T.D.
E’ in corso, nell’aula del Consiglio regionale, la discussione del testo unificato recante la ”Disciplina per il governo del territorio regionale”, approvato dalla Quarta Commissione permanente nella seduta del 24 luglio 2008. Si tratta della nuova legge urbanistica sarda, che sostituirà, abrogandolo per intero, il complesso di norme connesse alla precedente disciplina legislativa, costituito dalla legge regionale numero 45 del 1989, dalla legge regionale n. 23 del 1993 ed infine dalla legge regionale n. 8 del 2004, oggetto, quest’ultima, del recente referendum.
Che qualche preoccupazione sull’efficacia dell’eventuale abrogazione referendaria della legge regionale n. 8 fosse più che lecita lo conferma l’articolo 44 del testo approvato lo scorso luglio in Commissione, il quale recita: “Fino all’entrata in vigore del Documento di programmazione territoriale regionale conservano valore ed efficacia le vigenti disposizioni regionali contenute in piani e programmi di carattere generale relativi alla programmazione regionale urbanistica e territoriale”.
In pratica, in vista di un ipotetico esito referendario favorevole all’iniziativa abrogatrice, nell’istruttoria del nuovo testo legislativo ci si era cautelati prevedendo il “richiamo” confermativo del PPR vigente, non sottoposto a referendum, ma deprivato, in esito all’eventuale vittoria del Sì, di una copertura legislativa. Copertura legislativa che sarebbe sfumata in quanto, per esplicito disposto dell’art. 8 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 recante il “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (il tanto osannato “Codice Urbani”), “Nelle materie disciplinate dal presente codice restano ferme le potestà attribuite alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano dagli statuti e dalle relative norme di attuazione”. Nessuna disposizione dl Codice Urbani è direttamente applicabile alla Sardegna senza il recepimento mediante legge regionale (su questo la giurisprudenza è costante e univoca: basti pensare, da ultimo, alla sentenza del Consiglio di Stato su Tuvixeddu): abrogata la legge 45 dalla legge n. 8 e la n. 8 da un referendum, il PPR sarebbe rimasto, per cosi dire, “appeso nel vuoto”.
E’ verosimile che alla norma cautelare della nuova proposta di legge urbanistica si riferissero in realtà coloro che sostenevano l’inutilità del referendum: è difficile infatti credere che fossero fondatamente convinti della sopravvivenza di un PPR avulso dalla vigenza della legge n. 8, della quale però si è detto e si è ampiamente tentato di far credere che aveva ormai esaurito i suoi effetti con l’approvazione del Piano. Se malauguratamente il referendum fosse riuscito, tuttavia, quella norma cautelare avrebbe trovato altissime difficoltà a passare in Consiglio regionale, sul quale le ripercussioni politiche, anzitutto nella maggioranza, del segnale dato dagli elettori sarebbero state inevitabili. Si è in verità giocato abbastanza d’azzardo, confidando sul mancato raggiungimento del quorum.
Ma si è giocato anche su un altro piano di equivoci, che sono stati lungamente incubati (fin dal compromesso raggiunto con la legge n. 8 del 2004) e che verranno a maturazione proprio adesso. La proposta di nuova legge urbanistica intende abrogare, insieme alla legge n. 45, due leggi regionali particolarmente importanti: la legge regionale n. 23 del 1993 e la stessa legge regionale n. 8 del 2004. Le due leggi contengono disposizioni sulle quali, tra il 1993 e il 2004, si sono consumati confronti durissimi, fatti e disfatti governi regionali, vinte o perse elezioni.
Al termine di uno scontro lacerante all’interno delle stesse forze del centrosinistra, durante il “Governissimo” guidato da Antonello Cabras, nel 1993, con la legge regionale n. 23 si giunse a porre al processo di pianificazione paesaggistica allora in corso quattro precisi vincoli. Anzitutto la redazione dei Piani, sia pure affidata alla Giunta regionale, avrebbe dovuto attenersi alle “Disposizioni di omogeneizzazione” dettate con apposito provvedimento, sia pure non legislativo, dal Consiglio regionale. In secondo luogo, all’interno della fascia costiera di due chilometri, oggetto, per libera e originale scelta del legislatore sardo, di un’estesa pianificazione paesaggistica, che la legge nazionale 431 del 1985 limitava ai soli trecento metri dal mare, si stabilì che quei medesimi trecento metri erano sottoposti a vincolo permanente d’inedificabilità, fatti salvi i limiti degli abitati esistenti. In terzo luogo fu fatto divieto di modificare le previsioni dei piani paesaggistici con meri atti amministrativi di deroga e si fissò l’obbligo di sottoporre al Consiglio eventuali proposte di “accordi di programma” derogatori, per l’approvazione con apposita legge. Il quarto vincolo venne stabilito poco dopo, il 13 maggio 1993, con l’approvazione delle “Disposizioni di omogeneizzazione” dei piani territoriali paesaggistici, un atto consiliare di contenuto regolamentare che stabiliva l’obbligo per il pianificatore regionale e per i pianificatori locali di ridurre della metà le volumetrie previste dai pani di insediamento turistico (le famose “Zone F”) fino ad allora approvati.
Di questi vincoli sostanziali, per un lungo periodo, poco è rimasto e poco si è fatto affinché rimanessero. In buona parte questo assetto legislativo è stato indebolito dalla colpevole abulia della Regione successiva all’annullamento dei piani paesaggistici (non però della legge 23 né del contenuto delle “Disposizioni di omogeneizzazione”, cioè degli atti fondamentali del legislatore regionale): abulia che si è manifestata nel 1998, anno dell’annullamento dei primi sette piani, con al governo regionale una Giunta di Centrosinistra e che si è prolungata per tutto il successivo quinquennio 1999-2004, sotto le Giunte di centrodestra.
Quando, nel 2004, sotto l’impulso della nuova Giunta di centrosinistra, fu approvata la legge regionale n. 8, qualcosa si era dunque già incrinato. Le norme della legge regionale n. 45, come modificate dalla legge regionale n. 23, non vengono riprodotte integralmente. La salvaguardia provvisoria della fascia costiera viene confermata con gradazioni per i due chilometri e, al loro interno, dei cinquecento metri dal mare, compreso il vincolo permanente dei trecento metri. Viene inoltre inserito in legge quel dimezzamento delle volumetrie nelle zone turistiche che costituiva il cardine delle “Disposizioni di omogeneizzazione” del 1993. Tuttavia la legge n. 8 contiene un gran numero di “fatti salvi” e forse giuridicamente non era possibile fare molto di diverso, considerata l’enorme mole di permessi di costruire approvati nei precedenti sette anni di vuoto nella pianificazione e nella vigilanza regionale. In secondo luogo la pianificazione paesaggistica viene interamente affidata alla Giunta e si cancella la previsione di uno specifico atto normativo consiliare come le “Disposizioni di omogeneizzazione”.
Quel che ne seguirà è un prodotto, il PPR vigente, che contiene un buon numero di compromessi e di meccanismi derogatori, in relazione ai quali il campo è interamente occupato, su un versante, da un potere della Giunta che si esercita per via amministrativa, non indirizzato né controllato dal Consiglio regionale, sull’altro versante dalla capacità degli interessi privati per un verso di intessere col Governo regionale determinati livelli d’intesa, per altro verso di sfruttare nelle sedi giudiziarie le numerose incongruenze dell’impianto del PPR, a partire da quelle presenti nella stessa strumentazione cartografica di lettura del territorio.
Tra chi è distante anni-luce dall’agitazione di coloro che propagandisticamente e ideologicamente sono contrari a qualsiasi strumento di ordinata, equa e rigorosa pianificazione territoriale, un diverso livello di critica a questo impianto disciplinarmente e strutturalmente “debole” del PPR dovrebbe essere considerato non solo legittimo, ma doveroso, perchè questo impianto non è in grado di garantire permanentemente un corretto orientamento nella tutela paesaggistica e ambientale, il cui grado di effettività risulta assoggettato alle variabili derivanti dai mutamenti delle maggioranze politiche e della guida dell’esecutivo regionale.
Non sembra che il livello di consapevolezza sia invece adeguato, almeno a giudicare dalla lettura della nuova proposta di legge urbanistica avanzata dall’attuale maggioranza regionale di centrosinistra. Della legge regionale n. 23 del 1993 ci si guarda bene dal riprodurre qualsiasi vincolo permanente: i trecento metri dal mare affogano nell’indifferenziata pianificazione costiera. Non solo, ma riappaiono gli accordi amministrativi derogatori della stessa pianificazione: l’articolo 7 del nuovo testo unificato li prevede espressamente “anche in variante ai vigenti strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica”, eliminando la previsione dell’obbligo di sottoporli all’approvazione legislativa consiliare. Viene infine abrogata per intero la legge n. 8 del 2004, compreso quell’articolo 6 che riproponeva l’obbligo di dimezzamento delle volumetrie assentibili nelle “zone F” turistiche.
Il vigente PPR è fatto salvo dalla norma cautelare contenuta nel citato articolo 44 del testo unificato, ma ovviamente sarà soggetto alle modificazioni che l’abrogazione delle tre precedenti leggi regionali, la n. 45 del 1989, la n. 23 del 1993 e la stessa legge n. 8 del 2004 renderà perfettamente praticabili.
Si tratta, è bene dirlo con chiarezza e almeno a futura memoria, di un arretramento grave dei livelli legislativi di tutela del territorio sinora garantiti e amareggia che ciò avvenga senza che la discussione sia nemmeno lontanamente paragonabile a quella, intensissima, informatissima e diffusa che si svolse in occasione dell’esame delle leggi precedenti. Ma tant’è: Il fideismo monocratico da una parte e l’agitazione propagandistica dall’altra stanno forse producendo per vie diverse un risultato convergente.
13 commenti
1 angelo aquilino
16 Ottobre 2008 - 09:04
Forse Totò Cuffaro, in Sardegna, sarebbe meglio di Soru……
Vivo in Sardegna dal luglio del 1968,ma provengo da Palermo. Nei primi anni 1970 vivevo a Sassari ed ho assistito alla vergogna assoluta dei comportamenti dei politici nazionali e regionali nei confronti della SIR di Porto Torres (dove ho lavorato per due anni).La SIR era una galassia di aziende con un unico referente ,ed era finalizzata ad incassare e sperperare (come poi si e’ visto) i fondi del piano rinascita (si diceva che questi fondi superavano i 1.000 miliardi di lire). La politica regionale di allora in Sardegna era assai somigliante a quella della regione Siciliana. Ristretti gruppi politico-massonici controllavano tutto. In Sicilia i gruppi di controllo erano e sono ancora politico-mafiosi questa la sola differenza . In questi ultimi 40 anni in Sardegna,ho visto solo dal 2004 ad oggi un solo governo regionale degno di questo nome. quello diretto dal dottor Soru. Eppure a destra ed a sinistra si fa a gara a cercare di cacciarlo con tutti metodi taluni leciti altri sleali per non dire illeciti. Una soluzione ci sarebbe (non per risolvere i problemi della Sardegna, ma almeno per convincere alcuni a smetterla di spararle troppo grosse tipo Soru-Mugabwe,Soru-principe,Soru-autocrate e per evitare di buttar via milioni di euro in referendum ammazza-coste) la soluzione,come si legge nei libri di Sherlock Holmes, è elementare (caro Watson) e la scrivo a carattere cubitali:
Cari Sardi, chiamate ed eleggete Totò Cuffaro.
Sicuramente cuffaro
1. non farà nessun P.P.R. (piano paesagistico regionale).
2. non prenderà a pretesto l’assenza di industrie per abolire i consorzi industriali (come invece ha avuto il pessimo gusto di fare il dottor Soru)
3. non abolirà comunità montane,come invece ha fatto il dottor Soru, con la scusa assolutamente inaccettabile che tali comunità montane erano formate da comuni piazzati in riva al mare.
4. non negherà i fondi ai corsi regionali di formazione con la patetica scusa che 340 milioni di euro in un anno non possono essere dati a ditte private costruite ad hoc per incassarli e fare concorrenza alle scuole professionali di stato.
5. Inoltre, se a qualche benemerito imprenditore edile venisse in mente di costruire un bel complesso di palazzi al posto dell’anfiteatro romano di Cagliari oltre che addosso alla necropoli punica , sarebbero prontissimi per lui il placet regionale, incentivi economici e le relativa licenza edilizia del comune interessato al progetto.
6. Infine tutti gli operatori privati di sanità, proprietari di cliniche private e di laboratori privati di analisi potrebbero ottenere assistenza economica, facilitazioni,incentivi e tariffe adeguate (ossia doppie o triple della media nazionale) per la loro attività ed anche soffiate di allarme nel caso che guardia di finanza o magistrati volessero dare un occhiata troppo curiosa alle carte della ditta .Perchè bisogna che anche in Sardegna la gente si convinca che gli affari non vanno disturbati neppure se consistono nella costruzione ininterrotta di case su tutti i 1.731 Km di perimetro costiero dell’isola e nel seppellimento nel cemento di tutti i siti archeologici,come già si è cominciato a fare nella valle dei templi ad Agrigento.
2 La legge urbanistica regionale vent’anni dopo | Midi Blog
17 Ottobre 2008 - 06:28
[…] urbanistica regionale vent’anni dopo Archiviato in: Midi — Ottobre 16, 2008 @ 8:00 am sconosciuto: Non solo, ma riappaiono gli accordi amministrativi derogatori della stessa pianificazione: […]
3 Carlo Dore
17 Ottobre 2008 - 10:00
pur non negando che Renato Soru abbia commesso degli errori, la cui responsabilità va, peraltro, prevalentemente addebitata ai partiti del centrosinistra che, prima delle elezioni del 2004 e per tutto il corso di questa legislatura, non hanno saputo svolgere il loro ruolo di elaborazione dei programmi e di confronto con il presidente e la Giunta, mi dichiaro perfettamente d’accordo con Aquilino. Carlo Dore
4 Antonello Murgia
17 Ottobre 2008 - 11:02
L’obiettivo, certo ambizioso, che Democrazia Oggi si è dato all’atto della sua costituzione è stato quello di favorire un dibattito politico che, con il progressivo scollamento dei partiti politici dalla loro base ed il montare dell’ideologia della governabilità a scapito della partecipazione, mai è stato così misero. Nell’impoverimento culturale che ne è conseguito chi prova a ragionare ed argomentare viene spesso aggredito da tifosi che, fatta una volta per tutte la scelta della squadra del cuore, ritengono che il loro compito esclusivo sia quello di preparare ogni domenica lo striscione da portare allo stadio. E allora, se la preoccupazione del sig. Angelo Aquilino è quella di tutelare il nostro patrimonio ambientale e la nostra democrazia, farebbe bene a cercare di entrare nel merito delle cose dette, piuttosto che usare argomenti, magari giusti (ad es., chi potrebbe negare il malaffare denunciato a proposito della SIR di Rovelli?), ma che sembrano funzionali non a chiarire i dubbi, ma a confermare un pre-giudizio, a difendere la squadra del cuore. Insomma si può criticare l’articolo di T.D., ma per le cose che ha detto. Per esempio, è vero o no che questo Governo regionale ha assunto (o tentato di assumere) ripetutamente decisioni che sottraggono al Consiglio regionale la funzione legislativa? E questo lo riteniamo corretto oppure no? E’ vero o no che la nuova legge urbanistica sarda, anche per le leggi che abroga, rappresenta un passo indietro nella tutela del nostro patrimonio ambientale? Mentre sono abbastanza convinto che la risposta alla prima domanda sia SI e che su questo sia necessario un cambio di rotta, non ho abbastanza competenza sulla materia urbanistica per esprimere un giudizio convinto. Ho quindi piacere di sentire posizioni anche contrastanti, purché mi aiutino a chiarire i termini della questione; cosa che non mi sembra faccia il comizietto del sig. Aquilino (v. Soru-Mugabwe, Soru-principe, etc.).
5 A.P.
17 Ottobre 2008 - 11:38
Antonello Murgia coglie nel segno. Il dibattito si stimola ed è utile se si interviene nel merito con qualunque opinione. Aquilino non lo ha fatto con un intervento, che ha pubblicato anche in altra sede e che è del tutto fuori tema. Noi non siamo censori e, dato il nome del sito, non potremmo esserlo. Anzi gradiamo più gli interventi critici che quelli puramente adesivi, a differenza di altri siti che, a mo’ di politburo, non pubblicano o replicano con fastidio agli interventi “fuori linea”. Ci piacerebbe, ad esempio, ospitare interventi sulla politica regionale di segno diverso od opposto rispetto a quelli finora prevalenti in questo blog. Tuttavia, se gli interventi non verteranno sull’oggetto (come questo dell’amico Aquilino) in futuro non li pubblicheremo. Non si tratta di censura, ma di semplice constatazione dell’inutilità dell’intervento.
6 GIORGIO COSSU
17 Ottobre 2008 - 13:52
Non solo è inutile ma disturba. La mia proposta è di metterlo come articolo con il titolo “la linea dei soriani”, impiegata sempre e uguale, come in questo caso, difendere qualsiasi atto di Soru ventilando il peggio: persino Cuffaro, frutto dell’apertura del vaso di Pandora del moralismo e della lotta ai nemici, stile da talebani. Mettere in mostra: alla “gogna”, uno dei frutti avvelenati del sorismo. Il “soriano” non discute condanna, non considera gli altri uguali ma nemici non per quanto detto ma per lesa religione. Identico stile dei fidelisti che evocano Somoza e dei putiniani come Berlusca che evocano Saddam.
7 antonio leoni jr
17 Ottobre 2008 - 13:54
A giudicare dalla lettura dei giornali di oggi le preoccupazioni dell’intervento sulla nuova legge urbanistica regionale pubblicato da Democrazia Oggi sono le stesse che hanno portato i consiglieri del PRC a chiedere la sospensione della discussione (richiesta sostenuta anche dal Presidente della Regione).
8 angelo aquilino
20 Ottobre 2008 - 23:34
ringrazio carlo dore di essere d’accordo con me,non mi capita spesso. Non ci sara’ nessun bisogno di non pubblicare miei commenti. tanto non avro’ piu’ occasione di farne tranne che nel mio sito personale.
mi scuso con tutti
angelo aquilino
9 giancarlo
22 Ottobre 2008 - 00:31
Tutto deve cambiare, perchè nulla cambi, l’abrogazione, che in politichese viene definita integrazione in una nuova norma di tutte le leggi precedenti in campo urbanistico, mi porta a riflettere, o fare un ragionamento come direbbero i vecchi democristiani della prima repubblica., a seguito della forte denuncia sui maggiori giornali fatta da Antonio Cederna sul pericolo che grazie ai piani di sviluppo turistico, ovvero le scandalose –zone F- si recintasse la nostra isola con un autentico muro di cemento, esplose l’indignazione e la Giunta Regionale guidata allora da Mario Floris, emanò la famosa legge che viene ormai definita come –la legge fondamentale- il limite venne posto sino a 2 chilometri dal mare, vennero poi con il sardista Mario Melis i piani paesaggistici, che dovevano dare certezza di diritto alle amministrazioni locali e agli investimenti degli imprenditori. Allora eravamo nella certezza che –la proprietà non è un furto- ma si scopri che c’erano tanti strani buchi in questi di tutela e sviluppo, e vennero tutti annullati con sentenze al TAR, venne la legge Urbani che occorreva recepire,anche perché i soliti –noti amici – costruivano in deroga alle norme rimaste in vigore. E infine, oggi c’è i lprimo governatore d’Italia, quello che si vanta di aver moralizzato la sanità sarda che notoriamente era tutta corrotta, che ha risanato le casse della Regione, leggetevi le motivazioni dei vari stop al cemento, oltre a dichiarare che è noto che intorno ai cimiteri non ci sono case, e il principe de Curtis farebbe notare che intorno a quelli veri a Cagliari come nel resto della Sardegna e in Italia è ampiamente edificato, ma soprattutto dichiara che si sono risparmiati alle casse della Regione la spendita di una enormità per realizzare la strada dentro la cava della cementerai, (che alcuni buontemponi scrittori dichiarano quale cavità naturale). Per concludere e non annoiare nessuno, mi pare di ricordare che eravamo partiti dalla costa e il PPR è stato invece spalmato su tutto il territorio della nostra nazione sarda, intendo nazione e non solo l’ambiente naturale ma anche la comunità che sopra ci vive e vuole continuare a vivere e produrre economia per le nuove generazioni, e dunque spiegatemi perché Carbonia che non ha ne il mare, ne laghi o fiumi e nemmeno montagne degne di nota non possa far decollare il suo adeguamento di Piano Urbanistico, e ad esempio costruire ( che parolaccia) case popolari. E perché si tace sul programma elettorale di Soru in cui diceva che bisognava riqualificare l’edilizia costiera e renderla accettabile? Anche di questo il nostro Governatore l’ha cancellato dalla sua agenda, mentre rimane in vigore la deroga in base alla quale mediante un accordo di programma si possono escludere le norme di tutela. Ah scusate si capirà dal mio intervento che non sono un urbanista e neppure un leghista dell’ambiente, e sono andato a memoria, chi vuole contraddirmi faccia pure. A si biri in paris e in paxi Giancarlo Nonis
10 Democrazia Oggi - Senza i vincoli di legge il P.P.R. è un feticcio in balia dell’esecutivo
23 Ottobre 2008 - 06:35
[…] PRC sulla proposta di nuova legge urbanistica, in gran parte analoghe a quelle che ho sostenuto nel mio intervento su Democrazia Oggi. E’ qualcosa che capita raramente, ma quando succede vale le pena di segnalarlo. Anche sul fronte […]
11 Mirko Rosso
23 Ottobre 2008 - 20:02
Vanno bene molte delle osservazioni che fa l’amico Tonino, ma lui deve intanto liberarsi dalla sindrome del “cacciato da Soru per motivi mezzodetti”. Noi non sappiamo i motivi e non ne vogliamo sapere. Se ci fosse meno acrimonia nelle cose che dice sarebbero più convincenti le sue note. Ora ci mancano alcune informazioni che lui forse ci darà sul dibattito in Giunta regionale - quello documentato per favore, non le chiacchiere in corridoio- sulle questioni connesse all’urbanistica. Perchè non è stata fatta ad es. le legge urbanistica per supportare il Piano del paesaggio? Cosa ha detto Tonino a questo proposito? Cioè: non si lasciava il Piano appeso nel vuoto stante la pochezza della 8? Perchè non ha detto a noi comuni mortali il suo pensiero sulla approvazione del Piano del paesaggio in Giunta e non in Consiglio. E cosa ha fatto nel suo partito DS (?) per rendere nota una qualche posizione? Sì, nel suo partito dove era il solo a capirci un poco di queste cose non si diceva un’acca. Nulla discussioni su questo e chissà perchè. Secondo me dovevi essere più combattivo Tonino, allora, parlandone, facendoti sentire e invece sei stato zitto, anche sul Parco del Gennargentu che ora non c’è più ma tu fai finta di non saperne nulla e fai bene a non parlarne. Sul referendum invece hai ragione dovevamo andare a faccia aperta e perdere perchè questa è la democrazia. Se c’è una imboscata si deve andare e non essere vigliacchi. Fare di tutto per fare andare i sardi al voto? Sì. Così l’avrebbe pagata cara Soru e sarebbe stata una bella occasione per dargli addosso. Avremo candidato un altro e perse le elezioni però all’opposizione in tre chissà che risultati per l’ambiente.
12 T.D.
24 Ottobre 2008 - 11:47
Non credo che servirà a molto precisarlo, ma io non soffro di nessuna sindrome da cacciato. Di conflitti politici, anche più aspri di quelli che hanno caratterizzato l’epilogo del mio rapporto con l’attuale Presidente della Regione, ne ho avuti tanti, ne ho vinti e ne ho persi, come sempre accade a chi fa intensamente politica. Non ne ho mai fatto questione personale e forse l’errore è stato quello di pensare che valesse il reciproco. Non è (più?) così: c’è chi è talmente intollerante dell’autonomia altrui da considerarla un’offesa personale. E se ricopre determinati ruoli la considera lesa maestà. Le motivazioni del contrasto che ha determinato le mie dimissioni da assessore regionale sono contenute nella lettera di dimissioni (pubblicata interamente sui giornali), nella quale ho affrontato fondamentalmente tre problemi: la pratica della legalità, la concezione della democrazia e il rispetto delle competenze. Sulle prime due credo che tanti fatti mi stiano dando talmente ragione da non rendermi necessario tornarci in questa sede. Sulla terza, che è pertinente all’argomento e ai quesiti che mi vengono posti, testimonia una lunga storia personale pubblicamente nota, interna ed esterna al partito cui ho appartenuto, nella quale mi si può rimproverare tutto salvo che di aver taciuto. Non riesco a tacere nemmeno oggi, nonostante inviti spesso non proprio amichevoli. Mi addolora dirlo, ma, in modo ben più crudo delle mie righe su Democrazia Oggi, ci sono voluti quattro morti a Capoterra per riportare i temi della pianificazione del territorio sui piedi per terra, stornando le nebbie di visioni estetizzanti soggettive e ondivaghe. Torna all’attenzione il fatto che sui fiumi non si deve costruire e che l’inedificabilità della fascia minima dei trecento metri dal mare dovrebbe essere consacrata (ed anzi estesa) permanentemente con norme di legge non modificabili per via amministrativa o di piano. Per molti sembrano cose scontate. Non lo sono per tutti: non lo erano quando io le sostenevo in Giunta (eravamo reduci da un’altra alluvione, nel 2004, quella di Villagrande) e non sembrano tuttora esserlo nella maggioranza di centrosinistra, visto che ancora oggi, nel progetto di nuova legge urbanistica, queste questioni attendono di essere riproposte. Rivendico di averle, anche questa volta, sollevate tempestivamente, per quel che può valere. Quanto al parco del Gennargentu, da Assessore, per due anni, nel 2004 e nel 2005, ho riportato, credo piuttosto energicamente, la questione all’attenzione di tutti. Ho dovuto farmi una ragione del fatto che sulle norme allora vigenti -nella cui applicazione l’Assessore regionale dell’ambiente e il Corpo Forestale si erano tanto impegnati quantomeno per evitare le conseguenze dell’omissione penalmente perseguibile- non c’era consenso: piaccia o meno sentirselo dire, non ce n’era proprio al massimo livello della Regione. Chi avesse la memoria corta può riguardarsi le cronache di quel periodo, nel quale sono insorti anche inquietanti problemi di ordine pubblico, fino a quando il Parlamento, con legge, nel dicembre del 2005, ha deciso di sospendere sine die l’attuazione dell’istituzione del Parco nazionale. Proprio a me nessuna persona onesta può rimproverare alcunchè sul Parco nazionale del Gennargentu, così come sui parchi regionali forse sarebbe il caso di interrogare altri circa le ragioni che bloccano l’esame e l’approvazione dei disegni di legge da me proposti e ancora giacenti in Consiglio regionale.
13 A.P.
24 Ottobre 2008 - 19:06
Mirko il rosso è convinto che sulla tutela del territorio e del paesaggio in Sardegna c’è così scarsa consapevolezza da essere certamente perdenti in un confronto referendario aperto. Se fosse così dovremmo essere più preoccupati di quanto già non lo siamo. In realtà, il referendum non è mai un’imboscata, è sempre uno strumento di democrazia anche quando è richiesto da altri e certamente ci si può astenere quando si è sicuri di perdere. Questa invece era una battaglia che si poteva dare in modo aperto e si poteva ben vincere, riprendendo una mobilitazione del popolo progressista anche in vista delle elezioni regionali.. Questa è la convinzione che, a partire da Andrea Raggio, abbiamo espresso in questo blog. Una posizione che partiva da un referendum su cui Pili si era improvvidamente impantanato e su cui era battibilissimo (glielo hanno rimproverato anche i suoi). Non dare battaglia anche quando l’avversario si è avventurosamente scoperto un tempo si chiamava “codismo”. E il “codismo” è ben noto non è foriero di vittorie. E’ ovviamente un’opinione discutibile e ora non c’è prova contraria. Tuttavia è indiscutibile che, a forza di tenere la gente a casa (tanto qualcuno decide per noi!), c’è il pericolo che nella primavera prossima l’astensione anche nel centrosinistra sia notevole e a quel punto, volenti o volenti, bisognerà contarsi.
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