La quagliata di Quagliarello: il partito eravamo anche noi

2 Ottobre 2013
1 Commento


Aldo Lobina

Piaccia o non piaccia la storia politica di Silvio Berlusconi è al suo epilogo.  Essa è stata certamente condizionata dalle sue fortune imprenditoriali e alla fine da quelle giudiziarie, che si sono intrecciate, e in qualche modo confuse, nel segno di un conflitto di interessi in “bianco”  (mai risolto) e “nero” risolto come sappiamo alla luce dell’ultima sentenza, passata in giudicato.
Il colpo di coda del Caimano di questi ultimi giorni più che un fallo  di reazione (ora Ruby non c’entra, c’entrano invece le larghe intese) è il tentativo estremo, ma lucido, di dimostrare un  grave potere politico di interdizione, legato al numero dei rappresentanti eletti nelle due Camere, destinatari  dell’invito (ma è un eufemismo) dimissionario. Aiutato anche dall’atteggiamento di chiusura di Grillo, relativamente a nuove possibili alleanze di governo, che contemplino l’impegno diretto dei 5 Stelle, sempre più autoreferenziali. A sentir Grillo pronti a giocarsi con nuove elezioni, richieste a gran voce, il tutto, cioè il governo,  o il nulla del disimpegno civico stellare, minacciato di fronte  alla eventuale sconfortante rinnovata fiducia degli Italiani nei confronti del PD  e della nuova Forza Italia di Berlusconi.
Stando così le cose, saremmo di fronte ad una partita elettorale  dagli esiti  scontati:  la palude, l’immobilismo. La dipendenza.
Per fortuna ci sono diverse variabili che potrebbero rompere la prospettiva nefasta di un risultato elettorale prossimo sovrapponibile al precedente:
a)      la legge elettorale con la quale andremo a votare non sarà il porcellum a dispetto di chi – e sono in molti – si augurerebbe il contrario. I risultati della consultazione potrebbero essere frutto quindi di una scelta democratica dell’eletto, liberata anche da insulsi premi di maggioranza, non democratici;
b)      ma soprattutto – e finalmente – e nonostante le comprensibili dichiarazioni di fiducia e stima nei confronti del capo B. – va “pericolosamente” incrinandosi  l’acritica adesione agli ordini di un capo, vittima di cattivi consiglieri, predatore predato da falchi estremisti. Quagliariello docet. B. si è comportato infatti come uno spregiudicato azionista di maggioranza di una società per azioni, che può fare a meno di prendere decisioni meditate con gli organismi societari,  privi di efficaci potestà, che non si identifichino con quelle del capo. Una concezione assolutistica che si potrebbe tradurre con  “Le parti, c’est moi”. Che pone ancora una volta serie riflessioni sulla democrazia interna ai partiti di una repubblica democratica.
Potremmo  assistere molto presto da parte di molti deputati e senatori PDL ad un atteggiamento di ragionevole critica collaborazione col PD, per proseguire il cammino interrotto delle larghe - ma sarebbe più corretto definirle “smagliate”- intese.
Contro un partito “geneticamente modificato”, una compagine “diversamente berlusconiana” , cioé lavata dal dominio delle “ragioni” estreme. Non è ancora purtroppo la fine del  leaderismoeaderismo, che ha condizionato e permeato di sè non solo il centro destra negli ultimi 20 anni, ma anche il centro sinistra e la sinistra, ma è già qualcosa. Ma.. di Renzi parlerò in un’altra occasione;
c)      con riverbero nei risultati elettorali futuri, che potrebbero dover considerare la nascita di un altro partito moderato, diverso dal partito di B.
Prima ancora che si manifestassero apertamente le prese di distanza di  numerosi e noti esponenti del PDL   avevo denunciato la temerarietà di considerare i gruppi parlamentari costituiti da un gregge obbediente a chicchessia (questo vale anche per Grillo), per la ragione  che è fisiologico che un organismo abbia l’horror autotoxicus,  e  che quindi ogni parlamentare abbia paura di farsi male da sè, di perdere la poltrona, la pensione, i privilegi, gli “amici”. La rinuncia a un posto in Parlamento, dopo pochi mesi dall’elezione,  in nome di B. è difficile, anche se si corre il rischio di “tradire” il capo.
Fermiamoci un poco sulla questione “tradimento”.
Nelle  malebolgie della nostra politica come nell’Inferno dantesco ci sono ruffiani e seduttori, adulatori, simoniaci, barattieri, ipocriti, ladri, consiglieri fraudolenti e seminatori di discordie. C’è anche nella sua “natural  burella” un mostro enorme, famelico, un minotauro con tre facce e tre bocche che si mangia tutto. Dopo essersi mangiato Fini, Casini e Monti, Napolitano, Letta e compagnia cantante  sta per mangiarsi tutti in sol boccone, falchi e colombe  di ieri e di oggi. Perfino Dudu farebbe bene a girare alla larga. Non “è impresa da pigliare a gabbo” (sottogamba) un tradimento, esercizio favorito - e dicono ripagato – proprio da chi ora crede di esserne vittima.
L’importante sarebbe, cari deputati e senatori del PDL  non tradire l’Italia.
Non verrete gettati nella ghiaccia del Cocito. Rimanete al vostro posto, favorendo – se ci riuscite – leggi giuste. Cominciando da quelle sul lavoro, sulle pensioni, la ricerca e il walfare. Contribuite  - se ci riuscite -  a far uscire il nostro Paese da quella crisi in cui è stato cacciato da chi ha anteposto il suo al bene comune.
Finiamola una buona volta coi regimi leaderistici. Essi non portano da nessuna parte.

1 commento

  • 1 Nicola Imbimbo
    2 Ottobre 2013 - 22:41

    E’ auspicabile e ,sembra verosimile , che “la storia politica” di B. sia all’epilogo. E’ corretto affermare che usa i suoi parlamentari come potere di interdizione (è un eufemismo: si chiama ricatto, attività nella quale Berlusconi è senza dubbio il numero UNO).
    Perché sarebbe aiutato in questo dall’atteggiamento di Grillo? Di Grillo e del M5S di cui è promotore e leader, si può ovviamente parlare criticamente e duramente, ma entrando nel merito delle questioni che tratta in parlamento e fuori.
    Capisco il TG3, Repubblica, e stampa simile,la maggioranza degli elettori del PD quando parlano del M5S come degli ingenui, provocatori, incapaci, demagogici populisti ecc. ecc. - chiamandoli, non certo per apprezzamento GRILLO o GRILLINI. Capisco quando tutti i sunnominati, l’hanno fatto durante il tentativo Bersani ,e lo fanno ogni volta che sperano(?) di liberarsi di Berlusconi contro cui non hanno mai fatto una vera battaglia politica, guardano a questi zombi della politica sperando di essere aiutati a far fuori Berlusconi a prescindere da scelte programmatiche e politiche. Ma perché, al di là del mostro (con cui il PD, da D’Alema a Renzi, Napolitano i “grandi” editorialisti del Corriere ,del Sole ecc.non hanno disdegnato amichevoli “frequentazioni”) da sconfiggere non si esaminano le proposte del M5S , e si confrontano con quelle del PD per capire perchè non si rendono disponibili a quella alleanza?
    Forse si capirebbe che l’autoreferenzialità, che non è precisamente una categoria politica, è una scelta politica motivata. Può non piacere.
    La propaganda è una cosa, l’analisi politica un’altra. E a questo ci ha abituati DEMOCRAZIA OGGI.

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