Il crollo finanziario e la sinistra

3 Ottobre 2008
1 Commento


Francesco Cocco

Mi preoccupa la scarsa attenzione  che viene dedicata dalla sinistra alla crisi  della finanza mondiale. Certo se ne parla in quel che ancora residua della stampa quotidiana e periodica erede in qualche modo della sinistra, ma il silenzio, a livello di base, è pressoché totale. E mi chiedo se ancora è corretto usare la locuzione “ livello di base”, visto che i gruppi dirigenti spesso sono tali per auto-proclamazione. Così  alla fine esistono sì gruppi dirigenti ma sembra mancare o scarseggiare la “base”, almeno nel senso di militanti che sanno incidere sulle decisioni e rifiutano il ruolo di  semplici supporter.
Nel 1972, quando Nixon dichiarò l’ inconvertibilità del dollaro, non mancarono le iniziative assunte dal PCI per discutere di un atto che avrebbe prodotto grandi conseguenze sulle sorti del capitalismo mondiale. Questo certo accadeva nelle riviste come Rinascita e Politica ed Economia, sedi naturali per la discussione di tali problemi. Soprattutto - ed è quel che più conta - venivano discussi nelle sezioni. Nei giorni scorsi un vecchio militante del PCI, commentando il silenzio di oggi, mi ha ricordato un seminario sulla inconvertibilità del dollaro organizzato dalla sezione Lenin di Cagliari, e qualche anno prima, una conferenza sulla crisi della sterlina.
Erano dibattiti su avvenimenti di grande importanza per l’economia mondiale, ma nulla a che vedere con la gravità di quel che sta accadendo in questi giorni: il concretizzarsi dello spettro di un nuovo ’29 (sono affermazioni del premio Nobel per l’economia P. Samuelson). Che poi significa il crollo, al quale stiamo assistendo, di banche e società assicuratrici, recessione nell’economia reale, aumento dell’inflazione unita alla stagnazione. In ultima istanza una vera e propria implosione del capitalismo, con la tragica scia di disoccupazione, insicurezza, miseria che da tutto ciò deriva.
Ci sarebbe da creare una grande mobilitazione, non semplicemente quella che sbocca nelle grandi manifestazioni, certo necessarie e sacrosante. Penso, però, soprattutto alla mobilitazione a livello di base, a livello di gruppi, a livello di territori. Occorre, secondo il vecchio insegnamento del movimento operaio, mobilitare tutte le energie per comprendere e poi per agire. Per essere pronti ad affrontare le drammatiche conseguenze che si stanno profilando. Si pensi, ad esempio, all’aumento della disoccupazione che va raggiungendo indici sempre più allarmanti..
Bisogna uscire dalla chiusura nella quale dirigenze pensose del proprio “particulare”, ovvero delle proprie piccole ambizioni, hanno finito per sospingere la classe lavoratrice che dicevano e dicono di volere rappresentare. Bisogna uscire da una tale spirale perché la storia “non è finita”, ma ha ripreso a camminare a passo spedito e soprattutto perché i giovani non possono e non debbono rassegnarsi al dominio della forza irrazionale e selvaggia del capitalismo.

1 commento

  • 1 Gianluca Scroccu
    4 Ottobre 2008 - 16:23

    Con la consueta lucidità Francesco Cocco richiama un problema, la totale assenza di discussione sulle grandi questioni relative alla crisi di questo capitalismo, su cui nessuno, a sinistra, prova a riflettere seriamente. Un tempo i partiti erano luoghi di discussione, dove i militanti potevano confrontarsi e imparare reciprocamente (vedi l’esempio del seminario sulla inconvertibilità del dollaro organizzato dalla sezione Lenin di Cagliari). Oggi i partiti sono diventati, sul modello berlusconiano e questo purtroppo anche a sinistra, partiti personali dove la militanza ha senso solo se si diventa uno dei tanti soldatini facenti parte delle truppe cammellate del capocorrente di turno. Nel 2006, da un’idea partita dalla mia sezione DS Rinascita, organizzammo insieme alla Sinistra Ecologista e alla Sezione Pasolini un’iniziativa sull’11 settembre, in gran parte disertata dal partito e dai suoi dirigenti. Non sorprende, allora, che nè il PD nè ciò che resta della sinistra in cerca d’autore trovi il tempo per organizzare almeno un dibattito per aiutare i cittadini a capire: siamo a pochi mesi dalle regionali! Peraltro, negli ultimi congressi DS, ricordo che quando qualcuno provava ad accennare alla discussione sulla crisi di questo modello di capitalismo finanziario (rilevata da tempo da grandi economisti, solo per fare un nome, come Stiglitz) veniva guardato come una specie di matto (con lodevoli eccezioni: ricordo,a Cagliari, discussioni stimolanti, seppur con una diversità d’accenti, con compagni come Franco Mannoni). E’ veramente paradossale che in un momento difficile come questo, in cui si invoca il ritorno dell’intervento pubblico per correggere queste aberrazioni del mercato, manchi totalmente una prospettiva socialista. E, soprattutto, manchi un’informazione capillare (e non a caso la democrazia è in profonda crisi). Ma oggi il termine socialista è diventata una parolaccia: un altro bel regalo a Berlusconi!

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