Per un nuovo centrosinistra

14 Ottobre 2008
1 Commento


Andrea Raggio

Elezioni regionali 2009. Se sarà confermato questo centrosinistra le cose non miglioreranno, se tornerà il centrodestra potranno solo peggiorare. La componente autoritaria del centrosinistra si sentirà rafforzata dal voto e il centrodestra, c’è da scommetterci, esaspererà il presidenzialismo della statutaria lasciatole in eredità dall’attuale maggioranza. Non è una bella prospettiva.
Non possiamo rassegnarci. Gli anni della prossima legislatura saranno molto impegnativi. Lo scenario che si è aperto, impensabile fino a pochi mesi fa, ci costringe a ridefinire le priorità della politica. Dal terremoto finanziario mondiale e dall’incombente recessione economica usciremo in tempi lunghi e pagando alti costi. La Sardegna non sarà risparmiata e non ne uscirà immune. La crisi colpisce e colpirà duramente le fasce sociali e le regioni deboli e accentuerà i divari. Occorrerà una mobilitazione di lunga lena delle forze politiche e sociali e delle istituzioni per contenere i danni e riaprire le vie dello sviluppo. Sono, perciò, indispensabili una Giunta e un Consiglio regionali istituzionalmente e politicamente forti, un’amministrazione regionale trasparente ed efficiente e un’ampia partecipazione sociale e istituzionale. Bando, dunque, all’autoritarismo, ridiamo piena vitalità democratica all’Istituzione.
La prima legislatura presidenziale lascia in eredità una Regione inadeguata alle accresciute responsabilità. Il programma iniziale è stato disatteso nei punti principali, quelli concernenti lo sviluppo, la revisione dello Statuto e la pubblica amministrazione. La stabilità politica da caserma non ha frenato le tensioni interne alla maggioranza e alla stessa Giunta, le ha solo mascherate.
L’esigenza di un nuovo centrosinistra scaturisce da questo, insieme di considerazioni. Nuovo deve essere per ciò che riguarda gli orientamenti politici e programmatici e in quanto espressione di nuovi gruppi dirigenti. Il perno istituzionale di tale rinnovamento non può che essere nell’immediato, e nella prospettiva della Regione ordinamento, l’allentamento della soffocante stretta presidenzialistica, mediante la rottura della catena che lega la sorte del Consiglio a quella del Presidente.
E’ possibile definire il progetto di un nuovo centrosinistra in tempo utile per proporlo credibilmente agli elettori? E’ certamente possibile, a condizione innanzi tutto che il PD la smetta di lasciar credere che il suo travaglio interno sia dovuto a beghe di pianerottolo. Voglio dire che se lo scontro interno non riguarda, come io penso, tanto le persone quanto la prospettiva politica, allora bisogna chiamare le cose col loro nome, non nascondersi dietro le cosiddette primarie che a questo punto non cambierebbero le cose, e proporre alla coalizione una riflessione comune. In secondo luogo la sinistra deve fare la sua parte e non stare alla finestra nell’attesa di rosicchiare qualche voto al PD in difficoltà. Le potenzialità della sinistra sono considerevoli se riferite non solo alla forza elettorale dei vari partiti e gruppi che la compongono ma anche ai molti cittadini di sinistra “senza tetto”, che non si riconoscono cioè in un partito. La sinistra va in ordine sparso alle prossime regionali oppure si sforza di compattarsi per spendere politicamente le proprie potenzialità? Intende far pesare la propria forza, determinante per il successo del centrosinistra, limitandosi a rivendicare uno spazietto nella Giunta o in qualche ente oppure contribuendo a orientare la coalizione verso nuovi indirizzi e metodi di governo?
So bene che unire la sinistra sotto un’unica bandiera non è facile e non è cosa da potersi fare in tempi brevi. Ma bisogna pure sforzarsi di trovare il modo di andare alla prossima scadenza elettorale con un’intesa politica. Penso, ad esempio, che l’istituzione di un Forum permanente, sede di dibattito politico e di coordinamento delle posizioni e delle iniziative sarebbe un passo avanti nella giusta direzione.

1 commento

  • 1 Massimo Marini
    23 Novembre 2008 - 10:26

    Non ci sarà mai “nuovo centrosinistra” con questa classe dirigente. Non illudiamoci.

    Il “nuovo centrosinistra” che Andrea Raggio auspica nel suo intervento, mi pare si possa definire più propriamente un “diverso centrosinistra” dato che di nuovo presenterebbe ben poca cosa. L’analisi di Raggio parte da considerazioni oggettivamente indiscutibili quali il mutato scenario internazionale, specie nel suo aspetto economico-finanziario, e la conseguente necessità di un’Istituzione amministrativa e politica in grado di far fronte a questi scenari se vogliamo inediti, così come viene evidenziata l’esigenza di promuovere e favorire l’ascesa di nuovi gruppi dirigenti.

    Ma, tralasciando volontariamente la parte centrale in cui si afferma che il programma presentato nella campagna elettorale del 2004 dall’attuale centrosinistra di Governo sarebbe stato disatteso nelle sue parti fondamentali - considerazione un po’ troppo sommaria e francamente opinabile, ciò che mi lascia più interdetto sono le soluzioni e le direzioni che vengono tracciate nell’intervento. Quando Raggio auspica “l’allentamento della soffocante stretta presidenzialistica, mediante la rottura della catena che lega la sorte del Consiglio a quella del Presidente” non propone forse un nostalgico (e anacronistico) ritorno al passato? Un passato fatto di distinguo, potere politico usato in maniera ricattatoria, assemblea distante dalla realtà e dai cittadini proprio a causa dei ribaltoni, dei rimpasti, delle “messe a punto della compagine di Governo” che tanto tempo e denaro hanno fatto perdere alla nostra Regione. Legare il destino del Presidente a quello del Consiglio è quanto di più democratico e trasparente possa esistere: si determina un’alleanza, si redige un programma, si sceglie un candidato da proporre ai cittadini. Se qualcosa “si rompe”, ognuno si prende le proprie responsabilità, e si torna a casa. Naturale che la mia è una descrizione semplificata ed esasperata forse, così come è chiaro che distorsioni si possono creare anche con questo sistema, ma se dobbiamo realmente promuovere la trasparenza nell’agire politico dei nostri rappresentanti, quello di responsabilizzare a doppio nodo il Presidente e la maggioranza che lo ha candidato risulta a mio avviso il sistema migliore.

    Ancora più incomprensibile il passaggio in cui si vuole far credere che la causa dell’osceno spettacolo al quale stiamo assistendo in questi mesi nel PD sia dovuto a divergenze, travagliate persino, di “prospettiva politica”. Non sono beghe di pianerottolo certo, trattasi molto semplicemente di violente manovre di potere, un vero e proprio terremoto che sta investendo l’olimpo del centrosinistra isolano, causato in parte dalla graniticità di Soru (nel bene e nel male) ed in parte da un terreno che sotto i piedi comincia a mancare sempre più spesso (leggasi voti, vedere risultati delle ultime politiche nei rispettivi feudi). Un terremoto che probabilmente porterà alla nascita di un terzo polo tutto orientato al centro e che si farà carico di raccogliere e dare asilo a quanti, i partiti del duevirgolaqualcosapercento in particolare, si sentono emarginati dalla spartizione del potere (basti pensare a quanti mugugni e a quante bocche asciutte dopo la riforma dei Consorzi, nonostante la ventata reazionaria nelle nomine dei vertici).

    E poi la Sinistra: “…la sinistra andrà in ordine sparso alle prossime regionali o si sforzerà di compattarsi per spendere politicamente le proprie potenzialità…”. Mi pare oramai inevitabile che la Sinistra sarda uscirà dalle prossime regionali devastata. E questo indifferentemente da quale direzione sceglierà di prendere: se si “sforzerà” di unirsi, lo sforzo genererà un topolino in stile l’Arcobaleno, se rimarrà divisa, raccoglierà briciole. E questo non perché in Sardegna non ci siano cittadini/elettori “di Sinistra”, ma perché la Sinistra partitica è oramai da qualche anno, sia a livello nazionale che a livello locale, cosa altra rispetto alla Sinistra politica. Mi pare così emblematico il ritorno di Cogodi e della parola “Rinascita” nel programma di Rifondazione…

    Di fatto quindi il “nuovo centrosinistra” disegnato nell’intervento da Andrea Raggio assomiglia fin troppo a quello che ci siamo lasciati alle spalle grazie alla coraggiosa (l’unica e per ora inutile) iniziativa di Veltroni, ovvero il tentativo di rendere il Partito Democratico un partito autosufficiente. Quando si parla di “nuovo centrosinistra” sarebbe opportuno porre in primo piano la questione imprescindibile della defenestrazione dell’attuale classe dirigente, e ciò a prescindere dall’aspetto anagrafico. Il ritornello del ringiovanimento della politica non convince più, soprattutto alla luce della oggettiva constatazione che i (pochi) giovani che emergono sono di fatto dei delfini abili solo a scimmiottare acriticamente il proprio sponsor. Siamo oltre oramai. La giovane età non ci offre più la garanzia del nuovo. E pazienza se ciò non potrà essere fatto in tempo utile per le Regionali del 2009. Tanto appare oramai chiaro che il centrosinistra non ha alcuna possibilità di vittoria, solo il centrodestra può perdere.

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