Il Senato può diventare Camera delle Regioni?

7 Luglio 2013
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Umberto Allegretti

Da Umberto Allegretti, eminente giuspubblicista, riceviamo e volentieri pubblichiamo.

La riforma del bicameralismo, volta a superare l’attuale bicameralismo perfetto, può essere considerata una delle (non molte) revisioni costituzionali  utili e forse necessarie, tra quelle a cui si intende provvedere con i lavori previsti dal disegno costituzionale del governo del giugno 2012. E la forma  con la quale  dovrebbe essere adottata dovrebbe essere – per non violare i principi costituzionali – quella di una legge di revisione puntuale e omogenea, a norma dell’art. 138 della Costituzione.
In questa luce, il Senato dovrebbe essere trasformato in camera regionale. Bisogna però intendersi sulle condizioni di una tale trasformazione, poiché molti sono stati nel tempo i discorsi e i progetti che hanno considerato sotto questa o altra simile denominazione qualcosa che non merita di essere considerata tale. Si può osservare perciò, per punti sintetici, quanto segue.
1) La nuova camera, per risolvere i problemi posti dovrebbe  essere costituita come assemblea di rappresentanti degli enti regione, i cui membri sarebbero la diretta espressione degli stessi organi regionali. Ogni modalità di formazione diversa, come un’elezione popolare dei senatori sia pur legata alla celebrazione delle elezioni regionali, o come una camera mista di rappresentanti degli enti regione e di senatori elettivi, oltre a incorrere in difetti già mostrati da soluzioni quale quella spagnola, non raggiungerebbe la prima ed essenziale finalità che giustifica, sulla base, oltre che di esempi positivi di altri paesi, delle deficienze palesatesi nell’ordinamento italiano, la creazione di una tale camera, cioè: la salvaguardia del pieno rispetto dovuto alle autonomie regionali e locali, unitamente alla piena corresponsabilizzazione delle autonomie stesse nel mantenimento e nello sviluppo dell’unità nazionale.
2) Una Camera parlamentare, con l’autorevolezza e la trasparenza che mancano al sistema delle attuali Conferenze, conseguirebbe probabilmente una deflazione di quel contenzioso stato-regioni che tanto grava sulla Corte costituzionale.
3) Non dovendo il senato dare e revocare la fiducia al governo, verrebbe conseguentemente rafforzata la posizione di questo, raggiungendo quanto meno in parte un’altra delle finalità volute da chi propone maggiori riforme.
4) Sarebbe automaticamente superata una delle difficoltà poste dall’attuale legge elettorale, consistente nei premi elettorali differenziati per regione.
5) Il numero dei senatori potrebbe essere, come è stato ipotizzato, intorno ai 120, cifra che consente una differenziazione nel numero dei rappresentanti tra regioni grandi e regioni più piccole. Del pari automaticamente si otterrebbe, anche quando non si volesse diminuire (come pur si può fare) il numero dei deputati, l’auspicata riduzione del numero dei parlamentari e della conseguente spesa (i senatori fruirebbero delle sole indennità che hanno in virtù della loro carica locale, salvo il rimborso delle spese dipendenti dai loro soggiorni a Roma per i periodi necessari ai lavori del senato).
6) Le funzioni del senato regionale sarebbero differenziate da quelle dalla Camera dei deputati, poiché il nuovo senato sarebbe in linea generale dotato di un potere di veto sospensivo nei confronti dell’altra camera, superabile con un nuovo voto di questa; salvo alcune enumerate leggi che per la loro particolare natura dovrebbero rimanere di carattere bicamerale.
7) La scelta delle modalità di nomina dei rappresentanti regionali membri del senato potrebbe essere fatta nel senso di attribuire una rappresentanza all’organo esecutivo – il presidente regionale, eventualmente con facoltà di delega a un assessore, in modo da non pregiudicare la continuità dell’esercizio delle funzioni presidenziali e da assicurare ove occorra  la presenza in senato dei membri dell’esecutivo regionale competenti per le particolari  materie) – e una all‘organo consiliare: rappresentanza plurima questa, in modo da dare una presenza anche alla minoranza. Si dovrebbe comunque trattare di consiglieri in carica, poiché in caso contrario (come dimostra anche la problematica esperienza austriaca) sarebbero frustrati gli obiettivi di cui ai n. 1 e 5 e si riproporrebbe in modo surrettizio l’allargamento del corpo politico quale viene criticato oggi.
8) La questione della presenza in senato degli enti locali, giustificata dall’importanza del loro ruolo e dallo stesso testo dell’art. 114, può essere risolta  stabilendo che un sindaco sia eletto dal Consiglio regionale delle autonomie locali (si ricordi anche che il gruppo di nomina presidenziale che ha lavorato all’avvio della legislatura  ha ipotizzato che uno dei rappresentanti eletti dal consiglio regionale sia un sindaco).

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