioni mediocri o scadenti ed il 4-5% in condizioni gravi.
Peraltro, era quanto meno improbabile che un servizio sanitario organizzato all’interno del Ministero della Giustizia privilegiasse le logiche di salute su quelle di controllo/ordine pubblico. Perché, se gli operatori sanitari dipendono gerarchicamente dal direttore del carcere ed il servizio sanitario dal DAP, le priorità saranno stabilite da chi, per professione e cultura vede nel detenuto l’individuo condannato per un reato più che un cittadino che esprime bisogni. E sappiamo quanto invece sia importante il contributo dell’utenza nel percorso di qualità dei moderni servizi sanitari. In questo non ha giovato anche il retaggio di secoli del carcere inteso come luogo di espiazione piuttosto che di recupero e riabilitazione. Ciò ha comportato una forbice crescente fra il SSN e le prestazioni sanitarie fornite ai cittadini liberi da un lato e il SSP (Servizio Sanitario Penitenziario) e le relative prestazioni ai detenuti dall’altro.
Poiché il problema era culturale e organizzativo, anche l’immissione di risorse economiche e professionali produceva risultati inferiori all’impegno profuso. Ed il quadro è diventato infine allarmante quando le leggi finanziarie hanno individuato anche nel SSP il luogo nel quale ridurre una spesa pubblica elevata.
Nel frattempo, però, sollecitata dai partiti democratici, dai sindacati, da varie organizzazioni della società civile, aveva cominciato a prendere corpo la riforma del SSP, che venne sancita con il D.Lgs. 230/1999 nel quale la salute dei cittadini reclusi cessava formalmente di essere materia di competenza del Ministero di Grazia e Giustizia e del DAP per passare al SSN e alle sue articolazioni territoriali. In materia di tutela della salute, la riforma del titolo V della Costituzione (L. Cost. n. 3/2001) ha poi devoluto alle Regioni una potestà legislativa concorrente (allo Stato è rimasta la determinazione dei principi fondamentali).
Il precedente Governo Berlusconi mostrò ben poco entusiasmo alla riforma del SSP: per sollecitarne l’impegno, nel 2003 è nato il “Forum nazionale per l’applicazione della Legge 230/1999″. Nel 2005 la Regione Toscana ha rotto gli indugi e, prima in Italia, ha approvato la L. Regionale n. 64, mettendo in mora il governo centrale.
La coalizione di centro-sinistra, culturalmente più vicina alla riforma, su sollecitazione del Forum nazionale per il diritto alla salute dei detenuti e delle detenute, ha assunto impegni in campagna elettorale, poi confermati dai Ministri della Sanità e della Giustizia per l’applicazione della riforma ed il definitivo trasferimento delle funzioni di assistenza sanitaria in carcere dall’amministrazione penitenziaria al SSN. Si è giunti così al DPCM 01.04.2008 con il quale il Governo uscente ha stabilito (v. art. 1) “… le modalità, i criteri e le procedure per il trasferimento al Servizio Sanitario Nazionale delle funzioni sanitarie, delle risorse finanziarie, dei rapporti di lavoro, delle attrezzature, arredi e beni strumentali relativi alla sanità penitenziaria”. Il cambio di Governo non ha favorito la celerità del trasferimento, ma gli intoppi non sembrano imputabili esclusivamente a ciò. Il DPCM prevedeva, tra l’altro, che il mese di settembre fosse l’ultimo nel quale gli stipendi dei dipendenti trasferiti venissero pagati dal DAP, ma non è stato ancora fatto niente perché il SSN possa sostituirsi.
Stante tale quadro sarebbe utile che le associazioni, gli operatori del settore, i sindacati si attivassero per la fondazione, in modo analogo a quanto sta avvenendo in altre Regioni, di un Forum Sardo per il diritto alla salute dei detenuti e delle detenute con l’obiettivo di:
- sostenere l’applicazione della riforma della sanità penitenziaria nella nostra Regione perché il carcere non può godere di una sorta di extraterritorialità rispetto al diritto costituzionale alla tutela della salute;
- informare la popolazione sul significato della riforma;
- contribuire all’individuazione di modelli organizzativi appropriati;
- favorire l’approfondimento in materia di prevenzione, cura e riabilitazione delle/i cittadine/i ristrette/i, così da ridurre il grande divario esistente nella tutela della salute fra esse/i e le/i cittadine/i libere/i;
- favorire il coinvolgimento delle/i cittadine/i recluse/i nella convinzione che la partecipazione dell’utenza è fondamentale nell’individuazione dei bisogni da soddisfare e nella predisposizione di percorsi di salute efficaci;
- far crescere il rispetto della dignità del/la cittadino/a recluso/a nella consapevolezza che solamente da questo rispetto possono scaturire un effettivo reinserimento ed una risposta non aleatoria ai bisogni di sicurezza sociale.
4 commenti
1 UGO PILIA
23 Ottobre 2008 - 12:49
Sull’articolo di Antonello Murgia per la riforma della sanità carceraria:
la legge finanziaria dell’anno in corso dispone che le somme utilizzate per la sanità carceraria, finora attribuite alla amministrazione penitenziaria siano assegnate, a decorrere dall’anno in corso, al fondo sanitario.
Questo, a mio avviso, stabilisce definitivamente il punto di non ritorno della applicazione della Legge 230 a quasi 10 anni dalla sua approvazione, in quanto la destinazione dei fondi attribuiti finora al Ministero anzichè al Fondo sanitario era un ostacolo insormontabile per l’attuazione della norma.
Inoltre il Piano Sanitario Regionale in corso prevede, in maniera abbastanza chiara che le AASSLL debbano dotarsi di idonee strutture (Servizi o Dipartimenti), che garantiscano l’erogazione del servizio di sanità carceraria inserito nel contesto organizzativo delle stesse ASL.
Gli aspetti politici e decisionali della materia sono quindi oramai definiti, per questo credo che, allo stato dei fatti, sia inutile la costituzione di un Forum che avrebbe potuto avere significato qualche anno fa con lo scopo di sollecitare il dibattito con gli organi istituzionali e sensibilizzare l’opinione pubblica.
Oggi ci troviamo nella fase di attuazione di una norma e credo vi siano tutti gli strumenti utili per sollecitarne l’applicazione.
Secondo quanto disposto dall’art. 3 del D.P.C.M. 1/4/2008, il personale dipendente di ruolo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento della giustizia minorile del Ministero della giustizia, che esercita funzioni sanitarie, in servizio alla data del 31 marzo 2008, è previsto debba essere trasferito alle Aziende sanitarie del Servizio sanitario nazionale nei cui territorio sono ubicati gli istituti penitenziari e i servizi minorili ove tale personale presta servizio a decorrere dal 14.6.2008, data di entrata in vigore del D.P.C.M medesimo.
Per effetto del suddetto D.P.C.M. 1/4/08, le dotazioni organiche delle Aziende Sanitarie dovrebbero essere automaticamente rideterminate in relazione al numero di unità di personale interessato al trasferimento.
I rapporti di lavoro del personale sanitario, instaurati dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e dal Dipartimento della giustizia minorile del Ministero di Giustizia ai sensi della L. 9/10/1970, n. 740, in essere alla data del 31.3.2008, dovrebbero essere trasferiti alle aziende sanitarie del Servizio sanitario nazionale nei cui territori sono ubicati gli istituti e servizi penitenziari e i servizi minorili di riferimento e dovrebbero continuare ad essere disciplinati dalla citata legge n. 740 del 1970 fino alla relativa scadenza.
Mentre i rapporti instaurati ai sensi della L. n. 740/70, a tempo determinato con scadenza anteriore al 31 marzo 2009, devono essere trasferiti alle aziende sanitarie di riferimento e prorogati per la durata di dodici mesi a decorrere dal 14.6.2008, data di entrata in vigore del D.P.C.M. Citato.
Naturalmente è importantissimo che il passaggio del personale non pregiudichi in alcun modo la professionalità acquisita dal personale proveniente dal DAP e sarebbe quindi importante:
individuare criteri di equipollenza anche per gli incarichi di responsabilità già espletati alle dipendenze dello stesso DAP per funzioni di Sanità carceraria;
avviare accordi di stabilizzazione per il personale assunto a tempo determinato.
Senza la professionalità di questi operatori sarebbe impossibile gestire il servizio.
Debbo dire che molto di tutto questo è materia prettamente sindacale.
Sarebbe opportuno che le strutture regionali dei sindacati, uscissero dal torpore che li ha avvolti finora su questa tematica, e propongano alla regione tavoli di concertazione su questi temi.
Da evidenziare anche la disattenzione che c’è stata da parte dei sindacati regionali quando, circa un anno fa, sono state discusse le “linee guida per la predisposizione dell’atto aziendale delle ASL”.
E’ stata persa un’ottima occasione per definire gli aspetti organizzativi della Sanità Carceraria, in previsione della attuazione della riforma, con la individuazione di apposite strutture nell’organigramma di funzionamento delle AASSLL che fossero deputate alla gestione di questo servizio.
Oggi, a meno che non si voglia ridimensionare la portata e l’importanza degli istituendi servizi, relagandoli da struttura complessa a struttura semplice, bisognerebbe proporre la modifica delle linee guida dell’atto aziendale delle ASL, con conseguente possibile dilatazione dei tempi di attuazione della riforma.
2 paola
4 Febbraio 2009 - 01:27
io volevo rimanere con il ministero della giustizia, sono un tecnico di radiologia presso L’OPG di montelupo fiorentino e come me anche tutti gli infermieri di ruolo!!Come la mettiamo?Non ci hanno dato il diritto di opzione!! E’ una vergogna , ci hanno inquadrati con le Asl a un livello D: ossia di un neo assunto cancellando tutti gli anni prestati al Ministero: ribadisco Vergogna!!!
3 paola
17 Febbraio 2009 - 23:15
grazie per aver dato voce alla mia protesta… A nome mio e di tutti gli infermieri dell’Opg di Montelupo. Sia io che i miei colleghi, chediamo se possibile un incontro in una trasmissione autorevole come mi manda raitre se per essere ascoltati.Avevamo chiesto al Ministero della Giustizia pur di restare un passaggio di area mantenendo lo stesso livello economico ma con profili diversi, ebbene tutte le nostre istanze son state riggettate e ad altri colleghi di diverse regioni invece hanno trovato accoglimento..abbiamo tutta la documentazione, per noi e’ un atto illeggittimo!! Chiediamo aiuto e confidiamo in una chiamata . Cordialmente,Paola Tomassi e gli infermieri dell’Opg.
4 Cinzia Mancinelli
7 Febbraio 2010 - 20:31
Io mi associo alla protesta dei colleghi di Montelupo.
Sono una ex caposala di ruolo dell’amm.ne penitenziaria transitata alla locale ASL: non abbiamo mai ricevuto proposta di contratto e pertanto seppur gestite dalla dirigenza aziendale come proprio personale, non abbiamo in busta paga alcuna delle indennità previste dal CCNL comparto Sanità, nel del Contratto integrativo aziendale.
Le indennità di turno, gli straordinari ed i festivi non ci vengono corrisposti oramai dalla data del passaggio.Siamo sotto organico e non si è ancora provveduto a rimpiazzare le unità mancanti, facendo ricadere queste problematiche direttamente sulla assistenza ai reclusi. In ogni regione le AASSLL fanno il bello e cattivo tempo a discapito dei lavoratori transitati con un DPCM capestro che solo nella sua stesura ha dell’incredibile: non sono stati garantiti i diritti dovuti, siamo stati svenduti come gli arredi e le attrazzature.
Dopo 12 anni di servizio non viene riconosciuto nulla del pregresso lavorativo ed il livello d’inquadramento è un misero D0!!!!!
E’ una vergogna di cui non parla nessuno!!!!!
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