Da S. Paolo a Sansone, passando dalla proprietà transitiva dei verbi

15 Novembre 2013
1 Commento


 Aldo Lobina 

Ho provato un certo fastidio quando ho sentito Letta parlare in latino e più ancora sono rimasto turbato dai commenti che si rincorrevano da un telegiornale all’altro e sulla carta stampata che riecheggiavano il “cupio dissolvi” attribuito evidentemente a Berlusconi.
Il latinorum piace ai potenti di turno  mi sono detto, anche quando sfugge loro il significato.  Sì perché quando   usiamo una lingua antica sarebbe bene essere chiari, avendo chiaro noi  per primi il concetto che vogliamo esprimere con parole diverse  da quelle che usiamo normalmente.  Dovremmo avere chiaro il contesto nel quale esse sono state pronunciate o scritte per non tradirne il senso insieme alla grammatica. Se no non offendiamo solo Brunetta, Capezzone e   tutti i loro amici, ma offendiamo noi stessi insieme ai nostri stessi amici e pure l’Apostolo.
Non credo infatti che si possa attribuire a Berlusconi il desiderio di autodistruzione, il desiderio della morte politica e men che meno – i lettori ne converranno - un desiderio di annientamento mistico, l’ aspirazione a una vita ascetica.
San Paolo nella 1° lettera ai Filippesi dice: sono messo alle strette tra due cose:  da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; d’altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne”. Così San Paolo nel testo della vulgata.
Il desiderio di essere sciolto dal corpo Berlusconi non ce l’ha. E infatti accusa i suoi avversari di tentare un omicidio polititico nei suoi confronti. Piuttosto B.  manifesta, con una certa determinazione, una formidabile voglia di far cadere il governo delle larghe intese – cosa che non gli è riuscita all’inizio di ottobre - cosa che sta al “cupio dissolvi” come il giorno sta alla notte, come  la declinazione  attiva del verbo sta a quella passiva, caro Letta Junior. Berlusconi infatti desidera dissolvere il  tuo governo, non essere disciolto. Perché pensa a elezioni anticipate porcelline, sperando di vincerle.  E con questi chiari di luna, stante la confusione regnante in tutti i partiti, potrebbe non essere solo un sogno,” unu bis’’e porcu in terr’’fai”, per dirla in lingua sarda.  
Neppure il riferimento a Sansone  - se non per le pericolose frequentazioni femminili– sarebbe stato appropriato. B. infatti, anche con pochi capelli, pensa di salvarsi  proprio facendo crollare le colonne del Parlamento e del Senato sopra i suoi nemici filistei che li abitano! Schiverà i grossi macigni, essendo decaduto e quindi fuori dal Palazzo. Pronto a nuove imprese: Forza Italia, la vendetta.
Se poi sarà Renzi il suo avversario, bè…tanto di guadagnato per lui. B. vincerà comunque. Grillo ayant chanté tout l’été, nel silenzio assordante di una proposta programmatica seria da parte di un nuovo partito democratico che non c’è. 

  

1 commento

  • 1 Renato Monticolo
    16 Novembre 2013 - 12:21

    La lingua latina è davvero una brutta bestia, sia quando si usa con citazioni a sproposito sia quando si ricorre a contestualizzarla dimenticando che l’utilizzo di una lingua “morta” viene inglobato e assoggettato ai mutamenti della lingua “viva” con risultati spesso distanti da quello originario. Ma, per farla breve, allego la voce tratta dalla Treccani on line da cui si potrà, credo, evincere il mutato senso del “cupio dissolvi”.”cupio dissolvi ‹kùpio …› locuz. lat. (propr. «desiderio d’essere dissolto»). – Espressione che ha la sua origine in san Paolo, il quale nella 1a lettera ai Filippesi scrive, secondo il testo della Vulgata, desiderium habens dissolvi et cum Christo esse, traduz. letterale del gr. τὴν ἐπιϑυμίαν ἔχων εἰς τὸ ἀναλῦσαι καὶ σὺν Χριστῷ εἶναι: dove dissolvi e ἀναλῦσαι esprimono il concetto dello scioglimento dell’anima dal corpo e quindi della morte. La frase ritorna con frequenza nella patristica latina, come citazione diretta o come reminiscenza, anche con varianti formali, tra le quali predomina appunto quella stabilizzatasi nell’uso come cupio dissolvi ecc., che in questa forma risale con molta probabilità a versioni bibliche anteriori alla Vulgata (cfr. infatti Tertulliano, De patientia 9, 5: «Cupio dissolvi et esse cum Christo, dicit Apostolus»). Col tempo però il senso originario di cupio dissolvi si è via via trasformato, per indicare in genere un desiderio di mistico annientamento in Cristo, e il motto è stato assunto a simbolo di aspirazione a una vita ascetica, di rinuncia alla propria personalità, e successivamente adattato anche ad accezioni e usi più laici e profani, ESPRIMENDO, A SECONDA DEI CASI, RIFIUTO DELL’ESISTENZA, DESIDERIO DI ESTENUAZIONE, VOLONTÀ MASOCHISTICA DI AUTODISTRUZIONE, E SIM.”

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