Crisi economica e limiti della sinistra

14 Ottobre 2013
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Felice Roberto Pizzuti 

L’ASSOCIAZIONE per il RINNOVAMENTO della SINISTRA - ARS -ha indetto un Convegno dal titolo “Riunificare oggi il mondo del lavoro è possibile?” -Roma, Sala del Refettorio, 21 ottobre 2013. Data l’importanza dell’argomento, pubblichiamo la parte conclusiva dell’interessante rellazione di Felice Roberto Pizzuti, professore di Econ0mia politica alla Sapienza . 

[…] L’ostacolo maggiore che si frappone al superamento della crisi epocale che stiamo vivendo sta nel persistente prevalere degli interessi e della visione economica che l’hanno favorita.
In Europa la situazione è aggravata dalle controproducenti modalità del processo unitario e da idiosincrasie nazionali che intralciano la creazione di nuove istituzioni democraticamente rappresentative e più adeguate ad interagire efficacemente con i mercati interni ed esteri.
L’Unione anche politica non ha alternative migliori. E’ un traguardo storico reso più
urgente dalla natura e gravità della crisi; ritardarlo o anche solo ipotizzare di tornare indietro innescherebbe situazioni molto più conflittuali.
L’Italia presenta ulteriori specificità negative; nell’ultimo quarto di secolo, le nostre
condizioni non solo economiche, ma anche sociali e civili sono progressivamente decadute rispetto a quelle della media europea.
E’ indispensabile impiegare meglio le nostre risorse, in primo luogo i nostri giovani.
In strutture scolastiche e universitarie sempre più trascurate riusciamo ancora a formarli, ma poi vengono lasciati disoccupati dal nostro sistema produttivo; e qualcuno s’inorgoglisce perché in misura crescente vanno e si affermano all’estero.
L’ulteriore paradosso è che vengono mandati all’estero anche i nostri capitali: spesso per sottrarli al fisco, ma anche perché non facilitiamo le possibilità di incanalarli nello sviluppo del nostro paese; per riparare occorrono progetti innovativi la cui efficace realizzazione sarebbe favorita se fossero condivisi dalle istituzioni, dalle imprese e dai lavoratori.
Dopo che i fallimenti dei mercati sono stati scaricati sui bilanci pubblici, riforme controproducenti del mercato del lavoro e del welfare dettate dalla logica dell’austerità
stanno aggravando ulteriormente le diseguaglianze e la crisi che da esse è alimentata. In questa visione miope, le politiche sociali tendono ad essere considerate costi finanziariamente insostenibili anziché strumenti di tenuta della coesione sociale e, anche per questo, di sostegno alla ripresa quantitativa e qualitativa della crescita.
Purtroppo, sia i mercati che le politiche, spesso agendo con modalità scoordinate o
contrapposte, non stanno dando buoni risultati.
Gli effetti negativi si propagano nei comportamenti individuali e nella vita comune. E
si ripropone una vecchia piaga: se alle persone si toglie la dignità, possono assumere anche atteggiamenti poco dignitosi.
La crisi è strutturale e totalizzante; per uscirne occorre superare il modello economico, sociale e culturale che ha dominato il passato trentennio; un Piano di sviluppo sorretto da misure di democrazia economica istituzionale aiuterebbe a trovare vie nuove e progressive.
Le proposte specifiche vanno approfondite e discusse, ma mostrano che obiettivi politici progressisti di crescita, di sviluppo equo e sostenibile e di democrazia economica istituzionale possono essere perseguiti con progetti tecnicamente e finanziariamente compatibili, pur seguendo logiche del tutto estranee a quella dell’austerità conservatrice neoliberista. Tuttavia, per l’affermazione concreta di idee e programmi innovativi è necessaria un’efficace interazione non solo tra mercati e istituzioni, ma anche di entrambi con la conoscenza organizzata e con la politica.
Purtroppo la gravità della crisi dipende sia dal carente funzionamento dei mercati sia
dalla scarsa capacità della politica di governare le istituzioni e d’interagire con la conoscenza organizzata e col sistema produttivo.
In questa crisi, per molti aspetti la Sinistra sarebbe la parte politica più attrezzata per
affrontarla positivamente perché le misure più efficaci per superarla sono anche quelle a lei particolarmente congeniali.
Basti pensare alla necessità di migliorare la distribuzione, di riequilibrare i rapporti
tra mercati e istituzioni, di riorientare la struttura dei consumi e i processi produttivi in
funzione di più elevate priorità ecologiche e sociali.
Purtroppo anche nella Sinistra si praticano comportamenti che giustificano la sfiducia
nella politica diffusa nell’opinione pubblica. Anche le sue rappresentanze soffrono
• di autoreferenzialità e di esasperazioni identitarie e personalistiche
• di resistenza al rinnovamento e al merito come criterio di selezione,
• di una percezione non sempre adeguata delle crescenti insofferenze sociali,
• di scollamento con la conoscenza organizzata e con i saperi diffusi.
Questi limiti pregiudicano la capacità di definire, proporre e realizzare progetti
concretamente idonei a superare positivamente i vecchi equilibri economici, sociali e
politici caduti in crisi.
Nella Sinistra convivono poi diverse tendenze che, fortunatamente, non ne
rappresentano la totalità, ma che riescono anche a paralizzarla e comunque a frenarne i consensi nell’opinione pubblica:
• c’è una sinistra che si considera “responsabile”, ma che, invece, spesso scivola nel
conformismo e nella saggezza convenzionale, e non capisce che proprio la crisi ha
accentuato la necessità di cambiamenti sostanziali nell’assetto attuale; essa, prima
ancora di valutare le mediazioni con i possibili alleati, tende ad annacquare il proprio
progetto politico; ma in tal modo essa stessa lo depotenzia e lo rende meno credibile
e vincente
• c’è poi una sinistra che si sente “alternativa”, ma che a volte lo è più nello spirito e
nella nostalgia di identità vaghe e/o anacronistiche che non nella capacità concreta di
affrontare i difficili problemi strutturali della crisi globale dell’UE e del nostro paese;
il quale rimane comunque una società complessa, la settima-ottava economia
mondiale ed è uno dei principali membri dell’Unione Europea che rappresenta la
prima area economica al mondo.
Queste tendenze vanno superate entrambe e ricomposte, recuperando quando c’è in esse di progressivo oggi.
La fase di transizione storica che stiamo attraversando offre e chiede alla Sinistra di
operare concretamente, ma coerentemente ai suoi valori resi attuali poiché essi coincidono con l’interesse generale.
Occorre poi tener presente che nemmeno in politica esiste il vuoto e quando esso si
crea viene comunque riempito, anche con soluzioni regressive.
Perché ciò non accada, la Sinistra deve affrettarsi ad assumere la responsabilità di
classe dirigente, cioè consapevole della complessità dei problemi e dei vincoli esistenti e determinata nel superarli coerentemente ai propri valori di progresso.

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