Andrea Pubusa
Se per governo s’intende un organo il cui obiettivo primario è curare gli interessi fondamentali di un Paese, bisogna ammettere che quello di Letta non è mai stato un governo. Non lo è stato perché uno dei contraenti il patto fondativo non ha mai avuto di mira la cura della cosa pubblica, ma soltanto l’individuazione della strada per sfuggire all’ottemperanza alle sentenze che lo riguardano. Ed è stupefacente ceh il capo dello Stato, innanzitutto, abbia pensato diverdamente. Che ancora oggi Napolitano dica che la situazione non è chiara, che ci vuole un passaggio parlamentare per renderla più leggibile, mostra solo l’incapacità dell’inquilino del Colle di comprendere la realtà, una testardaggine senile, foriera solo di guai per l’Italia. D’altra parte, Napolitano ha iniziato a perdere la bussola quando, nel novembre del 2011, si è inventato un governo Monti anziché indire nuove elezioni. Già in quel passaggio era evidente l’intento di salvare B., che certamente sarebbe stato stracciato dal voto degli elettori. Non era neanche vero che il ricorso alle urne sarebbe stato traumatico per la nostra economia. In Spagna si è votato e si è votato, e per ben due volte anche in Grecia!
Se il bluff di Monti si è scoperto poco dopo il varo dell’esecutivo, per la sua cura iperliberista e antipopolare, che ha portato il paziente, l’Italia, all’agonia, il fallimento di Letta era preannunciato, in re ipsa, come dicono i giuristi. Trasformare in uno statista affidabile un personaggio che, non secondo Travaglio, ma in forza di più d’una sentenza, passata in giudicato, ha avuto relazioni pericolose con la mafia, ha corrotto i giudici, ha evaso il fisco per milioni di euro anche da capo del governo, si è prostituito con minori ed ha comprato senatori, è veramente stupefacente.
Dice il vecchio Presidente: non c’erano alternative, solo un governo fra le due maggiori forze politiche aveva i numeri per formare il governo. E’ un clamoroso falso storico, che tende a rendere oggettiva una situazione crata con una forzatura dello stesso Napolitano. Intanto, le forze “maggiori” non son due, ma tre. E non è un caso che Napolitano lo nasconda. In realtà, un’alternativa c’era ed era in linea con il desiderio di rinnovamento emerso dalle urne. Si poteva ripetere un’operazione “alla Monti”, con personalità di comprovato rigore morale, professionalità capaci, per storia personale e formazione culturale, di imprimere una svolta alla politica nazionale. Si pensa subito al solito Rodotà, ma ci sono in Italia tante personalità come lui, seriamente ancorate al mondo progressista, noti per la loro dedizione alla res pubbliica. Insomma, se Napolitano aveva inventato un governo di pseudo “non politici” con Monti, si poteva e doveva, dopo le elezioni di febbraio, dare senso al voto con un governo, formato con la stessa tecnica, ma di segno opposto. Il M5S era su questa linea e certo avrebbe favorito e appoggiato un esecutivo con questo profilo. Solo la falsa propaganda presenta il m5s e Grillo come un nichilista. Certo, bisognava mettere da parte Bersani, ma il buon Pierluigi è stato messo da parte dal capo dello Stato a priori, senza neanche dargli seriamente l’incarico di governo.
Ora, questa prospettiva di radicale rinnovamento è difficilmente praticabile. E lo svelamento del carattere conservatore e berlusconiano di gran parte del PD ne mostra la difficoltà vera. In realtà,, la svolta invocata dagli elettori a febbraio, è stata impedita dal Capo dello Stato, espressione del corpaccio deteriore e di dsetra del PD, non a caso in consonanza, perché della stessa pasta, con i berluscones. Non solo Bersani, ma anche Prodi sono stati impallinati senza pietà da queste forze convergenti e giò d’intesa fra loro. La scelta di Napolitano per la rilelezione è la scelta di uno di loro. La via più probabile ora? Uno strappo al quadro costituzionale e ai principi dello stato di diritto con l’invenzione di un marchingegno che salvi il cavaliere oppure un governo raccogliticcio, un esecutivo di transfughi incapace di dare risposta alla gravissima situazione in cui PDL e PD hanno cacciato il Paese. Le alternative vere saranno sul tappeto dopo l’ennesimo fallimento annunciato, dopo un ulteriore colpo alla già fin troppo pericolosa crisi italiana. Ed è lì che Grillo aspetta lucidamente al varco il PDL e il PDmeno elle (come lui lo chiama, con sempre maggior ragione).
2 commenti
1 Aldo Lobina
30 Settembre 2013 - 09:48
Il dramma è che la dirigenza del PD - o almeno una sua grande parte - appare anch’essa diversamente berlusconiana. Dal PD al DB, anche questa è una mutazione genetica! Che stiamo pagando a caro prezzo.
2 Emanuele Pes
30 Settembre 2013 - 11:24
Sono d’accordo con Andrea, il governo rappresentava di per se stesso una crisi politica. Che si sarebbe voluto governare con il peso autorevole di Napolitano e dei suoi pregiudizi: il M5S considerato come malattia, più o meno transitoria, della rappresentanza politica, Bersani trattato come un contadino sempliciotto a fronte delle raffinatezze della pratica migliorista (peggio per lui, che ci ha giocato sopra), la costante ricerca di una soluzione coscientemente conservatrice con l’obbiettivo di deprimere ogni istanza di novità e/o rinnovamento (non intendo tanto sociale ma, soprattutto e particolarmente, parlamentare). Anche Napolitano però rischia di sottovalutare la capacità di Berlusconi di rovesciare il tavolo, dalla vecchia Commissione bicamerale in poi.
Invece, tra le tante aberrazioni berlusconiane, che però rischiano di fare presa nel senso comune, andrebbe segnalata la richiesta che la misura della pena per evasione fiscale sia proporzionata alla quantità assolta di tasse per la sua capacità contributiva.
Una significativa reintroduzione delle pene per censo.
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