Andrea Pubusa
Sovranisti o elettoralisti? Questo è il problema. Il Partito dei sardi o un raggrupppamento per avere un seggio o due in consiglio regionale? Perché questi quesiti? Per la semplice ragione che ai grandi propositi, enunciati prima, durante e dopo il raduno dei Nuraghe Losa, si accompagna una tattica elettorale la cui chiave di lettura porta a sospettare che la strategia stia tutta lì, nelle elezioni appunto. Intanto i partiti veri si creano nel vivo della lotta politica, cimentandosi coi problemi delle masse e dando loro risposta in termini programatici e di organizzzazione. Un lavoro di lunga lena, che non ammette scorciatoie. E poi c’è un’ombra che pesa: quella presenza annunciata a Losa ed enfatizzata dagli organizzatori, quel gesto di incoraggiamento e d’intesa di Antonello Cabras, che della politica sarda e non solo ha rappresentato sempre il vecchio, la faccia manovriera e opportunista.
Cari Paolo Maninchedda e Franciscu Sedda, oggi un partito dei sardi ha senso se nasce in polemica con i valori e le pratiche degli altri partiti. C’è uno scadimento così manifesto e inequivocabile della vita politica ed istituzionale, come ben ha denunciato Valentina Sanna, da non lasciar dubbio sul fatto che ciò che oggi occorre non è una convergenza elettorale, ma una lotta di lunga durata per cambiare la politica sarda e rimettere al centro la Sardegna, i sardi e i loro problemi drammatici. Che Maninchedda e Sedda stiano in Consiglio è importante se è espressione di una volontà e una forza nuova, se è frutto di un deteriore accordo elettorale con l’attuale PD, con la benedizione di Cabras, è irrilevante e perfino dannoso per i sardi.
1 commento
1 bachisio marotto
22 Luglio 2013 - 08:14
Alcuni giorni sul mio blog ho affrontato la questione sul tappetto che attiene al sovranismo cosi in auge oggi, cercando di offrire alla riflessione a sinistra elementi di riflessione proprio per evitare che la questione assuma i contorni dell’intelligente interrogativo che Andrea pone e che alcuni giorni fà ha sviluppato in un interessante articolo su un quotidiano sardo.
lunedì 15 luglio 2013
I VALORI e i PROGRAMMI costituiscono……
la base degli schieramenti politici e delle alleanze e non viceversa.
Con questa frase finale, si concludevano i 10 punti di Democratzia, Movimento per Sardegna, quando il 28 ottobre del 2000, all’Hotel Mediterraneo si tenne la I° Assemblea Regionale, alla quale P.Scano, I. Dettori e P.Maninchedda,E. Pilleri, assieme a tanti uomini e donne di estrazione e culture politiche diverse diedero vita al tentativo più avanzato e originale in Sardegna di affermare nel campo laico-riformatore, cattolico-riformista, sardista e di sinistra, facendolo unitariamente, il principio di autodeterminazione del popolo sardo, oltre la teoria e la pratica dell’esperienza autonomista. Larga parte di quell’esperienza e di quell’elaborazione divennero la spina dorsale dell’esperienza di Progetto Sardegna, una sintesi al quale umilmente diedi il mio contributo politico, elettorale e di idee anch’io e che risultò alla prova delle elezioni regionali del 2004 un’idea vincente.
Sono passati 13 anni e quel tentativo di coniugare:- l’antica ritrosia della sinistra romano-centrica o se preferite ad autonomismo limitato, verso il principio di autodeterminazione del popolo sardo, con l’uscita dell’arcipelago sardo-indipendentista dalle secche della nobiltà minoritaria, resta il primo e unico vero cambio di passo culturale e politico ieri come oggi che è in grado di aprire una prospettiva nuova e positiva alle speranze, ai bisogni e ai sogni dei sardi.
Appare stucchevole, quindi, tutto l’evolversi della discussione attuale tra csx e dentro di esso tra le diverse componenti più o meno figlie della logica romana da un lato e dall’altro l’affannoso tentativo di pezzi della nuova nomeklatura culturale che ruota attorno al variegato arcipelago indipendentista, al netto di IRS.
Stucchevole, non perchè non vi siano ragioni di distintività, anche corpose con il csx ufficiale (l’interrogativo corposo e razionale del prof. Pubusa di ieri sul Giornale di Sardegna, testimonia una seria problematicità di pezzi significativi dell’intellighenzia di sinistra non inciucista), quanto perchè pensare alla costruzione di un vasto fronte riformatore che abbia quale tratto comune la Sovranità come principio politico e culturale discriminante, con il quale approcciare il rapporto negoziale con lo Stato Italiano senza mettere in campo due condizioni fondamentali; una, cioè l’unità di tutto il fronte riformatore cosi com’è oggi; la politica insegna che bisogna tener conto delle cose come sono non come noi vorremmo che fossero, il che non deve impedire mai di fare la battaglia politica e culturale per portare su posizioni più avanzate i conservatorismi, l’altra condizione riguarda, la capacità di coinvolgere ed far appassionare alla nuova frontiera del Sovranismo una qualità e una quantità di popolo sardo che sia prevalente sul piano politico, culturale ed elettorale.
Queste due condizioni si tengono assieme, perchè disgiungerle non porterebbe da nessuna parte, o meglio sarebbe il terreno di gioco più congeniale per le attuali elites dei partiti e dei movimenti e garantirebbe solo singole soggettività, ma questo non appare l’orizzonte utile al bene comune dei sardi.
Per queste ragioni, con forza e da tempo e con specchiata coerenza politica etica e culturale stiamo lavorando sottotraccia con donne e uomini di questa terra e delineare valori e programmi, per far crescere la consapevolezza dell’importanza del superamento della stagione dell’Autonomia e aprire la stagione della Sovranità e di un nuovo modello di sviluppo che sia sostenibile e che abbia come protagonisti i territori e le genti di Sardegna. Lo facciamo con umiltà e convinzione, non ergendoci a censori dispensatori di pagelle e/o giudizi e neanche accettandone di sommari, più semplicemente chiedendo politicamente che le classi dirigenti che hanno guidato il processo di sviluppo esogeno figlio dei 65 anni di Autonomia speciale, raccolgano e facciano propria la nuova frontiera e mettano la loro esperienza e competenza con generosità al servizio di una nuova leva di classe dirigente oggi presente nelle istituzioni, nella società, nei movimenti di lotta dei Territori che risponda ai requisiti di rinnovamento, competenza, etica, moralità, capacità di agire secondo il principio di squadra della leadership orizzontale. Questo, a mio avviso e non solo a mio avviso, scongiurerebbe di gran lunga la possibilità che un centrosinistra, vecchio, diviso al suo interno, soccomba alle prossime elezioni e che i sardi, tutti i sardi, non abbiano la possibilità di avere chiaro il quadro tra una scelta di progresso e una scelta di conservazione, netta semplice da identificare, coerente con le sua ragion d’essere e con i valori e i programmi proposti.
Sta tutta qui la ratio della richiesta di incontro al tavolo ufficiale del csx sardo, al pari del lavoro di ascolto e di confronto che abbiamo avviato in questi mesi, con Maninchedda, Sedda,Sale,pezzi importanti della sinistra comunista, spezzoni di imprenditorialità e del mondo delle professioni, e semplici cives. “- È male far fare servilmente agli altri quel che possiamo far da noi con nobile arte.” (A. France).
Aspettiamo con il pessimismo della ragione e con il consueto ottimismo della volontà, che chiunque abbia titolo per agire, agisca coerentemente tra i propri enunciati teorici e i relativi comportamenti pratici. Siamo in qualche modo tutti chiamati ad essere coerenti con storie e percorsi politici e culturali con i quali facciamo e faremo i conti.
Ad majora.
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