Una Commissione di saggi o di sfascisti?

6 Giugno 2013
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Andrea Pubusa

Che sia una commissione è certo, che si tratti di ’saggi’ meno. O meglio alcuni senz’altro lo sono se alla saggezza si annette anzitutto la dote dell’indipendenza e della libertà di pensiero. Per altri il termine è improprio perché sono dei servitori e per di più non disinteressati. In questa commissione sulle riforme costituzionali voluta dal presidente della Repubblica spicca qualche assenza, prima fra tutte, quella di Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale e da sempre impegnato nella battaglia in difesa della Costituzione. Sarà questa sua dichiarata indisponibilità a manomettere la Carta fondamentale che ha indotto Napolitano a tenerlo alla larga? Analogo discorso vale per Umberto Allegretti, Gianni Ferrara, Massimo Villone, Gaetano Azzariti ed altri. Per Rodotà si capisce non è la prima volta che si contrappone a Napolitano. Anche lui, Rodotà s’intende, sempre in prima fila nelle battaglie costituzionali, fra l’altro, come presidente dei Comitato in difesa della Costituzione ispirato da Dossetti contro le manomissioni del Cavaliere. E contro la partecipazione italiana a missioni di guerra, ripudiata dall’art. 11 Cost., ma possibile in base ad una “libera” intepretazione dell’attuale Capo dello Stato. Non è rappresentata la maggior forza di opposizione che vale un terzo degli elettori, anche se fra questi i contrari alla manomissione della Costituzione sono ben più del 50%.
Accanto ai venditori di articoli di legge di qualsisasi tipo e contenuto a pagamento (cash o con incarichi ben remunerati), ci sono però alcuni giuristi dalla schiena dritta, da Dogliani alla Carlassare (che già oggi su Il Manifesto pone le sue condizioni). La qualcosa lascia intendere che difficilmente questa Commissione concluderà i lavori con un parere unanime. Ci saranno quasi certamente orientamenti di maggioranza e di minoranza. Gli sfascisti sono certamente maggioritari, per cui poco si comprende la presenza dei difensori dell’attuale testo, che rischiano di fare da copertura agli eversori.
L’aspetto grave di questa vicenda è che non c’è urgenza di cambiare la Costituzione. L’emergenza riguarda l’occupazione. Su questa occorre, se del caso, una commissione o meglio una task force. Questo aspettano i milioni di disoccupati o sottoccupati. E colpisce che un ex segretario della CGIL come Epifani, oggi al vertice del PD, non metta il dito sulla piaga e non richiami alla concretezza dei problemi. Ma a dettare l’agenda è il Cavaliere, il quale degli italiani in sofferenza notoriamente se ne fotte e pensa ai casi suoi. La modifica della Costituzione gli serve per tentare di manomettere la garanzia dell’indipendenza della magistratura, ivi compresi i pubblici ministeri. Che bello sarebbe farli dipendere dal governo! Così non avrebbero necessità, lui e i potenti di turno, di ricorrere alle leggi ad personam o alle prescrizioni, basterebbe un atto d’indirizzo alle procure: questo reato si persegue, questo no.
Ma il Cavaliere non è disinteressato anche all’elezione diretta del Presidente della Repubblica. Al Colle sarebbe al riparo da tutte le azioni penali e potrebbe, nelle ampie sale, organizzare i suoi festini, come ai tempi di papa Borgia.
Che il PD sia alleato con un personaggio di questa fatta è il segno che ormai i suoi dirigenti non si sentono incompatibili col Cavaliere. Che molti giuristi anche di rilievo accettino di far parte di questa commissione è anch’essa una grave compromissione, anche se la presenza di alcuni può essere dettata - almeno così ci illudiamo - dalla volontà di scongiurare le modifiche più aberranti.

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