Octavio Abarca Castelli
Octavio, di madre cagliaritana (Castelli), ha studiato Economia e si è laureato a Cagliari negli anni della dittatura di Pinochet. Poi ha lavorato negli USA, tornando in Cile, dove ha messo su, con successo, un’attività imprenditoriale. Da economista è un fine analista della vicenda economica del suo Paese e del Mondo. Da democratico guarda alle vicende del suo Paese e del mondo globale con spirito critico e di verità. Ci invia ora questa lettera da Santiago, in cui fa il punto su una transizione dalla dittatura alla democrazia in Cile; una transizione sofferta, dolorosa e incompiuta. Ci aiuta così a capire cos’è il Cile oggi e quali gravi problemi investono quel Paese, tanto amato dai democratici italiani nel ricordo di Salvador Allende.
Caro Andrea,
Appena rientrato in Cile e dopo il nostro ultimo piacevole incontro, mi sono trovato, come di consueto in questo periodo, con un Settembre per noi cileni, pieno di significati e carico di tensione. Da una parte questo è il mese che celebra la nostra indipendenza dalla Spagna, quindi un mese che dovrebbe unire tutti i cileni, ma dall´altra è l´anniversario di uno dei giorni più tristi e drammatici dell´ultimo mezzo secolo di questo paese, il colpo di stato del 11 Settembre del 1973, della morte del presidente Allende e della fine di un esperimento politico che voleva introdurre riforme radicali nella società rispettando le regole democratiche. Quest´anno si sono celebrati i 40 anni da quei tragici eventi e come succede in queste occasioni si accendono le polemiche e le associazioni dei ¨detenidos desaparecidos ¨ tornano con più veemenza a chiedere ¨Verità e Giustizia ¨, qualcosa che in più di vent´anni di democrazia hanno ottenuto solo in modo molto parziale. Le associazioni per la tutela dei diritti umani sono sempre state considerate dai governi del centrosinistra, con eccezion fatta per quello della Bachelet, nei fatti scomode, perché riproponevano continuamente nella contingenza politica una storia che voleva essere dimenticata. Parlare di crimini, desaparecidos e torture era una scomoda verità che poteva irritare non solo la destra e le forze armate ma anche quei settori democristiani che avevano in un primo momento appoggiato il colpo di stato. In effetti nei primi due governi democratici, quelli dei democristiani di Alwin e Frei, l’Associazione dei ¨Detenidos Desaparecidos ¨ non è stata mai ricevuta a palazzo, nonostante le ripetute richieste. Chiedevano e pretendevano, come era logico, adesso che si era conquistata la democrazia, che lo stato si impegnasse con forza a cercare le migliaia di vittime fatte scomparire dai militari, i desaparecidos della dittatura. Ma erano richieste considerate non opportune in un periodo in cui si voleva riconciliare il paese. E così loro, i familiari delle vittime della dittatura, sono finite per essere le nuove vittime della democrazia. Si erano battute per il ritorno alla democrazia e sono state tradite proprio da quelle forze politiche che dovevano rappresentarle. É vero che i capi dei servizi segreti della DINA e la CNI, sono finiti in carcere e dovrebbero scontare centinaia di anni di prigionia per le varie sentenze che li condannano. I pochi membri delle forze armate e di polizia incarcerati, pagano come se fossero gli unici responsabili delle torture e dei crimini commessi durante gli anni del terrore. Forse perché devono pagare anche per le colpe di altri appartenenti all´esercito ed alla società civile, le condizioni carcerarie nelle quali sono confinati risultano essere molto privilegiate, quasi di lusso. I governi di Frei e del socialista Ricardo Lagos hanno fatto costruire per loro, dentro un recinto militare, appartamentini molto comodi e completamente equipaggiati con tutti i confort: Internet , televisione , campi da tennis e assistenza esclusiva di medici. Questi criminali si vantano della loro condizione di previlegio. Dicono di non essere realmente in carcere e di essere comodi, vicini ai propri camerati. Di essere custoditi da pochi gendarmi che in realtà stanno li per servirli. I loro privilegi di detenuti speciali sono continuati nel governo della socialista Bachelet, torturata insieme a sua madre dalla DINA. É proprio di oggi la notizia che il governo di destra dell´imprenditore Piñera, comportandosi da vera razza padrona, ha chiuso uno di questi centri di detenzione privilegiata ed ha fatto spostare questi detenuti eccellenti a un penitenziario meno lussuoso, pur sempre esclusivo e abbastanza comodo, ma senza campi da tennis.
Una piccola lezione che ci dimostra chi veramente governa in Cile. Una lezione diretta a quei politici accomodaticci disposti a tutto pur di mantenersi al potere e godere di qualche privilegio.
Un avvocato che per anni ha difeso le vittime per le violazione dei diritti umani in Cile, ha dichiarato in televisione che il fatto che un presidente di destra abbia preso questa decisione avrebbe dovuto, come minimo, far arrossire di vergogna gli ex presidenti socialisti Lagos e Bachelet.
Questa storia è soltanto una dimostrazione di come si sia sviluppata la transizione verso la democrazia in Cile e di come sia stata trattata la questione della violazione dei diritti umani. Del vergognoso atteggiamento che hanno avuto i governi di centrosinistra verso le vittime della dittatura e d´altra parte la loro arrendevole disponibilità verso la destra ed i militari. Verso di questi un atteggiamento di dialogo, accordi e comprensione. Verso le vittime e le associazioni di difesa dei diritti umani una debole risposta alle loro richieste di fare chiarezza sulla sorte dei familiari e cari ancora ¨desaparecidos¨. Ancora oggi lo sforzo dello stato cileno é molto debole verso la necessità di fare giustizia sui tanti casi ancora non risolti. Sarà forse che le forze cosiddette progressiste una volta giunte al potere si sono arrese al discreto fascino della borghesia cilena, anziché esigere alle forze armate di chiarire molti casi che solo loro potrebbero chiarire.
Oggi a 40 anni dal golpe, la forza degli eventi di allora obbliga i protagonisti ancora vivi di quel periodo e tutta la società cilena a fare i conti con la storia e con una realtà ereditata dalla dittatura ancora presente e non risolta. Un riflesso di questo è la delibera fatta pochi giorni fa dalla nostra Corte Suprema de Justicia , l´ente superiore della magistratura cilena, con la quale i magistrati hanno discusso della necessita di chiedere, come istituzione, alle vittime e alla società cilena intera, dopo 40 anni, perdono per le gravi responsabilità avute nel negare giustizia alle vittime e ai perseguitati durante il periodo della dittatura.
La storia di quegli anni è ancora molto presente e sentita nella società cilena, e certo il cercare di ignorarla non la farà scomparire. Il centrosinistra che ha governato questo paese per circa vent´anni non ha fatto i cambiamenti che la popolazione richiedeva e si è limitata a gestire il modello di società ereditata da Pinochet. La costituzione di Pinochet, fatta tra quattro pareti dai suoi più intimi e leali sostenitori è rimasta, con poche modifiche, fino ad oggi praticamente intatta. Sancisce un sistema elettorale che tende a preservare le leggi fatte dalla dittatura militare. Ha imposto quorum molto alti per cambiare le leggi più importanti così da mantenerle nel tempo, in quanto il sistema elettorale ereditato tende a consolidare questa situazione. Esso prevede per le elezioni dei parlamentari che un 34% dei voti sia uguale ad un 66% , per cui maggioranza ed opposizione avranno quasi la stessa quantità di parlamentari. Solo ottenendo più dei due terzi dei voti si riesce ad eleggere una maggioranza per governare, cosa alquanto impossibile. La destra, nonostante il suo potere, è sempre stata minoritaria in questo paese ma è riuscita a bloccare qualsiasi legge di reale importanza in parlamento e ad imporre la cogestione del sistema.
Questa è la storia di quasi venticinque anni di governi democratici. In definitiva é stata la vittoria finale di Pinochet e del modello di società voluto dalla destra cilena.
Oggi il Cile e un paese dominato dai monopoli posseduti nella maggior parte da 20 famiglie che rappresentano circa 70% del PIL . Nonostante il progresso economico avuto negli ultimi anni, il Cile si distingue per essere uno dei paesi più diseguali del mondo, dove la stragrande maggioranza dei cittadini usufruisce di servizi pubblici educativi e sanitari gravemente deficitari. I nostri indici macroeconomici sono apprezzati nel mondo ma i nostri indici sociali non sono altrettanto incoraggianti. La gente ormai ha perso la fiducia nei partiti che l´hanno governata e nella classe politica in generale. Invece ha acquistato la capacità e la forza di manifestare il proprio malessere. Forse spera in un leader illuminato che li sappia rappresentare. Oggi questo leader sembra essere Michelle Bachelet, ma questa volta sarà diverso e non facile per lei. Le aspettative della gente sono alte e la destra e i settori conservatori della sua coalizione saranno lì a bloccare le iniziative contrarie ai loro interessi.
Sarà interessante vedere se la volontà popolare si tradurrà nelle riforme richieste dalla gente.
Cari Saluti,
Octavio Abarca Castelli
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