Andrea Pubusa
Quando Gianna ed io arriviamo in Piazza del Popolo la folla è già tanta. Con pullman, in treno o in auto sono venuti da tutta Italia come indicano i molti coloriti striscioni, da Asti fino a Reggio Calabria. Io porto solo una bandierina sarda, per indicare la mia provenienza, per dire che anche i democratici sardi sono presenti. Molti sono i volti operai e gli striscioni delle fabbriche metalmeccaniche, specie del Nord. La Fiom ha aderito ufficialmente. Tanti sono i canti, anzitutto “Bella Ciao” ritmata, e tanti sono anche i girotondi, i balli. C’è aria di festa. In fondo, è un popolo che ha fatto tante battaglie, da quella del 2006 contro il tentativo di manomissione della Costituzione ad opera di Berlusconi e Bossi, ai referendum sull’acqua, alle battaglie in difesa dei beni comuni contro le privatizzazioni. E sono state battaglie vincenti. C’è palpabile la sicurezza di vincere anche questa, in cui lo stravolgimento della Carta è promossa dal PDL e dal PD. Non a caso sono tanti e ben visibili, perché si mostrano con orgoglio, gli aderenti al PD che non condividono la “linea” subalterna del loro partito.
Sul palco, l’uno dopo l’altro, arrivano Landini, Rodotà, Carlasarre, Zagrebelsky e don Ciotti. E’ l’ora dei loro interventi. Gli altoparlanti cessano di diffondere la musica. I promotori prendono la parola. Ognuno affronta il tema dal suo punto di vista. I giuristi ci indicano le tante buone ragioni anzitutto di ordine costituzionale che si oppongono alla manomissione: l’immodificabilità dell’art. 138 Cost. e l’incompatibilità del procedimento di revisione con modificazioni estese e pervasive della Costituzione. A ben vedere, anche il referendum, ai sensi dell’art. 138, presuppone proposte di revisione puntuali e omogenee, non mutamenti di intere parti della Legge fondamentale.
Landini, invece, richiama con forza la necessità di rimettere il lavoro e l’uguaglianza al centro della politica nazionale, come indica la Costituzione fin nel suo art. 1 e poi ancora negli articoli 3 e 4. Narra della dura lotta dei metalmeccanici e dei lavoratori per affermare i più elementari diritti: dal lavoro alla libertà sindacale. Le sue parole, scandite con passione, fanno scattare gli applausi e l’incitamento a continuare dei presenti.
Don Ciotti invece batte sulla centralità della persona nella Costituzione, degli uomini e donne senza aggettivi e senza colori. Fra gli applausi e gli slogans, ci ricorda il dramma dei migranti e i loro diritti inviolabili sanciti dalla nostra Legge fondamentale. Richiama, come già aveva fatto papa Francesco, la vergogna dei respingimenti, della criminalizzazione dei migranti, la cui colpa è di cercare una vita libera e dignitosa, come dice la Costituzione. Lampedusa è l’emblema tragico di questa deriva razzista della nostra politica e della nostra legislazione e della necessità di cambiarla subito. Come subito vanno allestiti luoghi di accoglienza degni di questo nome.
I manifestanti accompagnano i passaggi fondamentali con applausi e slogan coloriti. Berlusconi, Letta e il connubio PDL/PD sono i più bersagliati. Emerge un’Italia pulita che vuole il cambiamento, che vuole la Costituzione e i suoi principi a base delle politiche del governo. Tutto si svolge in allegria e con ordine. Alla fine si legge nella faccia di tutti la volontà di restare ancora lì, insieme. Ma si è fatto tardi ed è ora di tornare ognuno nella propria casa, nella propria regione e nella proprie città. C’è in tutti però la voglia di continuare la mobilitazione. La manifestazione - come hanno detto tutti gli oratori e molti slogan - non è che un inizio. C’è un impegno. La lotta continua. La Costituzione non si tocca!
1 commento
1 francesco Cocco
13 Ottobre 2013 - 15:00
E’ una grande battaglia alla quali non possiamo e non dobbiamo sottrarci. Battaglia da combattere “senza se e senza ma”.
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