Unità sindacale e di movimento contro la Gelmini

1 Ottobre 2008
1 Commento


Vincenzo Pillai

Con quella che di sabato, di fronte al palazzo del rappresentante del governo in piazza  Carmine, sono almeno sette le iniziative (assemblee, sit-in, cortei ) che dall’inizio del mese si sono svolte a Cagliari contro la riforma Gelmini. (bisognerebbe chiamarla contro-contro-contro-…riforma perché il termine riforma è ormai privo di  significato progressista; concedendo ai riformisti almeno l’intenzione di agire per migliorare le condizioni dei soggetti più deboli della società).
Ma andiamo avanti; perché ciò che maggiormente mi importa qui sottolineare è che in tutte quelle manifestazioni, da chiunque convocate, ho sentito richiedere dai partecipanti una forte unità di tutte le organizzazioni sindacali per mettere in campo quella massa critica che occorre perché il problema della conoscenza, della formazione critica (dall’asilo all’università) non venga oscurato dai mass-media con la scusa di altre vertenze per quanto importanti.
Nell’ultima assemblea tenuta all’università è, inoltre, emersa con forza  la necessità di saldare in iniziative comuni docenti e studenti e l’idea di  trasformare i primi giorni di lezione dell’anno accademico in un momento in cui docenti e studenti  discutono, dati alla mano, sulla condizione dell’università, nel contesto della politica complessiva del governo, mi è sembrata molto interessante; riprende, innovandoli, i gruppi di studio che hanno retto il primo anno delle occupazioni universitarie di 40 anni fa. Allora erano pochi i docenti  che si rendevano disponibili; ora, proprio per il processo di precarizzazione, sono molti i docenti che hanno accolto con entusiasmo questa proposta. Ed è molto probabile che quanti,oggi con i capelli grigi, hanno fatto scelte di vita più o meno legate ai valori del ’68, daranno una mano. Non è certo mancato chi ha cercato di diluire il brodo parlando di un’informazione da dare  nei primi 15 minuti di ogni lezione, come se spettasse ai docenti informare gli studenti su quanto sta avvenendo, ma sono convinto che, se il percorso inizia, diventerà egemone la tendenza a una discussione alla pari con un importante recupero di quel rapporto fra generazioni che l’individualismo ha contribuito a distruggere.
In questo contesto di movimento frammentato ma ricco di potenzialità mi è sembrata importante, innovativa, la partecipazione dei COBAS al sit-in organizzato dalla Flc e il loro invito ai sindacati confederali di partecipare alla manifestazione di venerdì con l’impegno a partecipare il giorno dopo, oggi, al sit-in organizzato dalla CGIL.
E’ un segnale importante che, purtroppo, è stato raccolto solo dalla UIL.
Ma  la strada non può essere che questa, in una fase nella quale sono ancora notevoli le differenze fra i sindacati per cui è giusto che si mantenga aperto e trasparente il confronto, ma è non meno impellente la realizzazione di scadenze comuni contro la politica del governo, non solo nella scuola.

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  • 1 Tore Melis
    1 Ottobre 2008 - 18:36

    Nessun paese al mondo si sognerebbe di affrontare, come invece sta facendo l’Italia, in modo frettoloso e sbrigativo la riforma del proprio sistema scolastico. Nelle grandi democrazie, infatti, si ha talmente chiara l’implicazione che l’istruzione e la conoscenza hanno nel sistema socio-economico del proprio Stato, che qualunque riforma scolastica è sempre il derivato di un ampio confronto e di un’attenta consultazione sia in ordine istituzionale, sia in ordine pedagogico, sia in ordine sindacale. In Italia, invece, la riforma della Scuola, che sarebbe meglio definire restaurazione della Scuola, viene affrontato con un Decreto Legge e con l’ipotesi (ormai quasi certezza) di chiudere con la fiducia sul provvedimento. Sarebbe necessaria una massiccia mobilitazione… eppure, pur con la buona volontà di molti, sembra tutto molto blando. In effetti, siamo lontanissimi dalla mobilitazione attivata contro la riforma Berlinguer (il quale ahimé condivide molto della riforma Gelmini) o contro la riforma Moratti (decisamente migliore di quest’ultima). La verità è che molti hanno in mente il sacrificio (anche economico) fatto per contrastare la riforma Moratti. Dopo appena due anni da quelle mobilitazioni, abbiamo assistito increduli alla dispersione (da parte del brevissimo governo Prodi) di quel patrimonio di aggregazione e di vera lotta democratica, che riuscì ad influenzare massicciamente gran parte dell’opinione pubblica. Ora ci ritroviamo in una situazione addirittura peggiore. Insomma, sia tra i precari, sia fra gli insegnati, aleggia una sorta di rassegnazione. Molti sono convinti che non ci sarà nulla da fare, che tanto la riforma si farà e che nessuno sarà in grado di contrastarla né a livello parlamentare, né a livello sindacale.

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