Aldo Totorella (intervento all’incontro del 19 a Firenze)
Ringrazio gli amici e i compagni dell’Associazione fiorentina “per una sinistra unita e plurale” per la organizzazione di questo incontro e per l’invito a intervenire nella discussione. Vorrei iniziare ricordando quel che mi diceva uno dei primi vecchi comunisti conosciuto durante la Resistenza quando ero poco più che adolescente. Egli, che veniva dalle prove più dure e dalla galera fascista, davanti alle più terribili sconfitte aveva un motto: “Potrebbe andar peggio”. E un altro famoso dirigente di quei tempi lontani, dinnanzi ai colpi che subiva la sinistra dal 1948 in avanti si consolava dicendo: “Noi abbiamo ragione, ma la storia ci è contro”. Quei vecchi compagni – grandissimi combattenti , e uomini generosi – furono sorretti, come aveva annotato Gramsci parlando dei primi socialisti, da una sorta di fede. La fede fu utile anche se, come si sa, può portare a conseguenze pericolose, compresa la violenza settaria. Ma da quei compagni ho comunque imparato che anche dalle più dure sconfitte si può uscire cercando di guardare avanti. Ma se ne può uscire solo andando alla radice delle proprie insufficienze e dei propri errori. Oggi, la disfatta è tale che ciascuno di noi può vedere con maggior e più dolorosa chiarezza che bisogna ricostruire dalle fondamenta e che, dunque, ridiscutere dei fondamenti del pensiero e dell’azione della sinistra non è una escogitazione intellettualistica. E questo ha innanzitutto come premessa la capacità di un attento e reciproco ascolto, superando quell’orribile e tradizionale vizio presente a sinistra, della chiusura di ciascun gruppo in se stesso, nella presunzione di possedere tutta la verità.
Naturalmente, sono pienamente rispettoso degli sforzi compiuti dai compagni che in questi anni hanno costruito i partiti poi radunati in un cartello elettorale che in molti abbiamo cercato di sostenere. E sono pienamente persuaso che questi partiti nelle loro discussioni interne debbano applicare scrupolosamente le regole democratiche che si sono date. Ma non è fazioso constatare i limiti non superabili delle esperienze nate per affermare una politica alternativa al neoliberismo e alla deriva neocentrista. Tutti sono chiamati oggi a scegliere tra una stentata reciproca separatezza che rinnovi lo spirito di gruppo e la capacità di impegnare se stessi in una opera comune. Non si farà niente di buono se non si vincerà il male endemico della sinistra rappresentato dalla avversione, o addirittura dalla ostilità, di ciascun gruppo o associazione o partito verso il proprio simile o il proprio vicino. Ciò che è stato rovinosamente battuto in queste elezioni non è stata l’unità della sinistra ma un suo simulacro. L’unità plurale vuol dire certo riconoscimento della diversità ma contemporaneamente ricerca di un pensiero e di una pratica condivisi. Perciò è indispensabile ridiscutere dei fondamenti. Il che non significa parlare della luna, ma di ciò che preoccupa e angoscia le donne e gli uomini di questo nostro tempo: lavoratrici e lavoratori, precari e disoccupati, vecchi e giovani. Avanza una crisi economica pesante che dimostra l’erroneità delle politiche liberistiche: ma non è paradossale che in queste circostanze vinca la destra. Dalla crisi del ’29 venne negli Stati Uniti la tendenza democratica roosveltiana, ma in Germania arrivò il nazismo. E alla fine si giunse alla seconda guerra mondiale.
Se il Partito democratico rappresentasse una risposta ai problemi del presente, alle minacce del futuro, ai pericoli determinati dal prossimo governo delle destre in Italia, di una sinistra non ci sarebbe più bisogno. Ma il Pd non ha risposte convincenti a partire dalle sue scelte fondative. Il Paese non è stato conquistato dalle destre il 13 e 14 aprile, ma è stato consegnato alle destre quando fu compiuta la scelta della rottura a sinistra, con quell’ “andare da soli” che accelerò la caduta del governo Prodi e ha portato alla sconfitta attuale. La distruzione del centro-sinistra ha giovato solo alla destra. E sono temibili gravi conseguenze per la democrazia italiana. La sinistra non poteva e non può rinascere invocando, com’è stato fatto, una “scelta di parte”. La sinistra ha da chiedere una scelta, che non si fa solo nel giorno delle elezioni, valida per tutti: per la salvaguardia della Costituzione, per la difesa della pace, per l’affermazione dei diritti e degli interessi dei lavoratori e del Paese.
1 commento
1 Erica
22 Ottobre 2008 - 12:22
Well said.
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