Gianfranco Sabattini
L’austerità fa male alla salute. La conferma arriva da importanti studi e ricerche dei quali ora si comincia a conoscere i risultati. Il periodico “Le Scienze” del 23 aprile scorso ha pubblicato i risultati, originariamente apparsi sull’”American Journal of Public Health”, di una ricerca riguardo a quanto è accaduto in Grecia. L’analisi ha evidenziato che la “cura da cavallo” imposta a questo paese ha causato un netto peggioramento dello stato di salute della sua popolazione.
Per effetto dell’austerità, a partire dal 2008, la Grecia ha subito l’imposizione di vincoli che hanno incluso la privatizzazione delle imprese statali, la liberalizzazione dei mercati e le limitazioni alla spesa pubblica, compresa quella sanitaria; tutto questo le è stato imposto, nonostante si disponesse della conoscenza dei risultati di numerose ricerche storiche ed epidemiologiche che indicavano che le crisi economiche sono in genere associate a un peggioramento dello stato di salute delle popolazioni. Oltre all’aumento delle mortalità per suicidio, omicidio, malattie trasmissibili, malattie cardiovascolari e abuso di alcool, l’austerità con il taglio della spesa pubblica sanitaria causa, secondo queste ricerche, un notevole incremento della frequenza di casi di malattia, legati principalmente a malnutrizione e a una sostanziale crescita dell’incidenza dei disturbi mentali.
Dopo aver calcolato l’incidenza delle spesa sanitaria privata sulla spesa complessiva delle famiglie, i ricercatori, nel caso della Grecia, hanno messo in evidenza come l’incidenza abbia avuto un tendenza al ribasso per le famiglie a reddito medio e alto e una tendenza al rialzo per le famiglie a reddito basso; per queste ultime è stata accertata un’incidenza della spesa sanitaria privata sulla spesa complessiva maggiore, per via della sua commisurazione al reddito ridotto a causa della crisi.
Da una delle più autorevoli riviste mediche al mondo, “The Lancet”, che di recente ha pubblicato un articolo intitolato “Crisi finanziaria, austerità e salute in Europa”, si apprende che la disoccupazione è risultata il fenomeno correlato a un forte aumento dei disturbi mentali e psicosomatici, dei comportamenti insalubri e, in conclusione, a un aumento della mortalità, dovuto in parte all’incremento del numero dei suicidi.
Amara la considerazione finale dell’articolo di “The Lancet”; di fronte alla tragedia del deterioramento dello stato di salute per cause economiche, i responsabili europei della sanità e i governi dei vari paesi sono rimasti inerti. Essi non hanno tenuto in nessuna considerazione i risultati di uno studio dell’OCSE, secondo il quale un incremento di 100 dollari pro-capite in spesa sociale è correlato alla riduzione della mortalità dell’1,19%; né hanno tenuto conto di un’indagine del “New York Time” che ha dimostrato che l’investimento di un dollaro in salute, ne comporta tre in crescita economica. Per l’irresponsabilità del governo europeo e dei governi nazionali, l’andamento del tasso dei suicidi in Europa, che nel periodo compreso tra il 2000 al 2010 aveva mostrato un costante tendenza a diminuire sino al 2007, dal 2008 ha mostrato un’inversione di tendenza.
L’Italia è uno dei paesi maggiormente colpiti dall’austerità anti-recessione. Come gli altri paesi, anche l’Italia ha visto la propria popolazione subire l’incremento dei suicidi attribuiti alla crisi economica. Per il periodo 1995-2010, l’Istat ha fornito dati dettagliati sui casi di suicidio, inclusi quelli dovuti a ragioni economiche. Anche per l’Italia, nel periodo 2003-2008 il tasso di suicidi è calato, mentre dopo il 2007, ha presentato una tendenza a salire. Uno studio, relativo al periodo 2000-2010, ha stimato per l’Italia 290 suicidi e tentativi di suicidio per motivazioni economiche, dovuti alla recessione. Tra le variabili legate alla crisi economica, la disoccupazione è quella che è risultata più strettamente legata all’andamento dei suicidi; tra il 2007 e il 2010, il numero di suicidi è cresciuto del 34% tra i disoccupati, del 19% tra gli occupati e del 13% tra le persone ritirate dal lavoro. Al riguardo, viene sottolineato il fatto che per queste tre categorie, i suicidi sono diminuiti in tutto il periodo 1995-2008, per aumentare nei due anni successivi.
Quale la conclusione che può essere tratta sulla base dell’esperienza tragica vissuta dai paesi che hanno subito il diktat dell’austerità? Non si può non convenire con quanto propone Giuseppe Remuzzi, importante operatore sanitario dell’Istituto Mario Negri; la “ricetta” che dovrà essere adottata per prevenire nel futuro gli esiti nefasti dell’austerità ed evitare che questa sia imposta senza una adeguata valutazione dei suoi esiti sullo stato di salute delle popolazioni dovrà “prescrivere” che ciascun paese disponga di un’autorità indipendente per valutare responsabilmente gli esiti delle politiche anti-recessive; che le depressioni siano trattate come le epidemie e che sia tenuto nel debito conto il fatto che, in tempi di crisi, occorre espandere, non ridurre la spesa sanitaria. E’ nell’esperienza di tutti che il “tirare la cinghia” oltre un certo limite serve solo a “tirare le cuoia”.
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