Come codice etico il PD prenda l’art. 54 Costituzione

17 Ottobre 2013
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Andrea Pubusa

A fronte dell’indagine che coinvolge, in Sardegna, gran parte dei consiglieri regionali del PD, si è riaperta in questo partito la questione dell’incandidabilità. Il punto è importante nell’isola, dov’è indagata anche la Barracciu, scelta alle “primarie” come candidata alla presidenza della giunta regionale. Ma si tratta di questione di rilevanza nazionale, perché in ogni parte d’Italia analoghe indagini coinvolgono (o coinvolgeranno), gran parte dei gruppi dirigenti regionali del PD. Questo spiega anche l’alleanza del PD col PDL e la comune spinta verso indulti e amnistie: tutti vogliono salvarsi, dopo aver abusato del danaro pubblico o intascandoselo o distraendolo dai fini cui per legge sono destinati.
Il fenomeno è di tale diffusione, da riproporre con forza la questione morale. Carlo Dore jr., nel dicembre di due anni, fa scrisse su queste pagine una recensione al volumetto di Stefano Rodotà, allora fresco di stampa, dal titolo “Elogio del moralismo“. E con rara efficacia mise in luce l’essenza di quel saggio. “Rodotà - diceva Carlo - mette in fila fatti e situazioni, che esamina utilizzando la lente del giurista e che descrive con l’entusiasmo del grande intellettuale. Racconta di come una classe dirigente non degna di tale qualifica abbia cercato di obliterare la linea di confine che separa responsabilità politica e responsabilità penale, al solo scopo di far apparire politicamente (e moralmente) sopportabile ogni comportamento degli uomini di potere in tutto o in parte estraneo all’area del penalmente rilevante. La “questione morale” sparisce così dall’attualità politica, liquidata con poche battute dai tanti scherani del poteri chiamati a presidiare i salotti dei talk - show…“.
Ora Carlo è tornato ieri sul tema ma con un registro diverso. Il fatto che ha messo capo alla sua nuova riflessione è riconducibile alla bufera che squassa il gruppo dirigente del PD sardo quasi interamente indagato per aver utilizzato i fondi pubblici assegnati al gruppo PD in Consiglio regionale a finalità non istituzionali. A fronte di questa fatto Carlo, da giurista, distingue fra comunicazione dell’avviso di garanzia, rinvio a giudizio e condanna. Ritiene gli ultimi due provvedimenti idonei a legittimare l’incandidabilità dei dirigenti del PD, non il primo. E propone di informare a questa distinzione il “codice etico” del PD sardo.
Sia ben chiaro, le argomentazioni di Carlo jr. sono serie e condotte con l’usuale rigore giuridico. Tuttavia, credo che nella delicata e scivolosa materia sia sempre bene ancorarsi al dettato costituzionale.  L’art. 54, secondo comma, della Costituzione, richiede dai cittadini che ricoprono pubblici uffici “disciplina ed onore”. Reciprocamente, l’aspetto penale non intacca l’onorabilità politica quando l’inquisizione e la condanna colpisce chi, per la libertà, non esita a prendere la via della lotta. Gramsci, Spinelli, Lussu, Giovanni Lai e tanti operai e intellettuali rimasti nell’ombra, sono stati condannati per reati di opinione o per la difesa dei diritti dei lavoratori. A Cagliari anche l’operaio comunista Nino Bruno, dipendente della “Chicca e Salvolini”, finì davanti al tribunale speciale, ma ho conosciuto poche persone semplici e lineari come lui. Si sente spesso la notizia di operai indagati per aver presidiato le fabbriche, ma nessuno pensa che siano delinquenti, come non lo pensiamo dei migranti per necessità.
E allora? Allora, non dobbiamo - dio ce ne scampi! - sostituirci alla magistratura nei giudizi. E non dobbiamo mai, neppure per un attimo, dimenticare il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza fino a sentenza passata in giudicato. Ma sulla disciplina e l’onorabilità della condotte, su questo certamente dobbiamo pronumciarci come cittadini e, ancor più e prima, devono esprimersi i partiti nell’esercizio della loro fondamentale funzione di scegliere i candidati da sottoporre al voto degli elettori. Il PD, dunque, non deve dire se la Barracciu & C. sono colpevoli o meno. Lo dirà il giudice a conclusione di un giusto processo. Qui si deve solo dire se hanno agito “con disciplina ed onore“, i rappresentanti degli elettori, che hanno utilizzato individualmente fondi destinati al gruppo e, dunque, ad un uso collettivo. Eletti che hanno ancor prima deciso di sottrarre i fondi destinati al gruppo consiliare e, dunque, ad un uso collettivo, finalizzandolo ad utilizzo individuale e, quindi, ad una destinazione diversa da quella prefissata per legge. In terzo luogo, devono dire se risponde a “disciplina e onore” destinare i fondi previsti per un’attività istituzionale ad un fine diverso, non istituzionale, qualunque esso sia. Foss’anche politico, perché - non si dimentichi - che per i fini politici i partiti hanno altri lauti finanziamenti pubblici. Ed i consiglieri regionali hanno anche generosi ”contributi” per portaborse, per il “disagio” e le spese di viaggio e di soggiorno se sono “fuori sede”. E si sono concessi una superba indennità, da cui possono togliere qualche soldo per i loro “bisogni” personali, anche di natura politica!
Bene, in tutta onestà e senza rigorismi, credo che la decisione di spartirsi i fondi istituzionalmente destinati ai gruppi, utilizzarli per fini diversi da quelli cui sono per legge vincolati, costituisca una condotta gravemente indisciplinata e poco onorevole. Solo per questo non meritano il voto e solo per questo non devono essere candidati. Parola della Costituzione.
Un’ultima notazione. Nel PD prendono piede e si diffondono sempre più argomenti, un tempo esclusivi del PDL, e ciò avviene in concomitanza col verificarsi di condotte, quanto a etica pubblica, sempre più simili a quelle degli esponenti del PDL. Non è anche questo un modo di omogeneizzazione di queste forze politiche? Come mai, anche nel PD, oramai i dirigenti sono generalmente inquisiti? Rilevarlo non è un’accusa, è un allarme. Perché, quando questa percezione si diffonde fra gli elettori, le conseguenze sono gravi: per il PD che perde voti (alle ultime politiche ne ha perso tre milioni!) e per la democrazia che vede diminuire la partecipazione e crescere l’astensione.
Ed allora perché arrovellarsi? Il PD, sardo e non, se vuole un serio “codice etico”, segua l’art. 54 della Costituzione.

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